PIAGGIO, Antonio
– Nacque a Genova l’8 febbraio 1713. È noto il nome del padre, Domenico, ma non quello della madre.
Compì i suoi studi presso le Scuole pie di Genova; prese l’abito religioso il 13 giugno 1733; completato il noviziato presso la casa di formazione degli scolopi, fu ordinato sacerdote il 13 aprile 1736; dal 1737 intraprese gli studi di teologia (Strazzullo, 2002, p. IX; Travaglione, in Bicentenario della morte, 1997, p. 16). Gian Battista Cereseto (scolopio egli stesso, e primo biografo di Piaggio) lo dice «di onesta famiglia […] ed educato ben per tempo agli studi classici sotto la direzione dei Padri delle Scuole Pie», gli attribuisce «un genio potente e speculativo» combinato con il talento per il «disegno e l’arte dello scrivere e imitare gli antichi manoscritti» e ricorda che di questa sua «perizia» Piaggio lasciò «molti saggi nella allora sceltissima biblioteca del suo Ordine, e principalmente in una magnifica edizione di Aristotile, miniata tutta di sua mano, con fregi e dorature, eseguite dietro un nuovo metodo da lui inventato a perfezione dell’arte antica, allora per poco affatto dimenticata» (Cereseto, 1846, p. 77).
In virtù dei suoi molteplici talenti, dal giugno 1741 Piaggio fu impiegato presso la Biblioteca Vaticana quale coadiutore, quindi (dal mese di settembre dello stesso anno) successore del padre agostiniano Giovanni Felice Ramelli nell’incarico di soprintendente alle miniature. L’impiego prevedeva tuttavia «des clauses très compliquées de paiement» (Bignami Odier, 1973): in sostanza, gli era destinata solo una percentuale della retribuzione di Ramelli; a integrazione del reddito, gli era inoltre affidato il compito di coadiutore del padre Norberto Sala, scriptor latino.
Il 15 maggio 1753, il ministro degli Affari esteri e segretario di Stato dei Regni di Napoli e di Sicilia, marchese Giovanni Fogliani Sforza d’Aragona, per il tramite del ministro plenipotenziario della corte di Napoli presso la S. Sede, Gerolamo Maria Sersale duca di Cerisano, richiese a Giuseppe Simonio Assemani, prefetto della Biblioteca Vaticana, un parere riguardante le possibili modalità di intervento sui papiri di Ercolano, il cui primo ritrovamento era avvenuto il 19 ottobre 1752 (l’ultimo risale al 25 agosto 1754). Nella risposta del 18 maggio 1753, Assemani riferì un primo parere espresso da (anonimi) «uomini ingeniosissimi», esperti del metodo di trasferimento su tela applicato ai papiri altomedievali della Biblioteca Vaticana, suggerendo che da Napoli si inviasse a Roma «per mezzo del Signor Duca di Cerisano un piccolo Frammento» da esaminare. Esclusa questa possibilità, si optò per il trasferimento a Napoli (in coincidenza con la chiusura estiva della Biblioteca Vaticana) di Piaggio, raccomandato da Assemani in data 29 maggio 1753 come «uno dei più stimati soggetti che abbiamo in Roma, e forse in tutta l’Europa […]. È ingegnosissimo nelle invenzioni di cose stravaganti sullo stile cinese, che ridotte alla perfezione europea, maravigliosamente eseguisce in abiti, in apparati, in tele, in sete et in rami. Egli è finalmente inarrivabile nell’imitazione di qualsivoglia stampa, e caratteri d’ogni lingua, e d’ogni edizione, per stravagante che sia; come potrà arguire l’E.V. dalla di lui Carta Geografica, che io ebbi già l’onore di presentare a S.M., e dalle mostre di alcuni suoi curiosi travagli, che seco porterà» (Archivio di Stato di Napoli, Fondo della Segreteria di Azienda, senza segnatura; Travaglione, 1993, pp. 57 s.).
