PACINI, Antonio
PACINI, Antonio (Francesco Gaetano Saverio). – Nacque a Napoli il 7 luglio 1778.
Studiò al Conservatorio della Pietà dei Turchini il violino, il clavicembalo e il contrappunto, e fu poi allievo in composizione di Fedele Fenaroli (cfr. Le doyen des éditeurs…, 1866). Secondo un aneddoto pubblicato in vari giornali dell’epoca (cfr. per es. Le Guide musical, 6 luglio 1861), il maestro lo mandava spesso dal suo ex allievo Domenico Cimarosa perché profittasse dei suoi consigli.
Il ritorno di re Ferdinando IV, nel 1799, costrinse all’esilio Pacini e suo padre, membri della guardia nazionale sotto la Repubblica giacobina (Le doyen des éditeurs…, 1866). Arrivato a Marsiglia, Pacini insegnò il violino e in seguito fu assunto dal teatro di Nîmes in qualità di direttore d’orchestra. Compose varie romanze, una cantata in onore di Napoleone, un Christus factus est eseguito in chiesa (Le Ménestrel, 23 dicembre 1860). In questa fase spicca un opéra-comique, Isabelle et Gertrude, libretto di Charles-Simon Favart, rappresentato nel 1803. Incoraggiato dai cantanti Jean Elleviou e Jean-Blaise Martin (futuro sposo della primogenita di Pacini, Euphrosine ), nel 1804 il compositore si stabilì a Parigi con la moglie Jacqueline Rozier, la figlia e il padre. Fu insegnante di canto fino ai primi anni Venti e firmò varie sue pubblicazioni come «Professeur de Chant»; ebbe per allieve anche le nipoti di Giuseppe Bonaparte, l’ambasciatrice di Napoli, la marescialla Bernadotte (Désirée Clary, futura regina di Svezia).
Tra il 1803 e il 1821 Pacini e la moglie ebbero nove figli, fra cui la già citata Euphrosine (1803-?); Eugénie-Jeanne (1805 - post 1864), madre dell’editore musicale Antoine de Choudens; Émilien (1811-1898), poeta e librettista, grande amico di Rossini; Eudoxie (1813-?), madre di Paule-Aurore Gayrard (1843-?), primo premio di pianoforte al Conservatoire di Parigi nel 1864; Émilie-Thérèse (1820-1887), Mme Jules Paton, scrittrice nota con lo pseudonimo di Jacques Rozier. Di quest’ultima esiste un ritratto eseguito da Alexandre Cabanel, che dipinse anche un olio su tela di Pacini tuttora conservato al Musée la Musique di Parigi (n. d’inventario E.999.3.1).
Nel 1805 Pacini compose un secondo opéra-comique, Point d’adversaire, rappresentato l’8 agosto al teatro Montansier; al libretto, che reca il solo nome di Joseph Pain, collaborò Pierre-Ange Vieillard. Il 1° marzo 1806, dopo due anni di tentativi, Pacini portò all’Opéra-Comique Isabelle et Gertrude: il Journal de l’Empire lamentò la mediocre interpretazione degli attori e, senza fare il nome di Pacini, ne giudicò la musica «molto fredda», priva non di «bellezze musicali» ma di «effetto drammatico» (10 marzo 1806). Un mese dopo, al teatro Montansier, fu eseguito un altro opéra-comique, Le Voyage impromptu, libretto di Théophile Marion Dumersan et Martial Aubertin (la prima ebbe luogo il 5 aprile, e non il 5 agosto, come riportato in vari repertori; cfr. il libretto, Paris, Masson, 1806, e Journal de l’Empire, 5 aprile 1806). L’ultimo opéra-comique di Pacini fu Amour et mauvaise tête, ou La réputation, tre atti di Alexis (Alexis-Étienne-Pierre-Henri Arnoult), dato al Théâtre-Feydeau il 17 maggio 1808 (l’autografo è alla Bibliothèque nationale di Parigi, Conservatoire, ms. 7447).
Secondo il Journal de l’Empire (20 maggio 1808), «contro ogni speranza e previsione» l’opera ebbe un discreto successo: rispetto alla musica «un po’ fredda» dell’Isabelle, si giudicava questa «molto migliore: [...] sempre un po’ debole, un po’ nuda; ma con una felice semplicità, un canto facile», con «i difetti dell’inesperienza, non del cattivo gusto».
Dopo la quinta e ultima recita, la cantante Rolandeau morì bruciata per un infortunio domestico, episodio che indusse Pacini ad abbandonare la composizione di opere teatrali, come racconta egli stesso (cfr. Le doyen des éditeurs…, 1866).
