Mordini, Antonio
Uomo politico (Barga, Lucca, 1819 - Montecatini Val di Nievole 1902). Laureatosi in giurisprudenza all’università di Pisa nel 1837, si trasferì nel 1844 a Firenze dove entrò in contatto con gli ambienti repubblicani. Scoppiata l’insurrezione popolare a Milano (marzo 1848), Mordini lasciò Firenze, entrò nella legione padovana e poi nel battaglione dei Cacciatori del Reno. Partecipò alla difesa di Treviso e si recò poi a Venezia dove prese parte alle lotte politiche cittadine schierandosi con il partito contrario all’intesa con il Piemonte. Arrestato nell’ottobre 1848 per ordine di Daniele Manin ed espulso da Venezia, tornò a Firenze dove divenne direttore del giornale «La Costituente» e ministro degli Esteri (con interim alla Guerra) del governo provvisorio presieduto da Montanelli, Mazzoni e Guerrazzi. Restaurato il Granducato, Mordini andò in esilio prima in Corsica, poi a Genova e Nizza mantenendo inizialmente stretti contatti con Mazzini, dal quale accettò l’offerta di far parte del Comitato nazionale italiano costituitosi a Londra nel settembre 1850. Contrario ai tentativi insurrezionali di Livorno (1853) e di Genova (1857), si allontanò da Mazzini, pur rimanendo repubblicano. Nel 1859, scoppiata la guerra contro l’Austria, combatté in Lombardia tra i Cacciatori delle Alpi e dopo Villafranca fu eletto deputato all’Assemblea toscana. Ormai convinto assertore del programma garibaldino, si adoperò per sollecitare l’unione della Toscana al Piemonte. Eletto deputato al Parlamento subalpino, non partecipò alla spedizione dei Mille ma raggiunse in Sicilia Garibaldi che lo nominò colonnello. Nel settembre 1860 fu nominato prodittatore della Sicilia in sostituzione di Depretis e procedette al plebiscito che sancì l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte. Rimasto in stretti contatti con Garibaldi, nel 1862 tornò in Sicilia con altri due deputati per convincerlo ad abbandonare la spedizione contro lo Stato pontificio e sulla via del ritorno fu arrestato a Napoli. Liberato, fu autore dell’interpellanza sui fatti dell’Aspromonte che fece cadere il governo Rattazzi. La sua evoluzione politica, intanto, lo portava ad allontanarsi dalla Sinistra e a collocarsi in una posizione intermedia fra i due schieramenti. Nel 1867 entrò a far parte del governo Menabrea come ministro dei Lavori pubblici. Fu poi prefetto di Napoli dal 1872 fino alla caduta della Destra nel marzo 1876. Nel 1896 fu nominato senatore.