Il ritorno a Roma era previsto entro il 4 novembre 1753, data di riapertura della Biblioteca Vaticana (Bassi, 1907, pp. 641 s.), ma Piaggio si trattenne a Napoli, confidando nei buoni uffici del ministro Fogliani. Come lo stesso Piaggio ebbe a scrivere nella domanda di impiego stabile che si decise infine a presentare al re Carlo (con nota di accompagnamento datata 30 luglio 1756 di Sigismondo Mechelli, al tempo ufficiale della segreteria di Stato), Fogliani gli aveva assegnato «alcuni mesi dopo il di lui arrivo […] a nome di V.M. Ducati 30 al mese, con questa particolarità, che uniti agli emolumenti provenienti all’Orante dagli impieghi della Vaticana, dovessero servirli per mantenersi da sé, fino a tanto che si trovasse qualche compenso colla Corte di Roma per trattenersi al servigio di V.M.» (pp. 645-647: il documento originale è andato perduto nel 1943, a causa di un bombardamento). Nel frattempo, Fogliani era stato sostituito alla segreteria di Stato da Bernardo Tanucci. Si erano inoltre dimostrati vani i tentativi del duca di Cerisano di giungere a un accordo con la Biblioteca Vaticana: come comunicato infatti dalla «Dalla Segreteria dei Brevi, 18 agosto 1755», Domenico Silvio Passionei, destinato ormai «alla intiera presidenza e governo della Biblioteca Vaticana» riteneva la «professione di miniature e di altri consimili lavori […] affatto inutile nella sua Biblioteca, dove ora soltanto si ricercano per le nuove opere, delle quali […] resta incaricato ciascun scrittore della medesima, soggetti letterati e versati nella lingua Greca, Ebraica e Orientali, ed in tutte le più fondate cognizioni delle scienze» (p. 645).
Assunte informazioni sulla sua retribuzione presso la Biblioteca Vaticana, Tanucci stabilì che Piaggio fosse assunto con uno stipendio mensile di 30 ducati al mese, oltre all’alloggio e al pagamento di debiti precedentemente contratti a Roma (pp. 647 s.). Piaggio ritenne sempre inadeguata la sua retribuzione, che restò tuttavia invariata fino alla sua morte. A suo carico fu inizialmente anche l’intero sostentamento del suo collaboratore, l’abate Francesco Merli, che lo aveva accompagnato o presto seguito da Roma; dall’ottobre del 1756, a Merli fu assegnata una retribuzione iniziale di 3 ducati mensili, elevata fino a 6, e infine 9 ducati solo dopo reiterate richieste e alterne vicende (Iezzi, in M. Gigante et al., 1980).
Più o meno entro un anno dal suo arrivo a Napoli, Piaggio escogitò una ‘macchina’ per lo svolgimento dei rotoli papiracei carbonizzati, come dimostra una lettera del 19 ottobre 1754 inviata da James Gray, inviato straordinario di Sua Maestà Britannica a Napoli, al suo corrispondente Thomas Robinson: cinque colonne erano state già recuperate da un papiro, l’attuale P.Herc.1497, che trattava di musica e poesia (Comparetti - De Petra, 1883, p. 243). Fino alla prima metà del XX secolo la macchina rimase l’unico strumento efficace per l’apertura dei rotoli ercolanesi (o loro porzioni): due incisioni su rame aiutano a comprenderne il funzionamento nell’assetto originario (Capasso, 1991, pp. 94-98 e figg. XXXVII- XXXVIII, insieme con l’illustrazione in Castrucci, 1852, tav. IV, pp. 10 s.). Ne esistono ancora almeno tre esemplari (Capasso, 1991, p. 110).
Il più celebre e attento testimone oculare dei primi anni di lavoro di Piaggio fu Johann Joachim Winckelmann, suo ospite in occasione della prima visita a Portici nel 1758 (da febbraio ad aprile; Longo Auricchio - Capasso, in M. Gigante et al., 1980, p. 26 e nota 46). Successivamente, durante il Carnevale del 1762, Winckelmann accompagnò a Roma e Napoli il conte Heinrich von Brühl, al quale diresse i Sendschreiben von den Herkulanischen Entdeckungen pubblicati a Dresda nello stesso anno. Qui si trova una accurata spiegazione del funzionamento della macchina che si conclude con la constatazione della estrema lentezza del lavoro (Winckelmann, 1762, pp. 87 s.; trad. it. in Capasso, 1991, pp. 94 s.) . Ancora grazie a Winckelmann (1762, pp. 79-81) è possibile individuare i quattro volumina già srotolati al tempo della redazione dei Sendschreiben (Blank, 1999, pp. 72-74 e nota 62); tutti contenevano opere del filosofo epicureo Filodemo di Gadara: P.Herc.1497 (Sulla musica), P.Herc.1672 (Sulla retorica, secondo libro), P.Herc.1674 (un diverso esemplare del secondo libro Sulla retorica), P.Herc.1675 (uno dei libri del trattato Sui vizi e sulle virtù contrapposte; svolto da Merli, che lavorava di pari passo a Piaggio, su una seconda macchina).
