HAFFNER (Hafner, Affner), Antonio Maria
Fratello minore di Giovanni Enrico, nacque a Bologna il 15 ott. 1654 da Giovanni e da Caterina Bianchi. Al padre, delle guardie svizzere, spetta il merito di avere assecondato l'inclinazione artistica dei figli, affidandoli agli insegnamenti di D.M. Canuti. Non si conosce però chi fece apprendere all'H. l'arte della quadratura.
La sua eccellenza in questo campo, rispetto alle pur riconosciute doti del fratello maggiore, ha indotto gran parte della critica del passato a sostenere che Canuti lo volle portare con sé a Roma, affinché gli fosse d'aiuto nella decorazione interna della chiesa dei Ss. Domenico e Sisto. Nei libri dei pagamenti, però, è registrato soltanto il nome di Giovanni Enrico (Ontini).
Nel 1676, stando a una sua lettera, partì alla volta di Genova (Feinblatt, p. 229).
Probabilmente durante il primo soggiorno genovese l'H. decorò insieme con il fratello la sala e i quattro salotti di palazzo Durazzo-Brignole (Soprani - Ratti, p. 346). Sempre in città, ma da solo, fu attivo in palazzo Spinola, forse l'attuale Faruggia Spinola, ove sono affreschi di G.A. Carlone; allestì prospettive in palazzo Centurione, nella stanza che nella volta ospita Giunone sul carro tra le Metamorfosi di B. Guidobono; e decorò un salotto in palazzo Negrone (affresco della volta con Apollo e Mercurio tra le muse di D. Piola).
Dalla stessa lettera si sa inoltre che l'H. rimase lontano dalla natia Bologna per molti anni, durante i quali viaggiò in Lombardia e in Piemonte.
Nel 1684 è attestato di nuovo a Genova. Al principio del 1687 (e forse anche sul finire dell'anno precedente: Marcenaro, p. 7) il pittore partecipò al progetto di decorazione che coinvolgeva il secondo piano nobile di palazzo Brignole-Sale (ora Rosso).
Nel corso del 1688 gli fu pagato l'acconto per le quadrature nel salone, nella sala della Primavera e in quella dell'Estate; il saldo gli venne corrisposto tra l'aprile e il settembre dell'anno successivo. In tale compenso erano incluse anche le sue pitture - ormai perdute - per la cappella e per tre porte (ibid., pp. 28 s.). Il coinvolgimento del fratello fu limitato - almeno stando alle carte d'archivio - alla decorazione del salone.
Contemporaneamente, sempre a voler prestar fede ai biografi del passato, dovette partecipare all'abbellimento interno della chiesa di S. Luca con D. Piola (1681-90: Schazmann, p. 130), sebbene recenti studi hanno preferito riferire le quadrature alla bottega dei Piola, in assenza di dati documentari puntuali (Lodi).
Alla ripresa dei lavori in palazzo Brignole-Sale, l'H. vi fu attivo con l'allestimento delle stanze dipinte da Carlone tra il maggio del 1691 e il marzo del 1692 (Marcenaro, pp. 30 s.), vale a dire la sala delle Arti liberali e la sala della Vita dell'uomo; proprio lo studio di questo ambiente ha fornito, nel corso degli ultimi restauri, lo spunto per precisazioni iconografiche che hanno ricondotto alla sua mano le decorazioni di due ambienti dell'ex palazzo De Mari (Boccardo).
Sempre in città lo H. dovette decorare il presbiterio nella chiesa della Madre di Dio con P.G. Piola ed eseguire ornamentazioni per alcuni altari in S. Maria del Rifugio e in S. Pietro in Vincoli; ma non è possibile certificare tale attività con assoluta certezza.
Da ricordare anche la sua unica opera figurativa verosimilmente perduta: una Vergine col Bambino e due orfanelli che decorava il portale della scuola degli orfanelli (Soprani - Ratti, p. 347).