Rimangono le partiture orchestrali di Point d’adversaire e di Isabelle et Gertrude, pubblicate a Parigi dalla Typographie de la Sirène (1805 e 1806-1807 circa) e quella del Voyage impromptu, da M.me Masson (1806). Pacini continuò a pubblicare romanze ed estratti vocali da melodrammi italiani, con accompagnamento di pianoforte o arpa (cfr. le trascrizioni dalle Nozze di Figaro di Mozart, dai Virtuosi ambulanti e L’impresario in angustie di Valentino Fioravanti, pubblicizzate nel Journal des Débats, 9 e 23 ottobre, 28 dicembre 1807, 25 settembre 1810, e nella Gazette de France, 20 novembre 1812, 4 febbraio 1813).
Esordì come editore di musica nell’anno in cui rinunciò al teatro, 1808. Con l’amico Felice Blangini, violoncellista e compositore, creò il Journal des Troubadours, un mensile venduto su abbonamento e a fascicoli separati, e «composto di due romanze francesi nuove e di un’aria italiana», con accompagnamento di pianoforte, lira, chitarra (Journal des Troubadours, I [1808], n.1). Pubblicato e venduto dapprima nel negozio di musica di «Mons.r de Momigny, boulevard Poissonnière, près de la rue du faubourg Montmartre, n° 20», il giornale appartenne per metà a Pacini e per metà a Blangini; il 1° gennaio 1811 quest’ultimo cedette la sua quota a Jean-Baptiste-Pierre Lélu, associato di Pacini dal 13 settembre 1810 nella gestione del negozio di musica «Aux Troubadours», «boulevard des Italiens, n° 8, près la rue de Cérutti» (ibid., VI [1814], n. 8). L’arpista e compositore Charles Bochsa si unì per un breve periodo alla società, sciolta nell’aprile 1811. Rimasto proprietà di Lélu, il Journal des Troubadours uscì fino al 1815.
Sin dal 1811 Pacini pubblicava in proprio nel suo domicilio, Rue de la Concorde 12, ribattezzata Rue Favart nello stesso anno. Convinto dell’importanza della stampa per la diffusione della musica, ne sfruttò i vantaggi in vari modi. Continuò a pubblicare riviste mensili: Le Troubadour ambulant, «giornale per la lira o la chitarra» (1817-29, 48 romanze e 12 pezzi all’anno), L’Écho lyrique, «giornale di canto con pianoforte» (1827-30, 24 romanze e 12 pezzi italiani).
Seppe promuovere le proprie pubblicazioni di musica vocale italiana nei quotidiani: ne è esempio la recensione dei Fuorusciti di Firenze di Ferdinando Paer nel Journal de Paris del 22 marzo 1819, che in una nota rimanda all’ouverture pubblicata da Pacini sia come partitura orchestrale sia come trascrizione per pianoforte con accompagnamento di violino.
I giornali diedero notizia del trasferimento della casa editrice a Boulevard des Italiens 11; i rinvii agli estratti da opere italiane pubblicati da Pacini divennero più ampi e frequenti da quando cominciò a pubblicare le opere di Gioachino Rossini. Fu infatti l’edizione delle opere rossiniane a porlo al centro dell’editoria parigina. Nel 1822 l’annuncio ‘secco’ della pubblicazione dello spartito del Tancredi, venduta non più soltanto per estratti ma intera, si accompagna nel Miroir des Spectacles (27 maggio 1822) a un elogio della bellezza e correttezza dell’edizione; essa fa parte, come precisato dal Journal des Débats (10 e 17 settembre 1822), di una collezione comprendente Il barbiere di Siviglia, La gazza ladra, La Cenerentola, Otello, Mosè in Egitto, ma anche La donna del lago e L’inganno felice (col titolo L’inganno fortunato).
La collezione, in sottoscrizione, fu così propagandata da Pacini: le opere di Rossini sono spesso «snaturate dai numerosi errori dovuti ai copisti o agli incisori; perciò il nostro desiderio è di dare agli amatori e ai professori di musica una bella edizione, correttissima, delle opere migliori di questo famoso compositore» (Courrier des Théâtres, 3 giugno 1823). Il successo fu immediato: presentato ormai come «uno dei più fervidi propagatori della musica di Rossini» (Journal des Débats, 5 marzo 1823), Pacini fu lodato per la qualità del testo musicale e dei ritratti che accompagnavano le partiture. L’editore sfruttava in effetti il favore incontrato dalla litografia per diffondere insieme alla musica stampe prodotte da ottimi laboratori parigini (come Piaget et Lailavoix o Bertauts), che raffiguravano Rossini e i maggiori interpreti delle sue opere, Giuditta Pasta nelle vesti di Tancredi o Manuel García in quelle di Otello (il ritratto, eseguito da Langlumé, fu commentato da L’Impartial, 3 marzo 1823). Un altro pregio evidenziato dalla stampa consistette nel riportare, «all’inizio di ciascuna accollatura, il nome del personaggio che canta», di solito mancante nelle partiture italiane. La trascrizione dei recitativi, spesso considerati insulsi dal pubblico francese, apparve invece un mero «eccesso di zelo» (Le miroir des spectacles, 14 febbraio 1823).