Piaggio fu anche (e forse si sentì soprattutto) artista: «Pittore. Disegnatore. Incisore acquafortista. Amatore di stampe e quadri» (Travaglione, 1993, p. 61). Gli si devono infatti anche i primi Disegni (ovvero saggi di trascrizione «coll’imitazione del carattere», secondo l’espressione usata da Piaggio nella Rappresentanza inviata a Tanucci il 30 ottobre 1771: Bassi, 1908, p. 306) di una o più colonne dei rotoli man mano svolti. Nelle sue intenzioni, questi disegni erano preliminari alla incisione su rame che egli stesso avrebbe realizzato dopo la revisione e approvazione degli interpreti esperti di greco (lingua ignota a Piaggio).
Con decreto del re Carlo era stata infatti istituita, il 13 dicembre 1755, l’Accademia Ercolanese: ne facevano parte Alessio Simmaco Mazzocchi (canonico della cattedrale e insegnante di Sacra Scrittura nell’Università di Napoli) e il suo giovane allievo Nicola Ignarra (nato il 22 settembre 1728): a loro era appunto affidato (e riservato) «tutto ciò che riguardar potesse gli antichi papiri greci, e latini disotterrati» (G. Castaldi, Della Regale Accademia Ercolanese…, Napoli 1840, pp. 60 s.), al fine della pubblicazione dei risultati del loro lavoro presso la Reale Stamperia (di cui Ignarra divenne direttore). Segretario perpetuo dell’Accademia era Pasquale Carcani, collaboratore fidatissimo del segretario di Stato Tanucci.
La collaborazione di Piaggio con gli interpreti si rivelò molto difficile, e ancor più quella con Camillo Paderni, custode del Museo di Portici e assolutamente tenace nell’ostacolare l’accesso di Piaggio ai rotoli papiracei. Paderni intendeva probabilmente occultare i danni irreversibili arrecati a molti di essi con la procedura della 'scorzatura' che egli tenacemente volle applicare (Capasso, 1991, pp. 87-92), allo stesso tempo impedendo a Piaggio l’accesso a rotoli che, essendo in migliori condizioni di conservazione, avrebbero potuto essere più facilmente aperti; più in generale, egli teneva ad affermare l’autorità del custode sui papiri, così come su tutti gli altri reperti archeologici custoditi nel Museo.
Di questi dissidi si trova ampia testimonianza nella Corrispondenza di Piaggio (rassegna in ordine cronologico, con indicazione degli attuali luoghi di conservazione: D’Alessandro, in Bicentenario della morte, 1997; fondamentale la rilettura complessiva che ne dà Blank, 1999), al cui interno conviene distinguere tra Lettere e Rappresentanze (contemporanee ai fatti di cui si tratta) e Memorie, a essi ovviamente posteriori (talvolta di decenni). Risulta così ridimensionata l’accusa di ripetitività, frequentemente formulata a cominciare da Domenico Bassi, autore peraltro di studi fondamentali per le ricerche di ‘archeologia museale’ su Piaggio e sui papiri ercolanesi (1907; 1908; 1921).
Le Lettere per lo più accompagnarono Disegni trasmessi a Tanucci a documentazione del lavoro svolto. Le Rappresentanze, pur sempre dirette alla segreteria di Stato, sono comunicazioni di ben più ampio respiro volte appunto a ‘rappresentare’ all’autorità superiore questioni, di norma spinose, riguardanti l’insoddisfacente organizzazione del lavoro. Cruciali sono le Rappresentanze destinate ai successivi segretari di Stato: due a Tanucci (27 dicembre 1766; 30 ottobre 1771); una a Giuseppe Beccadelli Bologna (inviata con scarsa fortuna «sui primi giorni del suo ministero» – che ebbe inizio nel 1776 – e riproposta a Giuseppe Carcani, ovviamente prima della morte di quest’ultimo, sopravvenuta il 12 novembre 1783); una a Domenico Caracciolo, in questo caso su richiesta del nuovo segretario, pervenuta a Piaggio per il tramite di Luigi Pflüger nel mese di luglio dell’anno 1786 (primo anno di carica di Caracciolo): in risposta, Piaggio inviò uno Stato de Papiri dell’Ercolano (Travaglione, 1993, pp. 71-74).
Al segretario di Stato Beccadelli Piaggio inviò anche, il 4 aprile 1777 (da Resina, ovvero dal suo indirizzo privato e non dal Museo di Portici) un progetto, completo di quattro piante, che nulla aveva a che fare con i papiri: vi si proponeva l’installazione nel reclusorio di S. Antonio (prospiciente il Museo di Portici) di una fabbrica di tele ‘calancà’ stampate a figure e fiorami di gusto orientaleggiante, incisi dallo stesso Piaggio (Travaglione, in Bicentenario della morte, 1997, p. 39). Il progetto è almeno paragonabile a quello dell’opificio di San Leucio, fondato un paio d’anni dopo in memoria del primogenito ed erede al trono, Carlo Tito, morto ancora fanciullo il 17 dicembre 1778.
