MOROSINI, Antonio
– Nacque a Venezia, si ipotizza intorno al 1368.
Le coordinate essenziali per la biografia si ricavano dal codice manoscritto autografo conservato a Vienna nella Österreichische Nationalbibliothek (Handschriften-, Autographen- und Nachlaß-Sammlung, 6586-6587; ex Foscarini CCXXXIV-CCXXXV: Cronaca di Venezia), oggi fruibile in edizione critica (Nanetti, 2010).
L’illustrazione premessa al codice ma anche l’inizio degli studi sul Morosini autore del manoscritto vanno attribuiti al patrizio veneto Marco Foscarini (1696-1763), uomo di Stato, ambasciatore, procuratore di S. Marco (dal 1741) e infine doge (31 maggio 1762 - 31 marzo 1763), ma soprattutto erudito, chiamato dal 1735 a espletare le funzioni di «pubblico istoriografo» dalla Repubblica veneta. Fu il primo, infatti, a citare le informazioni su Morosini contenute nel testo stesso della Cronaca (Nanetti, 2010, parr. 65.745, 65.810, 65.813, 65.1179, 65.1234 con indicazione del nome, 1552-1554, 1615, 1626-1627, 1632, 1646, 1920, 1928), unici dati biografici attendibili su cui poté basarsi poi Vittorio Lazzarini quando Léon Dorez e Germain Lefèvre-Pontalis gli commissionarono le ricerche d’archivio per lo studio sull’autore e sull’opera, di cui stavano pubblicando gli estratti riguardanti la storia di Francia (1898-1902). Di eccezionale importanza per l’attività di storiografo di Morosini è l’informazione sul sequestro dei «duos libros» di «cronicas», presente nelle deliberazioni del consiglio dei Dieci all’anno 1418. Le ricerche effettuate da Georg Christ (2005), per il tramite di alcune lettere conservate nella commissaria di Biagio Dolfin, hanno confermato Antonio Morosini come l’autore della Cronaca.
L’illustrazione premessa al codice informa che nel 1756 il manoscritto fu donato dall’erudito pesarese Annibale degli Abati Olivieri Giordani (1708-1789) al patrizio veneto Marco Foscarini, la cui collezione di manoscritti dopo la soppressione della Repubblica veneta (12 maggio 1797) prese le strade del mercato antiquario internazionale: la vendita generale della biblioteca fu preparata dagli eredi e avvenne durante la prima dominazione austriaca (1797-1806); l’acquisto fu negoziato dal governo austriaco a cominciare dal settembre 1799 e a tutt’oggi i 105 codici del fondo ex Foscarini sono una fra le più imponenti collezioni private conservate nella Österreichische Nationalbibliothek.
Da un passo della Cronaca (par. 65.1928) si può stabilire che Antonio, ancora attivo nella stesura dell’opera il 20 novembre 1433, era figlio di Marco Morosini. Da altri passi sappiamo che aveva due nipoti, Benedetto e Lorenzo (che nell’inverno 1431-32 era «sovracomito de la galia da Coron»), figli di ser Giusto Morosini (par. 65.1626 alla data 27 gennaio 1432), e una sorella andata in sposa a ser Francesco Cornaro dalla contrada di Santa Fosca di Venezia nel sestriere di Cannaregio (par. 65.1179 alla data 13-14 gennaio 1430: «uno fio, fo de uno mio nievo, nobel homo misier Donado Corner, fio condam misier Franzescho de la contrada de Santa Foscha»).
Tali informazioni sono le uniche sicuramente attribuibili a Morosini autore della Cronaca, ma non forniscono le indicazioni del casato e della contrada di residenza che potrebbero collegarlo con uno degli omonimi che in quel tempo sappiamo vissero a Venezia. Allo stato attuale della ricerca, i documenti dell’Archivio di Stato di Venezia possono suscitare solo alcune ipotesi, tutte da convalidare, siccome il ramo della famiglia Morosini cui appartenne il cronista Antonio di Marco non è attestato né nell’autografo né nelle lettere a suo nipote Biagio Dolfin, console veneto in Alessandria. Pertanto, ci si può muovere in due direzioni. Da un punto di vista dubitativo, confortati dal fatto che i casi di omonimia nel patriziato veneziano sono tutt’altro che rari, si può supporre che i passi della Cronaca citati possano non riferirsi tutti a una stessa persona, come pure, quando in una lista di nomi patrizi compaiono «sier Antuonio Morexini fo de misier Marcho e sier Benedeto Morexini fo de misier Zusto», non è detto che siano l’autore della Cronaca e suo nipote, in quanto non vi è alcun autoriferimento che li identifichi con certezza (cc. 474[b]/II, 151r). D’altro canto, si può procedere, invece, considerando tutte queste testimonianze riferite a una sola persona e a una sola casata, assistiti dal fatto che l’assenza di specifiche autobiografiche non stupisce nell’ambito di testi veneziani di carattere storiografico, che spesso ricorrono, copiandoli, ai documenti.