Dopo l’edizione di Ricciardo e Zoraide nel 1823, Rossini propose a Pacini di pubblicare una seconda serie rivista da lui stesso, comprendente Semiramide, Elisabetta, L’italiana in Algeri, Armida, Corradino ossia Matilde di Shabran, Maometto secondo, Il turco in Italia, Zelmira (cfr. Journal des Débats, 16 dicembre 1832); non è facile ricostruire l’ordine di pubblicazione delle opere, anche perché Pacini non numerava le lastre secondo una cronologia rigorosa (cfr. Gossett, 1970, p. 601). Nel 1825, l’amministrazione del Théâtre-Italien gli concesse il permesso di vendere le sue edizioni «in una parte della galleria vetrata della Salle Favart», ossia direttamente in teatro, per un compenso di 200 franchi all’anno (cfr. Mongrédien, 2008, VI, p. 270).
Affermatosi come l’«editore delle opere di Rossini» – l’indicazione compare sulle sue pubblicazioni – Pacini diede alle stampe edizioni complete con accompagnamento di pianoforte di opere d’altri compositori, collegate agli allestimenti del Théâtre-Italien: Il matrimonio segreto di Cimarosa, Il crociato di Egitto di Giacomo Meyerbeer (pubblicato anche dal concorrente Maurice Schlesinger), Donna Caritea ed Elisa e Claudio di Saverio Mercadante, Il flauto magico di Mozart, Nina pazza per amore di Paisiello, La casa nel bosco di Louis Niedermeyer, Il pirata e I puritani di Bellini, Maria di Rudenz, Marino Faliero, Gemma di Vergy e Belisario di Donizetti. Da notare anche Ivanhoë, un pasticcio rossiniano confezionato da Pacini stesso e rappresentato all’Odéon nel 1826. Oltre alle opere in riduzione, le melodie operistiche offrivano materia alle trascrizioni (perlopiù per pianoforte), tratte da più di 120 opere italiane (ai già citati compositori si aggiungono Michele Carafa, Vincenzo Federici, Pietro Generali, Pietro Carlo Guglielmi, Francesco Morlacchi, Paer, Giovanni Pacini, Nicola Vaccai, Nicolò Antonio Zingarelli ed altri) e 24 opere francesi (tra queste ultime, le più sfruttate furono Félicie di Gioseffo Catrufo, La vallée suissedi Joseph Weigle Ivanhoë: cfr. il Catalogue of the Music... [1830 circa]). Le «arie tagliate in fantasie, strapazzate in pots-pourris, parafrasate in variazioni, accorciate in quadriglie» vennero talvolta additate come «speculazioni» (Journal des débats, 29 settembre 1823).
Pacini non si limitò alla musica di derivazione operistica: pubblicò molte romanze francesi con accompagnamento di pianoforte o di arpa, composte da lui stesso e da Maria Malibran, Valentin Castelli, Jacques-Nicolas Goulé, Joseph-Dominique-Fabry Garat (detto Fabry-Garat) o Théophile Bayle, spesso arricchite di eleganti litografie. Ampio spazio fu concesso anche alle composizioni strumentali e soprattutto al pianoforte: pubblicò vari manuali di Johann Nepomuk Hummel e di Johann Baptist Cramer, la prima edizione parigina dei sei concerti di John Field, numerosi duetti per pianoforte e violino, violoncello, flauto o altri strumenti, e molta musica per pianoforte solo, di Cramer, Field, Josef Gelinek, Beethoven (Trois quatuors originaux), e anche di Chopin (prima edizione parigina della Grande Valse op. 42, 1840). I cataloghi superstiti citano composizioni musicali destinate all’arpa, al flauto, al clarinetto, al corno, all’oboe e al violino; nel 1828 pubblicò i 24 Capricci e 12 Sonate dell’amico Niccolò Paganini, che aiutò anche nell’organizzazione di concerti. Questa produzione si completava con manuali elementari (in francese, spagnolo e italiano) e studi per la voce (di Zingarelli, Giuseppe Aprile, Giulio Bordogni, Rossini e Pacini stesso) e per gli strumenti, musica religiosa, musica ‘straniera’ ossia arie spagnole, inglesi, svizzere.