Non si sa quando l'H. fosse arrivato a Torino (Feinblatt, p. 230); ma è documentata la sua attività in palazzo Falletti di Barolo, ex Provana di Druent. Qui lavorò negli ambienti del pianterreno, decorando l'alcova e l'anticamera insieme con G.B. Pozzo e l'anticamera della corte grande con A. Maro. Le opere furono iniziate nel 1698 e saldate nel giugno dell'anno successivo (Mossetti, pp. 316 s.).
A questo periodo piemontese vanno anche riferite le prove dell'H. insieme con Pozzo nella perduta decorazione della certosa di Asti e nella chiesa cittadina di S. Martino, nell'eremo di Torino e nella volta della cappella Morozzo presso il santuario della Consolata. Andrebbe verificata, in questo luogo, la sua paternità della quadratura nella cappella Cafasso (ibid., pp. 350 s.).
Nel 1702, in occasione della morte del fratello maggiore, tornò a Bologna; ma due anni dopo era nuovamente a Genova (Feinblatt, p. 229), quando entrò a far parte della Congregazione dell'oratorio di S. Filippo Neri, per la cui chiesa, omonima, era stato inizialmente chiamato a decorare la cappella di S. Francesco di Sales; divenuto oratoriano, si dedicò a ornarne l'interno. Per i confratelli decorò inoltre il refettorio, di cui probabilmente fu anche architetto (Soprani - Ratti, p. 41).
La massima attestazione della sua ormai già diffusa notorietà fu senz'altro la convocazione dell'H. a Firenze da parte del granduca Gian Gastone de' Medici per un consulto sulla ornamentazione in pietre dure dell'altare nella sagrestia nuova di S. Lorenzo.
L'H. morì il 6 luglio 1732 a Genova (Crespi) e fu sepolto nella chiesa di S. Filippo Neri.
Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio generale arcivescovile, Libro dei battezzati della cattedrale 1652, c. 220r; L. Crespi, Vite de' pittori bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Roma 1769, p. 172; R. Soprani - C.G. Ratti, Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi…, II, Genova 1769, pp. 41, 345-348; C.G. Ratti, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova…, Genova 1780, pp. 80, 110, 133, 135 s., 153, 158, 218; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia… (1789), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, pp. 135 s., 229; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 468; A. Bolognini Amorini, Vite dei pittori ed artefici bolognesi, II, Bologna 1843, pp. 350-353; B.M. Ontini, La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto in Monte Magnanapoli (continuazione e fine), in Memorie domenicane, LXVII (1950), 4, pp. 216-232; G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, pp. 275 s.; L. Rubini, Maestri bolognesi di affresco e di prospettiva a Genova, in Bologna. Rivista mensile del Comune, XII (1935), 5, pp. 46-51; C. Marcenaro, Gli affreschi del Palazzo Rosso di Genova, Genova 1965, pp. 7, 28 s., 30 s.; P.E. Schazmann, Les peintres baroques Enrico et A.M. Haffner, in Versailles, X (1969), 7, pp. 123-130; E. Feinblatt, A letter by Enrico Haffner, in The Burlington Magazine, CXII (1970), 805, pp. 229-232; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, passim; E. Gavazza, Il momento della grande decorazione, in La pittura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1987, pp. 211, 220 s., 258; L. Lodi, Chiesa di S. Luca. La decorazione, in Luoghi del Seicento genovese. Spazi architettonici, spazi dipinti, a cura di L. Pittarello, Bologna 1992, p. 64; C. Mossetti, Un committente della nobiltà di corte: Ottavio Provana di Druent, in Torino 1675-1699. Strategie e conflitti del barocco, a cura di G. Romano, Torino 1993, pp. 256, 316-318, 328, 337, 346, 350 s.; P. Boccardo, La Conservazione di Antonio H. e non Cerere di Imperiale Bottino…, in Bollettino dei Musei civici genovesi, XVII (1995), 49-51, pp. 23-28; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, pp. 446 s.