Il padre di Antonio, Marco, sembra possa identificarsi con il fratello di Michele Morosini elevato alla dignità dogale nel 1382 (10 giugno - 15 ottobre) in seguito alla quinta guerra con Genova, che aveva visto giungere le galee nemiche fino a Chioggia e nella Laguna. Marco e Michele avrebbero avuto due fratelli, Paolo e Albano; loro padre sarebbe stato Marino Morosini, come proposto da Lazzarini che correggeva così l’ipotesi di Fulin (1872, p. 348) secondo cui Marco era figlio di Piero. Di Marco e della moglie Caterina si conservano nell’Archivio di Stato di Venezia i testamenti datati rispettivamente 1° ottobre 1368 e 29 maggio 1377; al tempo del testamento di Caterina, Marco è già deceduto. Dai testamenti sappiamo che vivevano nella contrada di S. Maria Formosa di Venezia nel sestriere di Castello ed erano genitori di una numerosa discendenza, della quale Antonio era il terzogenito maschio: aveva due fratelli maggiori, Lorenzo e Giorgio, uno minore (Giusto, di cui fa menzione nella sua opera) e quattro sorelle (Marina, Lucia, Bianca e Anna), delle quali una, informa lui stesso, andò in sposa a Francesco Cornaro di Santa Fosca.
Il 1° marzo 1377, un Antonio di Marco Morosini fece redigere in pubblica forma le sue ultime volontà, alle quali il 27 maggio 1384 aggiunse qualche codicillo. Da quanto si desume, questo Antonio, oltre al suo quarto della casa di famiglia, possedeva 1500 ducati d’oro e altro per un valore di circa 200 ducati. Faceva parte del terzo ordine di s. Domenico – gravitante a Venezia attorno al monastero dei Ss. Giovanni e Paolo – come pure della confraternita dei Penitenti (Schuola d’i Batudi) di S. Maria della Misericordia.
Un Antonio di Marco Morosini entra a far parte del Maggior Consiglio il 4 dicembre 1388 estraendo la balla d’oro; in un modo quindi che fa supporre avesse al tempo tra i 20 e i 25 anni (Fulin, 1872, p. 348). Questo Antonio lo sappiamo poi sposato con Sofia de’ Garzoni (cfr. Testamenti, f. Antonio Bordo) e in quel tipo di vita che un patrizio veneto della sua età e con le sue capacità poteva intraprendere.
Sulla data della morte del cronista Antonio di Marco Morosini, oltre al fatto che avvenne dopo il 20 novembre 1433, data dell’ultima notizia riportata nell’ultima carta oggi conservata del testo autografo, si potrebbe aggiungere che durante il Carnevale del 1434 Andrea di Francesco Zulian sposò in quarte nozze «la fia de ser Zuan Dolfin relicta quondam ser Antonio Morexini» (cfr. la lista dei matrimoni riportata nel Liber nuptiarum di Barbaro): le nozze devono aver avuto luogo nel febbraio del 1434 (1433 more veneto), se Traversari nello Hodoeporicon (cfr. A. Dini Traversari, Ambrogio Traversari e i suoi tempi, Firenze 1912, p. 117) riferisce che Zulian si ammogliò nel «carnovale» del 1434 come riportato nell’Epistolario di Guarino (p. 37). Ma non è chiara l’identità di questo defunto Antonio Morosini.
Da ultimo, compulsando la copiosissima serie di notizie che gli archivi veneti offrono relativamente agli anni tra il 1360 e il 1434, le liste dei priori di Venezia dell’ordine degli Ospedalieri di S. Giovanni di Rodi all’anno 1427 annoverano un frate di nome Antonio Morosini di Venezia.
Non sono dunque poche le informazioni che si possono ricavare su patrizi Morosini aventi per nome Antonio, figli di un padre Marco e con due nipoti, Benedetto e Lorenzo, figli di un Giusto.
Come si è detto, nel 1418 (con deliberazione in data 6 luglio) il consiglio dei Dieci dispose il sequestro e la distruzione di alcune carte di «duos libros» chiamati «cronicas» scritti da Antonio di Marco Morosini, in quanto contenevano passi reputati pericolosi per la sicurezza dello Stato. Il manoscritto, privato di alcune pagine censurate, fu poi restituito all’autore.
