PUCCINELLI, Antonio
PUCCINELLI, Antonio. – Nacque a Castelfranco di Sotto, in provincia di Pisa, il 19 marzo 1822, da Giuseppe, sarto, e da Maria Anna Bartolini. Perse la madre quando aveva solo tredici anni. Il padre lo avviò al mestiere di sarto, ma ben presto manifestò buone capacità di ritrattista. Notato da un gruppo di mecenati del paese, gli fu offerto un sostentamento finanziario grazie al quale si trasferì a Firenze, dal 1839, per studiare all’Accademia di belle arti. Si distinse in questa istituzione tanto da ottenere, ancora una volta, un sussidio economico dal 1841 al 1847, e una sovvenzione straordinaria l’anno seguente (Bernardini - Dinelli, 2010, p. 31). Negli anni Quaranta ebbe modo di frequentare il caffè Michelangelo, noto punto d’incontro per i pittori che furono poi detti 'macchiaioli'.
Nel 1847 dipinse Ritratto del pittore Emilio Donnini e nel 1848 Curio Nuti patriota dell’anno 1848 (olii su tela entrambi a Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti), dai quali emerge la capacità di rendere gli stati emotivi dei modelli ritratti, una dote molto apprezzata dalla sua committenza (Borgogelli, 1991, p. 17 s.).
Prese parte ai moti del 1848 (Bernardini - Dinelli, 2010, p. 31 s.) e nello stesso anno partecipò anche all’esposizione della Società promotrice di belle arti di Firenze (poi anche dal 1853 al 1855, nel 1861, 1865, 1880, 1888), come risulta dai cataloghi dell’epoca. L'anno seguente si trasferì a Roma, dove rimase fino al 1852 per perfezionarsi nello studio della pittura.
Nel 1852 dipinse l’olio su tela Un episodio della strage degli Innocenti (Firenze, Galleria dell’Accademia; Bernardini - Dinelli, 2010, pp. 11 s.), seguendo i dettami che prediligeva la pittura accademica del tempo, il cosiddetto 'realismo fotografico': colori stesi a strati sottili e la cura nella definizione dei particolari. L’opera, che decretò il successo dell’artista negli ambienti ufficiali, secondo la critica fu influenzata dalla tela Strage degli innocenti di Guido Reni della Pinacoteca nazionale di Bologna (Borgogelli, 1991, p. 12). Puccinelli, riducendo la complessità e la concitazione drammatica della tela del maestro bolognese, condensa l'episodio biblico in un’unica figura di donna che fugge con il suo bambino. Il quadro venne attentamente ideato attraverso numerosi disegni e bozzetti preparatori, fra i quali si segnala un olio su tela dal medesimo titolo venduto a Roma, dalla casa d’aste Christie’s il 19 novembre 1992.
Nel 1852 realizzò l’olio Passeggiata del Muro Torto (collezione privata), appartenuto a Ugo Ojetti, nel quale la critica ha individuato i prodromi della poetica dei macchiaioli (Matucci, 2013, p. 26). L’opera costituisce un approdo, seppur non permanente, a una ricerca espressiva individuale, libera dai dettami della coeva pittura accademica.
Tra la fine del 1852 e il febbraio del 1853 Puccinelli soggiornò a Venezia, studiando e copiando la pittura veneta, Tiziano in particolare, la cui influenza è evidente nel dipinto La visita, conosciuto anche come La bagnante (1854; Firenze, collezione privata; Bernardini - Dinelli 2010, pp. 12 s.), in cui è possibile ravvisare anche lo studio delle opere di analogo soggetto di Jean-Auguste-Dominique Ingres. Di questo quadro si conosce un bozzetto, eseguito anch’esso a olio su tela, con piccolissime varianti, venduto dalla casa d’aste Farsetti di Prato il 19 aprile 2008.
A partire dai primi anni Cinquanta eseguì vari quadri per villa Careggi, allora proprietà dell’inglese Francis Joseph Sloane (Bernardini - Dinelli, 2010, pp. 31 s.). Sono tutt’ora ubicati nel salone del primo piano della villa gli olii su tela I parentali di Platone detto anche L’accademia platonica a Careggi (1854) e Cosimo riceve gli artisti e i letterati del suo tempo.
Un altro olio, Savonarola che nega l’assoluzione a Lorenzo morente, risulta disperso, ma uno studio preparatorio, sempre a olio, precedente la stesura finale di questa tela, è comparso presso la casa d’aste Finarte, a Milano, il 27 novembre 2001 (rimasto invenduto è stato successivamente aggiudicato dalla casa d’aste Farsetti, a Prato, il 7 giugno 2002).
Nella prima metà degli anni Cinquanta Puccinelli aveva uno studio a Firenze, dove lavorava anche il fratello Puccio, che lo aiutava nell’esecuzione dei dipinti, prestandosi anche come modello per vari personaggi nei soggetti storici (Bernardini - Dinelli, 2010, pp. 32 s.). Nel 1855 venne nominato accademico professore nella classe delle arti del disegno dall’Accademia di belle arti di Firenze. In questi anni intensificò i suoi soggiorni a Pistoia, frequentando soprattutto il salotto di Francesco Bartolini e della pittrice e letterata Louisa Grace, che talvolta copiava i suoi lavori (Bernardini - Dinelli 2010, pp. 34 s.).
