SPELTA, Antonio Maria
– Nacque a Pavia il 19 maggio 1559 da Giovan Domenico, mentre mancano le notizie intorno all’identità della madre.
La famiglia, non tra le più in vista, era ascritta al ceto decurionale del 1549. Le principali notizie biografiche si ricavano dalle sue opere letterarie: a tredici anni, il 6 settembre 1572, perse il padre e fu l’unico fratello, Francesco, avviato alla carriera ecclesiastica e destinato a divenire lettore di sacra scrittura nello studio pavese, a guidarne gli studi. Antonio Maria si dedicò poi all’insegnamento privato, tenendo a pensione i propri scolari. Il 10 dicembre 1588 sposò Benedetta Bentivoglio, figlia del mercante Alessandro, imparentata con la nobile famiglia bolognese. Dalla moglie ebbe ben 10 figli: Geronima, Ippolita, Monica, Petronilla, Pompeo Isnardo, Invenzio, Ennodio, Antonia, Epifanio, Raimondo, i primi 5 nati già entro il 1595. Nel novembre di quell’anno morì, a causa del vaiolo, Pompeo Isnardo, e la medesima sorte toccò nel 1605 a Epifanio, celebrato in un sonetto in cui viene indicata l’età al momento della morte, 4 anni e 3 mesi.
Del figlio Invenzio rimane qualche giovanile prova poetica: si addottorò in lettere nel 1615 e venne poi cooptato nel Collegio dei giureconsulti, ma si spense nel 1630, come si ricava dall’epitaffio dettato dal padre.
Documenti notarili attestano l’esistenza di un altro figlio, Siro, forse nato da una relazione successiva.
La prima produzione letteraria di Spelta reca traccia evidente del suo impegno didattico. Nel 1591 uscì a Pavia presso Girolamo Bartoli l’Enchiridion seu commentarium ad contexendas epistolas, in cui offre un compendio dei precetti retorici e poetici a uso scolastico. L’opera, introdotta da un distico di Stefano Guazzo, riporta in apertura il catalogo degli autori compulsati: alle ovvie presenze dei classici si sommano i moderni, tra i quali Antonio Maioragio, Giovanni Luigi Marescotti, Jean Voel, Marc Antoine Muret, Juan Luis Vives e Ludovico Dolce. A breve distanza, compose il De verborum ad sententiarum quarundam propietate et differentiis [...] appendix, supplemento al dizionario latino pubblicato a Pavia da Tommaso Bartoli nel 1592, in cui raccolse un florilegio di sentenze ed espressioni, ancora una volta rivolto agli studenti. Le due opere ottennero un certo successo, tanto che si ebbero alcune ristampe: nel 1596 e 1597 della Appendix, mentre nel 1602 venne riedito, con titolo lievemente ritoccato, il Commentarium ad contexendas epistolas.
L’Enchiridion conteneva, come esercizio di stile, un elogio della città di Pavia, che sarebbe divenuto uno dei fulcri della produzione letteraria successiva; negli anni seguenti Spelta si applicò a opere di più ampio respiro, procurando nel 1597 l’Historia [...] delle vite di tutti i vescovi [...] di Pavia.
Fin dalla prefazione, fece emergere la precisa volontà di impiegare la storiografia come strumento di promozione della sua città, da sempre minacciata dalla potenza milanese e in agone con le altre città vicine.
Spelta lavorò alle biografie dei vescovi utilizzando, con ogni probabilità, il libretto su cui il canonico Alessio Beretta modellò il suo Registro capitolare; su tale base intervenne cercando di correggere la cronologia approssimativa, ma soprattutto incrementando notevolmente il materiale storico attraverso l’annotazione di vari eventi che intrecciavano l’esile trama delle biografie episcopali. L’esito finale è un’opera ricca ma scarsamente articolata, in cui «brani narrativi in stile spesso ridondante e ampolloso si alternano con documenti anche importanti di ogni tipo e ampiezza» (Gabba, 1984, p. 23). La scelta di comporre una storia in volgare si fondava su una precisa consapevolezza, poiché tale lingua era «a tanta eccellenza giunta» da essere ormai «al pari [...] della Greca e Latina» (p. 35).
Nel 1603 l’Historia venne ristampata con modifica del titolo e supplemento di una Curiosa et dilettevole aggionta che integrava le notizie relative agli anni 1597-1602; nella nuova edizione la lettera del libraio Ottavio Bordoni all’Accademico Intento Aurelio Salimbeni accennava a una traduzione francese del testo, sulla quale però non si trova riscontro. La ristampa venne anche arricchita della lettera di grazia firmata dal re di Spagna Filippo III, in cui Spelta, in virtù di un epitalamio composto nel 1599 per le nozze reali con Margherita d’Austria e di un encomio per la canonizzazione di s. Raimondo, ottenne il beneficio di 300 scudi; da questa data si fregiò in tutte le pubblicazioni del titolo di poeta regio.
All’impegno storiografico affiancò una non esigua produzione poetica, perlopiù in latino; a tali composizioni, principalmente encomiastiche e d’occasione, assegnò la funzione di ottenergli il favore di uomini autorevoli, tanto che la sua poesia suona spesso come un vacuo elogio dei potenti al solo fine di ottenere grazie e protezione. Tra i dedicatari delle sue rime figurano governatori e senatori dello Stato di Milano, professori dell’ateneo pavese, accademici e alti prelati. Di qualche interesse è la presenza di un suo carme latino nell’edizione pavese del 1594 della Gerusalemme conquistata di Torquato Tasso.