Nella prima delle due serie di Memorie Piaggio intese fare il punto sulla storia del restauro dei papiri ercolanesi negli anni immediatamente seguenti il loro ritrovamento (Memorie Ludolf, scritte per il conte Guglielmo Maurizio Ludolf negli anni 1769-71); nella seconda serie (Memorie Vairo: dal nome del destinatario, don Giuseppe Vairo, del primo di cinque testi scritti tra il 1790 e il 1793) si ricordano vicende legate specialmente alle figure di Paderni (morto nel 1781), Mazzocchi (morto nel 1771) e Ignarra (che visse fino al 1808). Il conte Ludolf, sin dal 1747 incaricato d’affari e infine ministro residente del Regno di Napoli presso la Porta ottomana, fu con ogni probabilità il latore di una lettera, esemplata da Piaggio, del re Carlo al sultano Othman III (Museo nazionale di S. Martino, inv. 299; riproduzione in Iezzi, M. Gigante et al., 1980, p. 80 s.): in tale occasione aveva probabilmente avuto modo di conoscerlo e apprezzarne le doti.
I contatti con ambienti diplomatici nel Regno di Napoli costituirono certamente un conforto per Piaggio, specialmente (e molto concretamente) quelli con William Hamilton, ambasciatore della corte inglese. Su suo incarico, e per un compenso annuo di 20 sterline, egli diede inizio nel settembre del 1779 alla redazione del Diario vesuviano in cui quotidianamente registrò il comportamento del vulcano e che portò avanti fino al 1795: in otto volumi, corredato di disegni illustrativi, esso è conservato a Londra, presso la Royal Society (Knight, 1995; Travaglione, in Bicentenario della morte, 1997, pp. 39 s.). L’abitazione di Piaggio a Resina, presso la basilica della Madonna di Pugliano, offriva in effetti un eccellente punto di osservazione sul vulcano (Travaglione, 1993, pp. 62 s.).
A Piaggio risale infine un Inventario dei papiri, i cui inizi sono individuabili nella «descrizione» richiesta da Tanucci, come chiaramente attestato nella lettera del 14 aprile 1766 con cui Piaggio accompagnò «un saggio della numerazione e descrizione de papiri da me intrapresa per ordine di S.M. Quanto più mi interno nell’opera, conosco l’idea tanto più degna di V.E. e degna del più esatto compimento. Aggiungerò in appresso alle figure la corrispondente tavola numerica delle qualità etc. di ciascun volume, col mio parere circa gli inutili, quali pregherò V.E. ad ordinare che siano separati da buoni. Benché questi siano la minima parte, la repubblica letteraria con tutto ciò, perché caverà bene da buoni, e perché interest rei publicae cognosci malos sarà debitrice del doppio vantaggio non meno al bel genio, che alla vigilanza di V.E.» (Longo Auricchio - Capasso, in M. Gigante et al., 1980, p. 39).
Negli anni seguenti, Piaggio fece più volte riferimento alla «descrizione», o «inventario», che evidentemente continuò a compilare. Nella lunghissima Rappresentanza del 27 dicembre 1766 (solo parzialmente pubblicata in Bassi, 1908, pp. 287-304, e purtroppo anch’essa distrutta nel bombardamento del 1943) lamentò la resistenza opposta da Paderni a un dispaccio reale del precedente 18 novembre in cui «S.M. si degnava avvisarmi degli ordini dati al Signor Marchese Acciajuoli [intendente della Reggia di Portici] e ad esso Don Camillo, circa la stanza da consegnarsi a me libera, comodi da farvisi, chiavi degli armarj, ed inventario de’ Papiri da farsi da me». Nella Rappresentanza inviata a Tanucci il 30 ottobre 1771 si trova un preciso riferimento ad «uno degli avanzi del Coltel Genovese di d. Camillo Paderni Romano: uno di quelli che sono stati tagliati a guisa di meloni col personale intervento del medesimo d. Nicola Ignarra, come farò vedere nella descrizione generale che sto componendo in casa, e che a S. M. presenterassi a suo tempo» (p. 308). Infine, nello Stato dei Papiri dell’Ercolano del 1786 Piaggio vantò l’esperienza acquisita sui papiri ercolanesi «in occasione di averli descritti, e dissegnati coll’aggiunta del mio parere intorno a i molti, e diversi accidenti che ne permettono o impediscono lo svolgimento […] e questo sopra ciascun individuo, ed in occasione dell’assistenza da me prestata di Real ordine all’Inventario compilato dal nuovo custode [Francesco La Vega], e confrontato con la descrizione sudetta» (Travaglione, 1993, p. 71).
