OLIVA, Antonio
OLIVA, Antonio. – Nacque all’Avana (Cuba) il 19 giugno 1827 da Giuseppe e da Matilde Turla.
La famiglia, originaria di Mergozzo, ritornò qualche anno dopo nel piccolo borgo medievale dell’Alto Novarese. A dodici anni Oliva si trasferì a Milano per intraprendere lo studio delle scienze naturali, in seguito abbandonate per dedicarsi alle materie giuridiche.
Durante il soggiorno milanese sposò la causa nazionale e l’ideale mazziniano che ben si conciliava con la sua concezione filosofica e il suo interesse per l’Illuminismo. Da qui anche il suo spiccato anticlericalismo che ebbe modo di manifestare in varie occasioni e di argomentare in particolare dopo il raggiungimento dell’Unità.
Nella primavera del 1848 partecipò insieme ad altri studenti all’insurrezione milanese rivestendo anche un ruolo militare durante le Cinque giornate. In quei frangenti fu catturato dalle truppe austriache, ma riuscì avventurosamente a fuggire. Fu nominato ufficiale dal Governo provvisorio, ma scelse di ritornare in Piemonte e di arruolarsi come volontario nell’esercito sabaudo nelle file dei bersaglieri. Durante questa fase maturò un’utile esperienza militare.
Dopo la battaglia di Novara del marzo 1849 si trasferì a Roma, dove nel frattempo era stata proclamata la repubblica. Partecipò alla difesa della città e prese parte a numerosi combattimenti inquadrato nella legione comandata da Giacomo Medici. In particolare, si distinse nelle operazioni di porta S. Pancrazio e nell’ostinata resistenza all’avamposto del Vascello che, nel giugno 1849, ritardarono la resa nei confronti delle truppe francesi guidate dal generale Nicolas Oudinot. Nominato ufficiale della Repubblica Romana, conobbe in quell’occasione Giuseppe Garibaldi. Fuggito da Roma dopo la resa della città, riuscì a imbarcarsi a Civitavecchia e a tornare in Piemonte.
Ripresi e completati gli studi giuridici all’Università di Torino, nel marzo 1854 fu arrestato insieme all’avvocato Tommaso Villa, futuro ministro, e a Vincenzo Brusca Canis per aver incitato i torinesi a presentarsi in piazza Castello al fine di protestare contro la pena di morte nei confronti di alcuni patrioti. I tre vennero assolti in prima e seconda istanza, nonostante il ricorso del ministro Urbano Rattazzi. In loro favore si spese anche Angelo Brofferio, che denunciò l’arbitrarietà della loro detenzione, durante la quale Oliva scrisse la tragedia Imelda dei Lambertazzi, rimasta inedita.
Lungo il ‘decennio di preparazione’ conservò le sue opinioni mazziniane, ma approvò l’alleanza fra il Piemonte e la Francia. Nel 1859, allo scoppio della seconda guerra d’indipendenza, lasciò l’insegnamento di storia del diritto all’Università di Torino e si arruolò come volontario ricoprendo il grado di sottotenente nel corpo dei Cacciatori delle Alpi. Fu l’occasione per incontrare nuovamente Garibaldi e per condurre alcune azioni militari nella zona di Varese che gli valsero la promozione a capitano. Nel 1860 non fu tra i Mille, ma partecipò egualmente all’impresa, inquadrato in uno dei reparti di volontari raccolti da Agostino Bertani successivamente alla prima spedizione.
Alla conclusione della campagna del 1860, riprese l’insegnamento trasferendosi all’Università di Parma, dove ricoprì la cattedra di diritto costituzionale e di storia del diritto. Nella città emiliana partecipò attivamente alla vita pubblica e fu tra i fondatori, nel marzo 1862, della società di tiro a segno inaugurata da Garibaldi. A quel periodo risale l’inizio dei suoi rapporti con Francesco Crispi, da lui invitato a Parma nel febbraio 1863 per presiedere l’assemblea popolare convocata per solidarizzare con la causa polacca.
Allo scoppio della terza guerra d’indipendenza, decise di seguire il richiamo dei volontari garibaldini e, raggiunta la Valcamonica, assunse il comando della 1a compagnia del II battaglione bersaglieri, guidato da Nicostrato Castellini. Dopo la morte di quest’ultimo, caduto il 4 luglio 1866 a Vezza d’Oglio, toccò proprio a Oliva prendere la guida delle operazioni militari in quel settore e ordinare prima il proseguimento dell’azione e poi la ritirata verso Edolo. In virtù di quel fatto d’arme fu promosso maggiore sul campo e insignito della croce dell’Ordine militare di Savoia. La partecipazione alla campagna nell’Alta Lombardia e in Trentino rappresentò la sua ultima esperienza militare in senso stretto, sempre divisa, come era accaduto in precedenza sia nel 1848-49 sia nel 1859-60, fra esercito regolare e volontariato.
