LAGHI, Antonio Maria (Bonaventura)
Del L., figlio del capomastro Francesco, non si conosce il luogo di nascita, avvenuta attorno al 1676. Visse a Bologna, dove ancora giovanissimo, tra il 1687 e il 1693, operò nelle fabbriche dirette dal padre, in particolare nei palazzi Zambeccari, Albergati e Broglia. Contemporaneamente studiò aritmetica presso Girolamo Maccari e architettura presso lo zio Agostino Barelli, sotto la cui direzione operò in incarichi pubblici, come nella copertura della sala del palazzo di Re Enzo e nelle realizzazioni del muraglione del Reno a S. Viola e della strada di Toscana. Alla morte di Barelli, avvenuta nel 1697, proseguì gli studi di architettura presso Giuseppe Antonio Torri.
Si specializzò anche in idrostatica con Domenico Guglielmini e si perfezionò in agrimensura (Arch. di Stato di Bologna, Senato - d'ora in avanti omesso -, Filze, vol. 51 [1725], c. 244r). In tali ambiti operò con costante attività per tutta la sua carriera, ricevendo da privati e da istituzioni pubbliche numerosi incarichi in cui si mostrò artista originale e tecnico esperto.
Nel 1705, insieme con Torri e in concorrenza con altri architetti, eseguì un progetto di livellazione per costruire l'andamento degli archi in salita per il portico di S. Luca. Sempre come collaboratore di Torri, fu contemporaneamente impegnato nel programma di rinnovamento architettonico nel palazzo senatorio di Nicolò Caprara, in cui diresse i lavori di realizzazione di tutto l'appartamento nobile, compreso il salone d'onore, del cortile centrale (Filze, vol. 57 [1731], c. 669v) e dello scenografico scalone "a doppia forbice" ([Malvasia], 1776, p. 132). Per il medesimo committente operò nella villa di campagna a Le Budrie di San Giovanni in Persiceto, dimora per la quale eseguì "li dissegni e modello" (Filze, vol. 57 [1731], c. 670r).
Marcello Oretti ricordava che "nell'ingresso non si effettuò del tutto il suo disegno perché si dovette stare sul vecchio": si trattò probabilmente di un intervento che proseguiva quello, forse di Torri, relativo alla facciata ispirata al vicino palazzo Albergati di Zola Predosa, imponente e sobrio e con i mattoni a vista. Il L. portò avanti la costruzione occupandosi della progettazione degli ambienti interni che impostò sul dominio del sistema scalone-salone concepito in termini scenografici. Eresse la maestosa scala collegata alla galleria interna, traforata da ampie aperture, da cui si dipartono le balconate ondulate poste sui lati brevi del vano scala, collegate alle stanze laterali e alla terrazza esterna. Realizzò poi il contiguo salone, singolarmente illuminato da due cortili posti a fianco e concluso da una loggia finale speculare alla galleria iniziale, ispirandosi al palazzo Albergati nel disegno a "H" e nella presenza di elementi filtranti disposti assialmente, volti a creare l'illusione di un unico ambiente vasto e spettacolare.
Sempre per i Caprara fu attivo nella villa ai Ronchi di Crevalcore, realizzando il torrione angolare del recinto e la contigua chiesa di S. Matteo (Filze, vol. 57 [1731], c. 669r). Costruita dal 1702 al 1705, la chiesa presenta l'interno ovale con l'asse principale parallelo alla sobria facciata, contrassegnata da lievi profilature, ed è felicemente collegata a edifici di servizio e al portico sinistro prospiciente il giardino della villa padronale.
Nei medesimi anni per la famiglia Ercolani (Hercolani) ammodernò la villa sul colle bolognese di Belpoggio, precedentemente degli Azzolini (Oretti), e progettò la facciata porticata del palazzo cittadino posto in via S. Stefano (Filze, vol. 57 [1731], c. 670r; [Malvasia], 1782, p. 308), sostituita nel 1912 dall'attuale disegnata da Edoardo Collamarini. Eseguì poi alcuni disegni per il palazzo che gli Scarani avevano acquistato dai Roffeni nel 1707, e che l'anno successivo affidarono a Giovanni Battista e Giuseppe Antonio Torri per una grandiosa ristrutturazione (Bologna, Arch. dell'Opera pia poveri vergognosi, disegni nn. 23, 23/1-4, 28). Lavori di rinnovamento lo impegnarono anche per alcuni edifici religiosi ora scomparsi.
Si occupò dell'oratorio della Compagnia dei Ss. Pietro e Marcellino (Oretti), ricostruito tra il 1706 e il 1710, e nel 1707 della chiesa di S. Antonino delle Banzole o di Porta Nuova (Galeati); entro il 1714 fu attivo nell'erezione della "cappellina della B.V. di Porta", da identificarsi probabilmente con la chiesa della Madonna in Porta ai piedi della torre Garisenda, eretta nel 1726 (Oretti).
Per le diverse competenze acquisite, nel 1711 fu incaricato di realizzare, insieme con Gregorio Monari, la prima grande pianta della città di Bologna basata su precise misurazioni (Filze, vol. 40 [1714], c. 659r), e nel 1712, in collaborazione con Geminiano Rondelli, la livellazione dello scavo dei torrenti Amola e Palata (ibid., vol. 57 [1731], c. 670r). Tra il 1713 e il 1720 in relazione alle riparazioni della torre dell'Arengo redasse una relazione con disegno allegato per illustrare il modo di sospensione della campana, chiamata Campanazzo, al torrino.