Con ogni probabilità, questo inventario coincide con quello (incompleto nella sua parte iniziale) rintracciato presso l’Archivio storico del Museo nazionale di Napoli (Serie Inventari antichi, n. 43; Blank - Longo Auricchio, 2000; Id. - Ead., 2002). Esso rappresenta un contributo fondamentale di Piaggio allo studio dei papiri ercolanesi: sulla sua base si potrà «sopra ciascun individuo» tentare di risalire alle unità bibliologiche originarie (i rotoli papiracei nel loro originario stato di conservazione, prima dei più o meno riusciti tentativi di apertura).
Il primo tomo degli Herculanensium Voluminum quae supersunt, contenente l’editio princeps del primo papiro svolto da Piaggio (P.Herc.1497: Filodemo, Sulla musica) apparve nel 1793.
Piaggio morì a Resina, odierna Ercolano, nel 1796, prima del 31 marzo (M. Capasso, Introduzione, in Bicentenario della morte, 1997, p. 10 s., nota 2).
Un suo ritratto, opera di Achille Jovene, fu esposto nel 1854 (per ordine del re Ferdinando II) nel Museo dei papiri, al tempo situato presso il Museo archeologico di Napoli (riproduzioni in Bassi, 1907, p. 637; Strazzullo, 2002, p. VII; https://www2.ulb.ac.be/assoc/aip/piaggio_150dpi.jpeg [11 settembre 2020]).
Fonti e Bibl.: J.J. Winckelmann, Sendschreiben von den herkulanischen Entdeckungen, Dresden 1762, passim; G.B. Cereseto, A. P., in Elogi di liguri illustri, Torino 1846, pp. 74-83; G. Castrucci, Tesoro letterario di Ercolano, Napoli 1852, pp. 10 s.; D. Comparetti - G. De Petra, La Villa ercolanese dei Pisoni. I suoi monumenti e la sua biblioteca, Torino 1883 (ed. anast. Napoli 1972), pp. 57-59, 137, 243; D. Bassi, Il P. A. P. e i primi tentativi per lo svolgimento dei papiri ercolanesi (da documenti inediti), in Archivio storico per le province napoletane, XXXII (1907), pp. 637-690; D. Bassi, Altre lettere inedite del P. A. P. e spigolature dalle sue ‘Memorie’, ibid., XXXIII (1908), pp. 277-332; Id., Illustrazioni inedite di Papiri Ercolanesi, in Aegyptus, II (1921), pp. 55-66; J. Bignami Odier, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections des manuscrits, Città del Vaticano 1973, p. 304; M. Gigante et al., Contributi alla storia della Officina dei Papiri Ercolanesi, Napoli 1980 (in partic. F. Longo Auricchio - M. Capasso, Nuove accessioni al dossier Piaggio, pp. 17-59; B. Iezzi, Un collaboratore del P.: Vincenzo Merli, pp. 71-101); C. Knight, Un inedito di padre P.: il diario Vesuviano (1779-1795), in Rendiconti del’Accademia di Archeologia lettere e belle arti di Napoli, LXII (1989), pp. 59-131; M. Capasso, Manuale di papirologia ercolanese, Galatina 1991, ad ind.; A. Travaglione, Testimonianze su padre P., in Epicuro e l’epicureismo nei Papiri Ercolanesi, Napoli 1993, pp. 53-80; C. Knight, Il diario vesuviano di padre P., in Sulle orme del Grand Tour. Uomini, luoghi, società del Regno di Napoli, Napoli 1995, pp. 153-210; Bicentenario della morte di A. P. Raccolta di studi, a cura di M. Capasso, Lecce 1997 (in partic. A. Travaglione, Padre A. P. Frammenti biografici, pp. 15-48; M. D’Alessandro, Gli scritti di A. P.: indice cronologico, pp. 51-58); D. Blank, Reflections on re-reading P. and the early history of the Herculaneum papyri, in Cronache ercolanesi, 1999, n. 29, pp. 55-82; Id. - F. Longo Auricchio, An inventory of the Herculaneum papyri from P.’s time, ibid., 2000, n. 30, pp. 131-147; Id. - Ead., Su alcuni inventari antichi dei papiri ercolanesi, ibid., 2002, n. 32, pp. 297-300; F. Strazzullo, P. A. P. e lo svolgimento dei papiri ercolanesi, Napoli 2002.