Terminata la guerra, rimase legato alle iniziative e agli ambienti garibaldini e nel 1867 fu membro del comitato centrale di soccorso, costituitosi il 7 ottobre a Firenze in sostituzione del centro di emigrazione romana al fine di portare denaro e ordini ai volontari nelle campagne laziali e a Roma.
Del comitato facevano parte, fra gli altri, Giorgio Pallavicino, Crispi, Benedetto Cairoli, Luigi La Porta, Filippo De Boni e Luigi Miceli. Oliva conveniva con Crispi, e con quasi tutta la frazione politico-militare del ’partito garibaldino’, che l’iniziativa dell’insurrezione dovesse partire da Roma: «Mio pensiero – gli scriveva il 28 ottobre 1867 da Terni – è che Garibaldi non faccia alcun atto politico, e pensi alla guerra. Solo nel caso che ci turbino la nostra base d’operazione cioè c’impediscano di soccorrerlo, in tal caso, se non è possibile sperare ragionevolmente d’aver Roma, converrà voltar l’armi all’interno, e piantare un centro d’insurrezione» (Roma, Arch. centrale dello Stato, Carte Crispi, Arch. di Stato di Palermo, cass. 12, f. 146).
Nei giorni precedenti alla battaglia di Mentana, sovraintese con attenzione alle operazioni preparatorie.
La vicinanza a Crispi gli consentì di assumere la direzione de La Riforma, giornale politico con un programma di democrazia legalitaria che aveva visto la luce a Firenze il 4 giugno 1867 e rappresentò negli anni successivi il foglio di battaglia politica dello statista siciliano: non tanto, soprattutto all’inizio, l’organo della Sinistra parlamentare, ma piuttosto il suo interprete. Oltre che da Crispi, il programma del giornale era stato sottoscritto da Cairoli, Bertani, De Boni e Giuseppe Carcassi.
La Riforma non intendeva transigere dal punto di vista dei principi. In particolare, dopo i sacrifici, anche ideali, sopportati per arrivare all’Unità, per quegli uomini era giunto il momento di completare le rivoluzioni rimaste interrotte. Pertanto, era necessaria l’introduzione del suffragio universale (maschile) e di una legge elettorale con lo scrutinio plurinominale, detto di lista. Centrale era la riforma dell’«armamento nazionale» ispirata alla difesa e non alla conquista, all’abolizione della leva, all’eliminazione della Guardia nazionale così come organizzata fino ad allora, alla diffusione dell’istruzione militare per acquistare «quella forza guerriera che con la sicurtà di sé medesima procaccia ad una nazione il rispetto di tutte le genti» (Programma del giornale La Riforma. Firenze, 4 giugno 1867, Firenze 1867, p. 9). A una scienza militare appannaggio di pochi, si doveva sostituire una diffusa istruzione alle armi che coinvolgesse tutta la nazione. Se ne sarebbe giovata anche la politica estera, che doveva abbandonare ogni velleità aggressiva. Il programma de La Riforma prevedeva il pieno esercizio della libertà religiosa, la promozione e diffusione della pubblica istruzione, l’abolizione della pena di morte, l’introduzione del decentramento amministrativo, tema che in quegli anni fu oggetto di un ampio dibattito parlamentare. Altro punto rilevante del programma era la questione sociale, la cui soluzione avrebbe rappresentato il completamento della rivoluzione nazionale. Per eliminare i residui feudali era necessario procedere alla liquidazione dell’asse ecclesiastico, il primo passo verso la formazione di un vasto ceto di piccoli proprietari: «Non aspettiamo indifferenti che i contadini, schiavi della fame e del lavoro, ci chieggano severo conto dell’abbandono in cui, dopo tante innovazioni, furono lasciati. […] La questione sociale, se non venga posta come dovere, verrà imposta come necessità» (ibid., p. 17).
Durante la direzione di Oliva, La Riforma sostenne l’aspra battaglia sulla questione della Regìa cointeressata dei tabacchi. Nell’estate del 1868 il Parlamento aveva approvato la concessione della privativa di fabbricazione dei tabacchi a una società di capitalisti privati, in cambio di un’anticipazione di 180 milioni di lire, un canone fisso annuale e una partecipazione agli utili pari al 40%. Per la sua approvazione era stato determinante il voto di alcuni deputati, contro i quali si scatenarono accese polemiche e accuse di corruzione, in quanto proprietari di quote finanziarie della Regìa stessa. Ne seguì nel 1869 un’inchiesta parlamentare, ma l’indagine non riuscì a fare piena luce sulla vicenda.