La scelta delle arie, il plurilinguismo dei manuali e l’impiego della lingua inglese nel titolo del catalogo citato dimostrano il desiderio di penetrare anche su mercati esteri: «il signore Pacini spedirà direttamente per la Spagna e per l’America» (cfr. Catalogue of the Music... [1830 circa]); la cosa occasionò talvolta problemi tecnici e ritardi nei pagamenti (cfr. lettera al signor André a Filadelfia, 1° giugno 1859; Bibliothèque nationale, LA-Pacini Antonio-13).
La prova più dura fu l’incendio che devastò il Théâtre-Italien il 15 gennaio 1838 e distrusse, oltre ai fondi stampati della casa Pacini, numerosi manoscritti; «ciò che sfuggì alle fiamme fu saccheggiato» (La France musicale, 21 gennaio 1838).
Naturalizzato francese il 31 dicembre 1832, Pacini si era inserito benissimo nella vita culturale parigina del tempo: era amico di Rossini, Paer (professore di canto della figlia Émilie), Gilbert Duprez e Domenico Barbaja, cui diede talvolta consigli (cfr. le lettere: Bibliothèque nationale, LA-Pacini Antonio-3 e 7). Tra i compositori che in segno di solidarietà dopo l’incendio gli mandarono manoscritti senza esigere diritti di autore, per contribuire alla pubblicazione di una serie di opere per pianoforte intitolata Livre musical des Cent-et-un, vi furono Luigi Cherubini, Frédéric Kalkbrenner, Sigismund Thalberg, Heinrich Herz, Pierre-Joseph-Guillaume Zimmermann, Niedermeyer, Adrien Boieldieu, Meyerbeer, Charles-Auguste de Bériot, Donizetti e Ambroise Thomas, come scrisse Pacini in una lettera a Jean-Baptiste Roger Fauchon d’Henneville (30 settembre 1839; ibid., LA- Pacini Antonio-11).
A 68 anni Pacini vendette la casa editrice al suo primo commesso Louis Bonoldi e a suo fratello, il compositore François Bonoldi (gennaio 1846; cfr. Devriès - Lesure, 1988, p. 332). Ai successori venne concesso di usare il nome di Pacini accanto al proprio sul negozio e sulla musica; lo mantennero fino al 1852. Non essendo però in grado di pagare la somma di 70.000 franchi in 20 rate semestrali stabilite per contratto, Pacini dovette riprendere in mano l’impresa (Paris, Archives Nationales, F18-1808, 28 luglio 1852), prima al «59, rue Neuve Saint-Augustin, au coin de la rue de la Paix», poi, dall’aprile 1853, a Rue Louis-le-Grand 21, dove rimase fino alla morte. Questa sua seconda fase, più difficile della prima e aggravata dai problemi dell’età, comportò soprattutto riedizioni.
Morì a Parigi il 10 marzo 1866.
Fu sepolto al cimitero del Père-Lachaise, nella tomba di sua moglie, morta tre anni prima. Il suo fondo fu venduto all’editore Richault.
Fonti e Bibl.:Paris, Bibliothèque nationale, Conservatoire, Ms. 7447; D.12008, Cons.L.147, L.155; D.12009, L.2100, L.2101; Ibid., LA-Pacini Antonio. Catalogue of the Music published by P. editor of Rossini’s Operas, s.l. [1830 circa]; Supplément aux catalogues de musique du magasin de P., éditeur des opéras de Rossini, Paganini et autres auteurs, Paris 1831 (un esemplare di questi due rari cataloghi alla Bibliothèque Nationale, VMD-3244, 1 e 2); Le doyen des éditeurs et des compositeurs de musique. P., in Le Guide musical, 22 marzo 1866; F.-J. Fétis, Nécrologie, in Supplément à l’Almanach de la musique, Paris 1867, pp. 28-30; C. Hopkinson, A bibliographical thematic catalogue of the works of John Field, London 1961, pp. 167 s.; Ph. Gossett, The operas of Rossini: problems of textual criticism in nineteenth-century opera, diss., Princeton University, Princeton, NJ, 1970, pp. 601-607; C. Hopkinson, Dictionary of Parisian music publishers, 1700-1950, New York 1979, pp. 95 s.; A. Devriès - F. Lesure, Dictionnaire des éditeurs de musique français, II: De 1820 à 1914, Genève 1988, pp. 332-334; R. Macnutt, P., A., in The New Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVIII, p. 860; A. Jacobshagen, P., A., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, 2004, XII, pp. 1520 s.; J. Mongrédien, Le Théâtre-Italien de Paris, 1801-1831. Chronologie et documents, Lyon 2008, ad indicem.