In seguito alla morte di G.A. Torri, nel 1714 decise di partecipare al concorso per architetto del Senato (tentativi replicati senza esito anche nel 1725 e nel 1731). Dalla relativa documentazione si evince che entro tale data aveva realizzato anche "un Palazzino fuori della città di Gubbio non ancora compiuto" (ibid., vol. 40 [1714], c. 659r) e diretto la costruzione dell'appartamento e della sala nel palazzo dei marchesi Calderini. Per i gesuiti eseguì inoltre alcuni disegni per la chiesa di S. Rocco di Parma: è attribuibile al L. un progetto a navata unica con soluzioni scenografiche (Arch. di Stato di Parma, Mappe e Disegni, vol. 7/22). Entro il 1725 si occupò di imprecisati lavori per il duomo di Brescia e, per incarico di alcune "assunterie" bolognesi, eseguì piante e misurazioni di strade e case, mura e porte urbiche (Filze, vol. 51 [1725], cc. 244v, 245r). Nel 1727 stese alcuni disegni relativi all'ampliamento del cortile del palazzo urbano del marchese Antonio Albergati, riguardanti anche l'armonico collegamento coi due ambienti contenenti la scala ovale e la cappella. Entro il 1731 disegnò l'oratorio di S. Maria della Libertà (poi trasformato in edilizia civile) e fu attivo nel palazzo Bolognetti in via Castiglione (ibid., vol. 57 [1731], c. 670r).
Numerosi furono anche gli incarichi che egli ricevette come agrimensore: rilevò le possessioni dell'Opera dei poveri vergognosi (1729), dei Caprara (entro il 1731) e dei Pepoli (1736). Nel 1729 e 1730, per ordine dell'assunteria di Munizione e insieme con Monari, misurò la città di Bologna per eseguire un nuovo livello per comodo delle carrozze (Taruffi, p. 90). Tra il 1738 e il 1741 l'assunteria di Sgravamento gli commissionò il rilevamento di tutte le proprietà di S. Stefano e di S. Bartolomeo di Musiano. Vari furono anche gli incarichi in qualità di idrostatico, come la livellazione di diversi torrenti (Ravone, Samoggia, Dosolo) del territorio bolognese (Filze, vol. 57 [1731], c. 670r), e quelli relativi a perizie in alcuni palazzi: nel 1744 con Alfonso Torreggiani si occupò della dimora dei Caprara, mentre, in collaborazione con C.F. Dotti, il 2 ott. 1749 fu autore di una perizia alla casa Bolognetti alla "volta dei Barberi"; insieme con i due architetti nel 1754 rivide i progetti di Marcantonio Bianchini per gli edifici del Monte.
Tra gli ultimi incarichi, del 1750 è l'intervento nel palazzo comunale per realizzare la nuova volta della cappella Farnese ([Malvasia], 1782, p. 140) e, del 1751, la costruzione della casa del Collegio di Spagna in via Rizzoli (Matteucci, p. 62), nel cui pianterreno fu ubicata l'osteria dei Tre Re. Il palazzo, i cui progetti iniziali prevedevano un edificio di più ampie dimensioni (Arch. di Stato di Bologna, Notarile, "Sicinio Oretti", 1751, 15 marzo; Corporazioni religiose, 6/8774), documenta l'adozione di un linguaggio semplice e severo.
Il L. morì a Bologna il 29 ott. 1756 e fu sepolto nella chiesa di S. Barbaziano.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. B. 4042 (sec. XVIII): D.M. Galeati, Architetti di varie fabbriche di Bologna, c. 3; Ibid., ms. B 132 (sec. XVIII): M. Oretti, Notizie de' professori del disegno, c. 276; G.A. Taruffi, Antica fondazione della città di Bologna, Bologna 1738, pp. 77, 90; [C.C. Malvasia], Pitture scolture ed architetture…, Bologna 1776, pp. 131 s., 290; ibid. 1782, pp. 140, 308, 400, 506; G. Cuppini - A.M. Matteucci, Ville del Bolognese, Bologna 1969, pp. 53-55, 71, 337, 346; A.M. Matteucci, Carlo Francesco Dotti e l'architettura bolognese del Settecento, Bologna 1969, pp. 59, 62, 167; A. Marini, I campioni del perito A. L. (1738-1741), in 7 colonne & 7 chiese. La vicenda ultramillenaria del complesso di S. Stefano (catal., Bologna), Casalecchio di Reno 1987, p. 186; R. Ariuli, Architettura e arredo di villa Caprara a "Le Budrie" di Persiceto, in Il Carrobbio, XXIII (1997), pp. 109-122; P. Foschi, I palazzi del Podestà, di Re Enzo e del Capitano del Popolo: problemi e proposte di interpretazione, ibid., XXIV (1998), pp. 22 s., 29; D. Righini, Il palazzo di Bologna e le ville di campagna dei Caprara. Momenti del rinnovamento architettonico durante gli anni della contessa Maria Vittoria (1703-1776), in Arte lombarda, in corso di stampa; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 218 (s.v. L., A. Bonaventura); Diz. encicl. di architettura e urbanistica, III, p. 323 (s.v. L., A. Bonaventura).