PACCHIONI, Antonio
PACCHIONI, Antonio. – Nacque a Reggio Emilia da Giambattista e da Leonora Dugoni. Secondo Girolamo Tiraboschi (1783, 415) la sua data di nascita è da fissare al 24 giugno 1664 e non, come scrisse il primo biografo, Jacopo Chiappelli (1730), al 13 giugno 1665 (altre fonti lo vogliono nato addirittura nel 1663).
«Di statura bassa, faccia lunga, occhio vivace, di temperamento malinconico» (Chiappelli, 1730, p. 99), dopo i primi studi fu avviato alla medicina da Giovanni Casalecchi e Prospero Marmiroli e all’anatomia dal celebre Antonio Vallisnieri. Conseguita la laurea in medicina e filosofia a Reggio Emilia il 25 aprile 1688, per mettere a frutto gli studi anatomici intrapresi sotto la guida di Vallisnieri si trasferì a Roma (1689), dove gravitò attorno all’ospedale di S. Spirito in Sassia e fu animatore di un’accademia, in cui i giovani studenti si radunavano per discutere problemi e questioni legate al quotidiano esercizio della medicina. Quando il 26 maggio 1690, esaminato da Antonio Piacenti e Girolamo Brasavola, ottenne il ruolo di assistente presso l’ospedale della Consolazione, fu costretto ad abbandonare i ritrovi accademici.
Mentre approfondiva gli studi di matematica sotto la direzione di Francesco Neri e quelli di botanica e storia naturale, un’importante occasione professionale gli derivò dall’amicizia con l’ormai anziano Marcello Malpighi, chiamato a Roma in qualità di archiatra pontificio. La vicinanza al medico bolognese gli consentì di perfezionare ulteriormente la pratica anatomica, applicata – anche con il supporto del microscopio – tanto agli uomini quanto agli animali. Il 3 giugno 1693, lasciato il servizio presso l’ospedale della Consolazione e forte di una lettera commendatizia dello stesso Malpighi, passò a esercitare la professione a Tivoli come medico condotto. Qui rimase sei anni, risiedendo a Villa d’Este, sostenuto dal favore del duca di Modena Rinaldo: il suo successo fu tale da meritare per due volte un aumento di retribuzione. Il 2 novembre 1697, ormai da tempo lontano dalla patria, fu iscritto al Collegio medico di Reggio, dove erano ben noti i suoi progressi.
Nel 1699 rientrò a Roma e intorno al 1705 gli fu offerto il posto di primo medico presso l’ospedale di S. Giovanni in Laterano, già ricoperto da Giovanni Battista Scaramucci. Dopo poco, Pacchioni, minato nella salute e forse desideroso di conservare spazio per gli studi, preferì tuttavia tornare al meno gravoso incarico presso l’ospedale della Consolazione. Per le stesse ragioni, pur avendo accettato gli impieghi di medico del primo collegio dei gesuiti, promotore nelle commissioni per le lauree e consulente per le cause di canonizzazione, declinò la più impegnativa offerta di occupazione presso l’ospedale di S. Spirito fattagli da Giovanni Maria Lancisi. Quel rifiuto non compromise comunque la collaborazione scientifica con l’illustre anatomista, che lo chiamò a cooperare all’edizione delle tavole anatomiche di Bartolomeo Eustachi e si valse del suo aiuto e dei suoi esperimenti per la stesura del De motu cordis et aneurysmatibus (opera di cui, secondo Chiappelli, Pacchioni curò una revisione).
Più problematico invece il rapporto con il collega Giorgio Baglivi, esponente di spicco della medicina romana, con cui sorsero screzi relativi ai plagi perpetrati da Baglivi ai danni di Pacchioni circa il ruolo della dura madre (o dura meninge) in determinati fenomeni fisiologici e patologici. Deciso a rivendicare la paternità di quelle teorie, Pacchioni scrisse il De durae meningis fabrica et usu (Roma 1701) e lo dedicò all’amico Lancisi, che aveva svolto un ruolo determinante nel convincerlo a ribadire pubblicamente il proprio primato. Sullo stesso argomento, Pacchioni tornò in molte altre occasioni, come nella Dissertatio epistolaris de glandulis conglobatis durae meningis humanae, indeque ortis lymphaticis ad piam meningem productis (ibid. 1705), nota per la descrizione delle granulazioni aracnoidali (dette appunto granulazioni di Pacchioni). Per rispondere poi alle critiche pervenutegli dal medico Giovanni Fantoni, Pacchioni diede alle stampe le Dissertationes binae ad spectantissimum d. Joannem Fantonum datae cum ejusdem responsione illustrandis durae meningis, ejusque glandularum structurae atque usibus concinnatae (ibid. 1713), in cui ribatteva alle tesi dell’avversario utilizzando e riproponendo il suo stesso testo. La polemica suscitò una certa eco nel mondo scientifico ed erudito dell’epoca, che poté seguire la disputa anche grazie al dettagliato resoconto fattone dal Giornale de’ letterati (XX [1715], pp. 352-405).
