FRANCI, Antonio Maria
Nacque a Batignano, nella diocesi di Grosseto, il 12 luglio 1705 da Francesco e Petra Mucciarelli, in una famiglia di origine corsa. Fu educato a Siena, dove il 28 sett. 1729 ottenne la laurea dottorale in utroque iure e il 4 novembre fu ordinato sacerdote. Si trasferì quindi a Napoli come precettore della famiglia dei principi Pignatelli.
Nel 1736, su proposta del Collegio della Balia di Siena e del granduca, venne presentato nella lista dei candidati al vescovato di Grosseto (cfr. il carteggio relativo in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, filze 3462-63). Eletto vescovo di Grosseto il 6 maggio 1737, prese possesso della diocesi per mezzo di procuratore il 28 successivo. Subito dopo l'elezione episcopale venne dichiarato nobile senese.
Tra le sue prime cure si segnalano provvedimenti di riordino patrimoniale (per gli affittuari dei beni della mensa vescovile fece costruire nella tenuta di Roselle un capannone murato), di restauri edilizi (al vecchio palazzo vescovile) e di riordino dell'archivio della curia.
Le sue preoccupazioni genuinamente pastorali si scontrarono subito con i problemi derivanti dall'arretratezza economica, sociale e culturale della Maremma del Settecento. Una delle principali preoccupazioni del governo episcopale era infatti costituita dalla penuria di sacerdoti in grado di esercitare il ministero della cura delle anime. Nelle Relationes ad limina del 1740, del 1759 e del 1764 il F. informava la S. Sede del fatto che i sacerdoti disertavano i concorsi alle parrocchie vacanti per la tenuità dei redditi dei benefici, per le cattive condizioni ambientali e per l'esiguità dei proventi di stola, minori e più scarsi che altrove. Non senza malinconia asseriva che "il più delle volte sono le chiese a cercare i preti e non i preti le chiese" (Relatio ad limina, 1764; Giorgini, La Maremma toscana, p. 66).
A fronte dell'impossibilità di disporre di validi cooperatori nell'azione pastorale stava una schiera numerosa di sacerdoti ordinati quasi esclusivamente per la celebrazione delle messe in suffragio dei defunti, generalmente ignoranti e con notevoli problemi disciplinari. Gli stessi conventi degli ordini religiosi, essendo ritenuti dai rispettivi superiori vere e proprie sedi punitive per i membri poco esemplari, non contribuivano certo al buon andamento della diocesi. I monasteri femminili erano, invece, angustiati da difficoltà economiche e dovevano ricorrere alla questua per il proprio sostentamento, come avvenne per le clarisse di S. Chiara. A queste monache il F. permise l'apertura di una scuola femminile e ne fissò il regolamento il 30 marzo 1750 in modo da preservarne la clausura.
In seguito alle riforme ecclesiastiche di Pietro Leopoldo il F. era costretto a ribadire alla S. Sede che la situazione della diocesi non era ancora cambiata nella sostanza (ibid.). La scarsità di parroci rimaneva ancora, sebbene il governo toscano avesse assicurato un assegno di congrua a tutte le parrocchie di patronato pubblico. Anche per il problema della formazione del clero non si erano fatti passi in avanti dopo il rifiuto da parte dei vescovi di Massa Marittima e di Montalcino della proposta granducale di erigere un seminario interdiocesano per la Maremma (1787).
L'atteggiamento del F. nei riguardi delle riforme leopoldine e nell'assemblea dei vescovi toscani del 1787 fu ispirato a principî decisamente filocuriali e a una linea di pieno sostegno al metropolita, l'arcivescovo di Siena T. Borghesi. Per concertare un'azione congiunta non mancarono i collegamenti con l'arcivescovo di Firenze, A. Martini. In una lettera a questo (24 maggio 1787), il F. spiegava di avere proceduto alla scelta dei suoi teologi consultori per l'assemblea episcopale "a proposizione" del priore della Ss. Annunziata di Firenze, Giuliano Piermei (cfr. Prato, Bibl. Roncioniana, ms. P-II-1, c. 47).
Per le sue precarie condizioni di salute, il F. non solo non poté intervenire all'apertura dell'assemblea episcopale toscana ma fu (o volle essere) assente anche alle sessioni IV (30 aprile), V (2 maggio) e XI (16 maggio). Solo dopo che i lavori erano cominciati fece conoscere i nomi dei suoi consultori (Giacinto Frullani, parroco di S. Iacopo fuori le mura di Firenze, e Achille Nenci).
Può darsi che questo suo modo di procedere rientrasse nella "tattica tendente ad evitare l'urto frontale" (Rosa, Riformatori e ribelli, p. 191), già adottata in occasione dei cinquantasette Punti ecclesiastici, proposti dal granduca. Non mancò, però, la contrapposizione su aspetti qualificanti, come quando, durante la IV sessione, il Frullani, per conto del F., mise in discussione il principio, accettato dalla maggioranza dei vescovi, che la facoltà di concedere dispense fosse inerente alla potestà episcopale invece che al papa infallibile e propose di concordarne con la S. Sede la concessione (cfr. [R. Tanzini], Istoria dell'assemblea, p. 61). Già nelle tardive risposte al granduca (28 luglio 1786) il F. aveva giudicato irregolare l'attribuzione ai vescovi di competenze che, come quelle matrimoniali, spettavano ai concili generali e al romano pontefice (Punti ecclesiastici, p. 342). Simili posizioni, del resto, ben si conciliavano con la sua qualifica di decano dell'episcopato toscano.
I problemi di salute del F. si aggravarono nel gennaio 1790 e il 10 aprile successivo egli morì a Grosseto.
Fonti e Bibl.: Grosseto, Bibl. Chelliana, A. Faneschi, Orazione funebre pronunziata nella chiesa della Madonna del Soccorso di Montalcino nei solenni funerali fatti in memoria di mons. A.M. F. vescovo di Grosseto (ms.); Punti ecclesiastici compilati e trasmessi da Sua Altezza Reale a tutti gli arcivescovi e vescovi della Toscana e loro rispettive risposte, Firenze 1787; [R. Tanzini], Istoria dell'assemblea degli arcivescovi e vescovi della Toscana tenuta in Firenze l'anno MDCCLXXVII, Firenze 1788, pp. 55, 61, 73, 187, 197; Gazzetta toscana, 1790, n. 17, p. 67; P. Barabesi, Bibliografia della provincia di Grosseto, Siena 1930, pp. 383, 417; S. Parronchi, Ricordi del vescovo A.M. F., in Boll. della Soc. stor. maremmana, VI (1963), pp. 71 s.; C. Giorgini, La Maremma toscana nel Settecento, Teramo 1968, ad Indicem; M. Rosa, Riformatori e ribelli nel '700 religioso italiano, Bari 1969, p. 191; G. Minucci, La città di Grosseto e i suoi vescovi, II, Firenze 1988, pp. 404 ss.; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica…, VI, Patavii 1958, p. 229.