Sembra che Morosini avesse fatto una copia di sicurezza prima di consegnare il manoscritto ai Dieci. Si conserva infatti l’eco di un altro codice manoscritto oggi perduto, una copia giudicata fedelissima all’originale che pare si estendesse fino al 12 agosto 1418. Il codice è stato occasionalmente indicato come presente a Venezia, nelle mani del conte Ludovico Manin, verso il 1850. Non è dato quindi sapere se il testo che si conserva oggi sia vittima o meno di censure, anche se la prima ipotesi sembra essere la più attendibile. In ogni caso il tutto collimerebbe con quanto evidenziato nell’analisi paleografica e codicologica del codice viennese.
Dell’inchiesta dei Dieci non si conservano altre prove: insito nella natura del Consiglio – che per la tipologia stessa della magistratura tendeva ad agire velocemente e senza lasciar traccia – era l’uso di non conservare sistematicamente un archivio. A questo si aggiunga che nella prima metà dell’Ottocento l’archivio della magistratura fu oggetto di un massiccio scarto per quanto riguarda gli incartamenti processuali di materia giudiziaria e penale.
L’evento è così commentato da Renata Fabbri: «[…] nel 1418 dal Consiglio dei Dieci fu ordinato ad Antonio Morosini, pur patrizio ed appartenente alla classe dirigente, di consegnare la parte già composta della sua Cronaca, sospetta di non essere in linea con i desiderata della Serenissima. Si deve credere che l’episodio non sia passato inosservato (ed aveva comunque una precisa rispondenza con gli indirizzi della Repubblica), se leggiamo le motivazioni addotte da Guarino per rifiutare il suggerimento di Battista Bevilacqua a scrivere la storia della guerra veneto-viscontea del 1426-1427: Adde quod cum historia “lux veritatis” esse debeat, “nihil ad gratiam nihil ad simultatem explicatura” [M.T. Cicerone, De oratore, II, 36 e 62], non blandiri non offendere quaerit: quod quam tutum sit, ipse tu iudicabis. Aperiendae belli causae, mores fides probitas virtus detegenda contrariaque in medio ponenda: quae, cum olim odiosa, hodie capitalia sunt» (1992, p. 350).
Morosini definisce il carattere di ordinato componimento storiografico della sua opera connotandola più volte nel corso della narrazione con le espressioni «questa cronica», «questo libro», «questa scrittura»; e, in particolare, al par. 65.397 la definisce «questa scritura over cronicha de Veniexia». Ciononostante, analizzando tempi e modi della stesura del codice manoscritto, è chiaro come l’opera, pur traendo le mosse dalla tradizione cronachistica veneta trecentesca in volgare, si trasformi a poco a poco in un vero e proprio diario, aprendo la tradizione continuata per tutto il Quattrocento a cominciare da Giorgio Dolfin (1433/4-1457) fino a Girolamo Priuli (1494-1512) e a Marin Sanudo il giovane (1496-1533).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Procuratori di S. Marco-Commissarie miste, b. 181, f. 15, int. d, f (in partic. lettere [35] di mano del cronista Antonio Morosini [1° febbraio 1419] e [54] d’Albano Morosini, nipote del cronista [4 settembre 1419]); Arch. notarile, Testamenti, bb. 562 (f. Giacomo Gezzo), 115 (f. Marino prete di San Trovaso), 640 (f. unico: Antonio Bordo); Avogaria di Comun, Liber nuptiarum, f. 151; Consiglio dei Dieci, Deliberazioni; R. Fulin, Saggio del catalogo dei codici di E.A. Cicogna, in Arch. veneto, IV (1872), pp. 59-68 (Origine della biblioteca di E.A. Cicogna), 69-132, 337-398 (Illustrazioni); Chronique d’A. M.: extraits relatifs a l’histoire de France, a cura di G. Lefèvre-Pontalis, I-IV, Paris 1898-1902; Epistolario di Guarino Veronese, raccolto… da R. Sabbadini, I-III, Venezia 1915-19 (rist. anast., Torino 1967); R. Fabbri, La storiografia veneziana del Quattrocento, in La storiografia umanistica, Atti del convegno internazionale… 1987, I, Messina 1992, pp. 347-398; G. Christ, A newsletter in 1419? A. Morosini’s Chronicle in the light of commercial correspondence between Venice and Alexandria, in Mediterranean Historical Review, XX (2005), 1, pp. 35-66; Il Codice M.: Il mondo visto da Venezia (1094-1433), ed. critica di A. Nanetti, I-IV, Spoleto 2010.