Pacchioni, in accordo con gli insegnamenti di Malpighi e i dettami della scuola iatromeccanica, considerava la dura madre un muscolo avente la funzione di spingere il fluido nervoso del cervello verso le zone periferiche, analogamente a quanto svolto dal cuore con il sangue. Nel 1716, quando, con la Dissertatio epistolaris sapientissimi novi Scientiarum Instituti Bononiensis sodalibus missa, in quo plura de durae meningis usibus expeduntur..., sottopose le proprie teorie all’Accademia delle scienze di Bologna, di cui era divenuto membro, questa mostrò un cauto assenso alle sue osservazioni, pur sposando appieno l’identificazione della dura madre con un tessuto muscolare di supporto all’attività cerebrale e nervosa (la Dissertatio fu pubblicata postuma, in Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, III [1730], pp. 104-192; in calce si trova il giudizio dell’Accademia bolognese).
La perizia e la fama acquisite da Pacchioni nel campo degli studi anatomici gli meritarono l’aggregazione ad altre accademie oltre a quella bolognese, dall’Accademia tedesca Naturae Curiosorum ai Fisiocritici di Siena, all’Arcadia, in cui fu ammesso con il nome di Euforo Craneo; né è privo di rilievo lo scambio epistolare, ancorché limitato, che intrattenne tra il 1715 e il 1721 con Lodovico Antonio Muratori.
Con l’avanzare dell’età fu colpito da una lunga e dolorosa malattia che gli provocò forti dolori di stomaco e convulsioni, culminati, dopo un fallimentare tentativo di curarsi con soggiorni in luoghi salubri e climi temperati, in una paralisi della parte destra del corpo, che lo costrinse a letto nell’ultimo periodo della vita.
Morì a Roma il 5 novembre 1726.
Prima di essere sepolto, venne sottoposto ad autopsia dal chirurgo Felice Angelo Paganelli dell’ospedale della Consolazione, che rilevò le cattive condizioni di varie ghiandole cerebrali. I suoi resti furono traslati nella chiesa del Gesù, dove gli fu riservata una sobria sepoltura, in ossequio alle disposizioni testamentarie da lui lasciate. Gli sopravvisse il figlio Marcello, sacerdote, spentosi il 22 dicembre 1766. A Pacchioni fu dedicata una medaglia, impressa a Norimberga e coniata a Roma nella bottega degli Hameran.
Altre opere: Ad perillustrem et excellentissimum d. Ludovicum Testi... de novis circa solidorum ac fluidorum vim in viventibus ac durae meningis structuram et usum observationibus, in La galleria di Minerva, IV (1704), pp. 245-248; Perizia per la pretesa soffocazione del fu Bernardino Pelosi della terra di Poli, Roma 1717; Dissertationes physico-anatomicae de dura meninge humana novis experimentis, et lucubrationibus auctae, et illustratae, Roma 1721. Diversi anni dopo la morte le opere furono raccolte negli Antonii Pachioni Regiensis... opera, Roma 1741, che, pur essendo la prima edizione, in frontespizio porta l’indicazione di Editio quarta (anomalia già rilevata da Tiraboschi).
Fonti e Bibl.: J. Chiappelli, Notizie intorno alla vita di A. P. da Reggio, in Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, III (1730), pp. 79-102; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, III, Modena 1783, pp. 415-419; P. Capparoni, Lo stato di servizio di A. P. all’Ospedale della Consolazione in Roma ed un suo medaglione onorario, in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, V (1914), pp. 241-245; Id., A. P. (1665-1726), in Id., Profili bio-bibliografici di medici e naturalisti celebri italiani dal sec. XV al sec. XVIII, I, Roma 1926, pp. 76-78; E. Benassi, Carteggi inediti fra il Lancisi, il P. ed il Morgagni, in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, XXIII (1932), pp. 145-169; M. Bertolani del Rio, A. P.(1665-1726), in Medici naturalisti reggiani, a cura di L. Barchi, Reggio Emilia 1935, pp. 659-667; A.M. Giorgetti Vichi, Gli Arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, Roma 1977, p. 107; A. Brunori et al., A. P. (1665-1726): early studies of the dura mater, in Journal of Neurosurgery, LXXVIII (1993), pp. 515-518.