Alla Camera dal novembre 1865 fino alla morte, Oliva rappresentò il collegio di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) per quattro legislature (IX, X, XI, XII), quello di Manduria (Taranto) per due (XIII, XIV) e infine, per un solo mandato (XV legislatura), quello di Novara. Il suo primo collegio elettorale era vicino a Parma, la sede dove insegnava nella prima metà degli anni Sessanta. Con l’avvento al governo della Sinistra storica, si avvicinò ad Agostino Depretis e alla politica del trasformismo. Nella seduta parlamentare del 10 marzo 1881 intervenne sul tema del concorso dello Stato nelle opere edilizie di Roma, durante la discussione della legge che doveva contribuire a ridisegnare dal punto urbanistico e architettonico gli spazi della Capitale. Nell’aprile successivo confermò alla Camera il suo appoggio a una riforma elettorale, sostenendo la necessità del suffragio universale (maschile) – per il quale si stavano mobilitando da tempo anche fuori dalle aule parlamentari molti ex garibaldini e lo stesso generale – e chiedendo l’introduzione dello scrutinio di lista, considerato meno penalizzante e rigido rispetto al sistema uninominale.
A riprova della consonanza di idee con Depretis, appoggiò le scelte colonialiste della metà degli anni Ottanta. Nel maggio 1885 intervenne alla Camera sulla politica estera, ponendo l’attenzione sulle opportunità economiche che si potevano aprire per l’Italia grazie al canale di Suez. A suo giudizio una posizione di rilievo in Africa passava attraverso l’adesione alla convenzione anglo-egiziana contro la tratta degli schiavi, che, di fatto, avvenne alla fine di quell’anno.
Negli ultimi mesi della sua vita fu toccato da una serie di accuse di speculazione, corruzione e concussione. Il Tribunale di Pallanza chiese alla Camera dei deputati di poter procedere penalmente nei suoi confronti. La stampa locale, in particolare quella del suo collegio elettorale, diede molto rilievo alla vicenda e non lesinò critiche politiche molto pesanti dal punto di vista personale, che probabilmente finirono per minare la sua salute.
Morì improvvisamente a Roma il 14 maggio 1886.
Opere e discorsi: Sulla politica estera dell’Italia. Discorso del deputato Oliva pronunziato alla Camera dei deputati nella tornata del 18 marzo 1880, Roma 1880; Convenzioni ferroviarie. Discorso pronunziato dal deputato Oliva nella tornata del 1° dicembre 1884, ibid. 1884; Sulla proposta di legge d’iniziativa del deputato Oliva per la restituzione in Baranello della sede di Giudicatura Mandamentale. Memoria per il comune di Vinchiaturo, ibid. 1885.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Carte Crispi, Archivio di Stato di Palermo, cass. 12, f. 146; Roma, Ist. per la storia del Risorgimento italiano, Archivio, bb. 135, 253, 660; Fondo Domenico Farini, b. 297; Archivio Pasquale Stanislao Mancini, bb. 623, 628, 678; Fondo Nelson Gay, b. 553; Fondo Cadolini, bb. 271, 272, 460, 461, 462; Fondo Guerzoni, b. 938. Inoltre: Programma del giornale La Riforma. Firenze, 4 giugno 1867, Firenze 1867; Atti Parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, legislature IX-XV, ad indices; G. Cadolini, Il quarto reggimento dei volontari ed il Corpo d’operazione in Valcamonica nella campagna del 1866, Firenze 1867; Corpo dei Volontari italiani (Garibaldi), Fatti d’armi di Valsabbia e Tirolo, s.l. 1867; A. Elia, Ricordi di un garibaldino. Dal 1847-48 al 1900, Roma 1904, pp. 161-174; O. Brentari, Il secondo battaglione Bersaglieri Volontari di Garibaldi nella campagna del 1866, Milano 1908, p. 143; G. Castellini, Pagine garibaldine (1848-1866). Dalle Memorie del magg. Nicostrato Castellini, Torino 1909, ad indicem; G. Adamoli, Da San Martino a Mentana. Ricordi di un volontario, Milano 1911, pp. 251, 282 s., 287 s., 306, 315; Carteggi politici inediti di Francesco Crispi (1860-1900), Roma 1912, pp. 183, 272 s., 327, 332; G. Castellini, Eroi garibaldini, Milano 1931, ad indicem; F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896. Le premesse, Bari 1951, pp. 49, 54 s., 205, 331, 571, 574, 588; U. Zaniboni Ferino, Bezzecca 1866. La campagna garibaldina dall’Adda al Garda, Trento 1966, ad indicem; V. Castronovo - L. Giacheri Fossati - N. Tranfaglia, La stampa italiana nell’età liberale, Roma-Bari 1979, ad indicem; D. Adorni, Francesco Crispi. Un progetto di governo, Firenze 1999, p. 277; C. Duggan, Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi, Roma-Bari 2000, pp. 347, 374; C. Armanini, Garibaldini ‘Antonio Oliva’, in Il Cammino. Bollettino dell’unità pastorale di Mergozzo-Albo-Bracchio, 2002, n. 3, pp. 12-14; n. 4, pp. 12-14; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale. Profili e cenni biografici di tutti i deputati e senatori eletti e creati dal 1848 al 1890, Roma 1896, p. 79; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, ad nomen; Camera dei deputati, Portale storico, ad nomen.