MINTURNO, Antonio
Umanista. Figlio di Antonio Sebastiani, si disse Minturno dall'antico nome del paese nativo, Traetto: che poi coincideva con quello della famiglia dell'avola materna. Fu avviato alla filosofia da A. Nifo; venne a Roma nel 1521 e conciliando sempre più seriamente studî umanistici e poesia volgare, secondò più tardi validamente l'opera della riforma cattolica. S'adoperò perché a Napoli fosse aperto il primo collegio dei gesuiti. Fatto vescovo di Uggento nel 1559, intervenne al concilio di Trento: morì vescovo di Crotone nel 1574.
Scrisse in latino e in volgare versi e prose: diede esempî d'imitazione di Pindaro in volgare propugnando una riforma della canzone petrarchesca; pubblicò lettere volgari nelle raccolte del tempo; latini sono una Epistola ad Paulum Iovium e un trattatello De officiis Ecclesiae praestandis (Venezia 1564). Il suo contributo alla precettistica letteraria della riforma cattolica si vede bene confrontando il trattato latino De Poëta, pubblicato nel 1559, con il trattato volgare L'Arte Poetica terminato alla fine del concilio. In quello si concede ancora ai poeti molta libertà; in questo si fa gran conto dei precetti d'Aristotele interpretati secondo lo spirito della Chiesa.
Bibl.: G. Toffanin, La fine dell'umanesimo, Torino 1920, pp. 102-113; R. Calderini, A. S. M. Vita e opere, Aversa 1921.