PÉREZ, Antonio
Nato a Madrid nel 1534 da Gonzalo Pérez, segretario di Carlo V, e da una donna maritata, Juana Escobar, legittimato con cedola reale del 4 aprile 1542. Ricevette educazione accurata nelle università di Alcalá de Henares e Salamanca, ed entrò giovinetto ancora nella segreteria di stato, prima presso il padre, poi presso il potentissimo Ruy Gómez de Silva principe d'Eboli. Per suggerimento di costui, che molto lo protesse, il re lo chiamò nel 1567 al consiglio d' Italia e nel 1568 alla segreteria di stato. Lavoratore intelligente ed abile, ispirò intera fiducia a Filippo II e divenne potentissimo; ma, avido di danaro, vizioso, amante del lusso, si comportò in modo indegno, vendendo favori. Riferì alla principessa d'Eboli, che a sua volta le rivelava ai duchi di Braganza, altri pretendenti, notizie riguardanti la successione al trono di Portogallo, ambito da Filippo che poi se ne impadronì; e probabilmente fu proprio questo a perdere il P., il quale venne arrestato la notte sul 28 luglio 1579 contemporaneamente con la principessa d'Eboli. Ma varie versioni furon date dei due famosi arresti: più accreditate di tutte, la gelosia amorosa del re e la parte presa dai due all'uccisione di Juan Escobedo (v. escobedo). Trattenuto dapprima nella casa dell'alcade d. García di Toledo, il P. venne nel novembre restituito a casa sua; nel marzo '81 gli fu permesso d'andar libero per Madrid, e ritornò a trafficare in corte. Ma vigilato dalla diffidenza del re e dall'odio dei nemici (partito del duca d'Alba) gravi addebiti dovettero risultare a suo carico, cosicché dopo un'ispezione a tutti i segretarî di corte, ordinata il 31 dicembre 1585, il P. venne nuovamente imprigionato. Dové al sacrificio personale della moglie, Juana Coello, e di amici devoti, se riuscì a fuggire nel 1590 in Aragona, dove si appellò a quei fueros, perché non lo consegnassero al governo di Madrid. Veniva frattanto condannato in contumacia ad essere impiccato e la testa esposta al pubblico. Dall'Aragona il P. riuscì a fuggire nel novembre 1591, quando riparò a Pau, ben accolto dalla principessa Caterina di Béarn. Passò poi alla corte di Enrico IV e nel 1593 a quella di Elisabetta d'Inghilterra. Tornato a Parigi nel 1595, vi dimorò fino al 1611, anno in cui morì.
Il P. fu scrittore elegante e colorito, uno dei migliori dell'età sua. Fondamentali e assai importanti anche per le notizie che offrono - le quali peraltro bisogna sempre sottoporre ad attenta critica, perché parzialissime - sono le Relaciones de su vida, in varie edizioni. Scrisse inoltre le Cartas á diferentes personas con aforismos españoles é italianos; le Segundas cartas (nel vol. XIII della Bibl. de autores españoles); e il Memorial que presentó del hecho de su causa en el juicio del Tribunal de Justicia que llaman de Aragón; Máximas que presentó al rey Enrique IV de Francia; Las cartas españolas, ecc.
Bibl.: S. Bermúdez de Castro, A.P., segretario de estado del Rey Felipe II, Madrid 1841; C. Fernández Duro, Estudios históricos del Reinado de Felipe II, in Colección de escritores Castellanos, LXXXVIII, Madrid 1890; N. Mignet, A.P. et Philippe II, 3ª ed., Parigi 1854; J. F. Montaña de Como, Felipe II no mandó matar á Escobedo, Madrid 1910; G. Muro, Vida de la princesa de Eboli, Madrid 1877; A. González Palencia, Fragmentos del Archivo particular de A. P. secretario de Felipe II, in Revista de Archivos, ecc., XXXVIII-XLII (1918-1921); P.J. Pidal, Historia de las alteraciones de Aragón en el reinado de Felipe II, Madrid 1862-63, voll. 3; A. Valente, Un dramma politico alla Corte di Filippo II, in Nuova riv. stor., VIII; E. Zarco, A. P., in La Ciudad de Dios, CXVIII, Madrid 1919; A. Morel-Fatio, Lettres d'A. P., ecc., in L'Espagne au XVIe et XVIIe siècle, Heilbronn 1878; J. Fitzmaurice-Kelly, A. P., Oxford 1923.