Tra i due secoli ebbe frequenti contatti con le principali Accademie pavesi, degli Affidati e degli Intenti, pur senza esservi ufficialmente annoverato; nella seconda, conobbe l’attrice Isabella Andreini, ascritta al consesso accademico dal 1601, data del suo passaggio a Pavia. Alla morte della donna, nel 1604, compose un’elegia e un encomio, entrambi in latino, pubblicati poi in apertura delle Rime della stessa (Milano, presso Girolamo Bordone, 1605). Un altro lutto colpì il pavese in quel torno di tempo: nel 1603 mancò la moglie Benedetta, che venne celebrata con una raccolta di rime nel volume In obitum Benedictae Bentivolae, pubblicato da Andrea Viani.
Negli anni successivi coltivò gli interessi storici, dedicandosi a opere dal taglio cronachistico, ma continuando a nutrire l’ambizione di raccogliere una storia pavese da pubblicare in lingua latina (rimasta manoscritta, con il titolo Historia de totius Insubriae dominatus de Papiae principatu).
Le opere venute alla luce, di esclusivo interesse locale, offrono dati rilevanti per la ricostruzione di eventi accaduti nella città di Pavia; l’autore riprese e rielaborò cronache, resoconti e relazioni, integrandovi la puntuale descrizione di apparati effimeri ed elementi artistici. A uno scopo encomiastico, in grado di intercettare il gusto delle élites cittadine attraverso la fiorente industria tipografica, il pavese univa un’osservazione accurata e un certo rigore nel registrare i fatti.
Nel 1606 fu edita La Pavia trionfante, in cui venivano descritti i festeggiamenti per la nascita di Filippo, erede al trono di Spagna; identico taglio mostra La solenne et trionfante entrata del [...] vescovo monsignor Gio. Battista Biglio, a stampa nel 1609.
Rimase invece manoscritta un’opera di più ampio respiro e di maggior interesse storiografico, relativa allo scontro armato degli anni 1612-18, l’Historia [...] nella quale in X libri si descrive la Guerra [...] nel Monferrato, custodita con frontespizio a stampa (Pavia, appresso Pietro Bartoli, 1618).
Per avvicendare ai più impegnativi studi storici la trattazione di argomento morale, Spelta, tra il 1606 e il 1607, diede alle stampe un testo curioso e dal titolo eloquente, La saggia e dilettevole pazzia.
Nel catalogo del pavese è il testo che ha ottenuto la maggior fortuna critica, poiché mostra segni evidenti della conoscenza dell’Encomium moriae di Erasmo, benché all’Indice, nonché riprese esplicite delle opere di Tomaso Garzoni e Anton Francesco Doni; anche in questo caso Spelta operò la contaminazione di diverse fonti, racconti e citazioni di differente origine, cimentandosi in una riscrittura enciclopedica, aderente al gusto classificatorio del tempo. L’opera ottenne un discreto successo, tanto da venir presto tradotta in altre lingue, fino a contare almeno quattordici edizioni tra Francia e Germania.
Proprio in questo lavoro, tra una digressione e l’altra, accennò alle sue seconde nozze, con una non meglio identificata Caterina Ioppa.
Nel 1612, rielaborando alcuni motivi già toccati nella Saggia e dilettevole pazzia, pubblicò un’altra operetta morale che partecipò al fiorente dibattito intorno alla dignità femminile: con la pubblicazione dei Donneschi trionfi, intese tributare il giusto onore alla virtù muliebre, elencando varie caratteristiche delle donne virtuose.
Dei suoi ultimi anni rimangono tracce più esigue: nel 1621 compose un planctus per la morte di Filippo III di Spagna e nel 1629 apparve tra i testimoni della causa di canonizzazione del beato Bernardino da Feltre, avviata a Pavia proprio in quella data. Morì nel 1632 e fu sepolto nella chiesa parrocchiale di S. Lorenzo. Egli stesso aveva dettato il proprio epitaffio: «Qui sta lo Spelta che vivendo guerra / sempre mantenne con le lingue atroci; / né fissò mai il suo pensiero in terra».
Fonti e Bibl.: Pavia, Biblioteca Universitaria, Aldini 495, Historia [...] della [...] Guerra [...] nel Monferrato e Ticinesi; 429, Historia de totius Insubriae dominatus de Papiae principatu.
L. Bollea, A.M. S. e la sua “Historia della guerra di Monferrato”, in Bollettino della Società pavese di storia patria, III (1906), pp. 409-452; C. Speirani, A.M. S. e la sua “Historia delle vite dei Vescovi di Pavia”, in Rivista di scienze storiche, IV (1907), 1, pp. 243-260, 370-387, 2, pp. 3-21, 81-109; A.G. Cavagna, A.M. S. storico e letterato a Pavia tra Cinque e Seicento, in Annali di storia pavese, II-III (1980), pp. 251-263; E. Gabba, La storiografia pavese dei secoli XVI-VIII, le origini e la storia antica di Pavia, in Storia di Pavia, I, Pavia 1984, pp. 22 s., 35; Sul Tesin piantàro i tuoi laureti: poesia e vita letteraria nella Lombardia spagnola (1535-1706) (catal.) Pavia 2002, pp. 445-448; D. Capaldi, Le libertà del pazzo. Sulla tradizione italiana cinque-seicentesca dell’“Encomium moriae” di Erasmo, in Linguistica e letteratura, XXVIII (2003), pp. 83-148; A. Rebonato, Di alcuni imitatori di Tommaso Garzoni, in Studi secenteschi, XLV (2004), pp. 195-215; F. Fiaschini, Margherita, Alberto e Isabella. Ingressi trionfali a Pavia nel 1599, Novara 2012, pp. 17-69; C. Porqueddu, Il patriziato pavese in età spagnola. Ruoli familiari, stile di vita, economia, Milano 2012, pp. 738 s.