Alla seconda metà degli anni Cinquanta è databile il ritratto, dipinto a olio su tela, La nobildonna Morrocchi (Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti), certamente influenzato dalla ritrattistica di Ingres come molte altre opere di pittori italiani in quegli anni (Bernardini - Dinelli, 2010, pp. 13 s.). Nel 1855 partecipò all’esposizione della Società promotrice di belle arti di Genova. Nel 1859 dipinse l’Assunta con s. Pietro e s. Agostino (Colle di Val d’Elsa, Museo civico e diocesano di arte sacra, in attesa di trasferimento nel complesso di S. Pietro).
Nel 1860 ottenne l’incarico d’insegnamento alla Scuola di pittura dell’Accademia di belle arti di Firenze. Nel 1861 partecipò alla I Esposizione italiana agraria, industriale e artistica di Firenze, con varie opere fra le quali si segnala il Ritratto di Vincenzo Gioberti (1861; Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti). Nel 1861 fu nominato professore di pittura all’Accademia di belle arti Bologna: in questi anni influenzò le scelte stilistiche di vari artisti, fra i quali si possono citare Luigi Busi e Raffaele Faccioli (Borgogelli, 1991, p. 16 s.).
Nel 1862 sposò Francesca Guasconi, dopo una relazione che durava da oltre dieci anni. Rimasto vedovo, nel 1865 sposò in seconde nozze Adelaide Badioli, cugina del suo allievo pistoiese Giovanni Ruffino, grazie al quale ottenne altre committenze. Nel 1865 circa dipinse due tele intitolate L’ospedale del Ceppo a Pistoia (Varese, collezione privata), raffiguranti la quotidianità delle monache narrata entro lo scenario architettonico del chiostro, quest'ultimo scandito analiticamente dalla luce e dalle ombre, in sintonia con i lavori di Silvestro Lega e Vincenzo Cabianca (Bernardini - Dinelli, 2010, pp. 14 s.). Alla metà degli anni Sessanta dipinse l’olio su tela Carlo Alberto a Oporto (Bologna, Museo civico del Risorgimento), esempio di una ritrattistica non celebrativa, ma che coglie il re in un momento di meditazione sulle sue recenti sconfitte politiche e militari, pochi mesi prima della morte (Borgogelli, 1991, p. 17 s.).
Nel 1866 fu insignito del titolo di commendatore dell’ordine della Guadalupa dall’imperatore del Messico Massimiliano. Intorno al 1869 dipinse l’olio su tela La nobildonna Elisa Silvatici Nistri, venduto dalla casa d’aste Pananti di Firenze il 19 novembre 2011 e nuovamente il 25 maggio 2012 (identificabile con certezza con quello riprodotto in Bernardini - Dinelli, 2010, p. 27, tav. 9).
Intorno al 1870 realizzò l’olio su tavola Veduta di Villa Petrocchi (Faenza, Pinacoteca comunale, depositi; Casadei, 1993, p. 27), una delle opere migliori dell’artista, per l’equilibrio compositivo delle masse cromatiche e per la resa atmosferica e poetica del borgo antico, perfettamente inserito nel paesaggio naturale.
Nel 1872 dipinse l’olio su tela Ritratto di Giovan Maria Damiani in uniforme delle guide garibaldine (Bologna, Museo civico del Risorgimento). Nel 1873 firmò e datò il quadro Chiostro dell’ospedale del Ceppo a Pistoia (Città del Vaticano, Musei Vaticani, Collezione d’arte religiosa moderna), tema sul quale si era già cimentato circa otto anni prima (Bietoletti, 2001, p. 195).
Negli ultimi anni la sua produzione diminuì sempre più: nel 1875 firmò gli affreschi della Liberazione di s. Pietro e del Martirio di s. Paolo, nella cappella degli Alluminati della chiesa della Madonna dell’umiltà di Pistoia. Nel 1891 dipinse l’olio su tela Ritratto di Pietro Tincolini (Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti). Nel 1897 chiese il pensionamento all’Accademia di belle arti di Bologna.
Morì a Firenze, il 22 luglio 1897 (Bernardini - Dinelli, 2010, pp. 38 s.).
I suoi lavori sono presenti in varie collezioni private e musei nazionali, fra i quali si segnala il Gabinetto dei disegni e stampe del Museo degli Uffizi a Firenze; inoltre sono stati esposti in molte mostre dopo la sua morte, fra le quali si segnala la XVI BIennale di Venezia del 1928.
Fonti e Bibl.: A. Borgogelli, A. P., in Dall’accademia al vero. La pittura a Bologna prima e dopo l’Unità (catal., Bologna), a cura di R. Grandi, Casalecchio di Reno 1983, pp. 185-187 (con bibliografia); L. Bassignana, P. A., in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 1991, p. 977 s. (con bibliografia); A. Borgogelli, A. P. a Bologna, in ‘800 italiano, I (1991), 2, pp. 11-19 (con bibliografia); S. Casadei, Pittura dell'Ottocento e Novecento dalle collezioni della Pinacoteca Comunale di Faenza (catal.), Faenza 1993, pp. 6, 27; C. Collina, La collezione dei dipinti a olio del Museo del Risorgimento di Bologna, in Bollettino del museo del risorgimento, XXXVIII (1993), n. monografico, pp. 9 s., 14-16, 73-76 (con bibliografia) e ad ind., tavv. 93-94; D. Durbé, Biografia, in Omaggio a A. P., a cura di D. Durbé - E. Andreoli, Roma 1997, pp. 10-14; S. Bietoletti, I macchiaioli. La storia, gli artisti, le opere, Firenze 2001, pp. 190-195; Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Catalogo generale, a cura di C. Sisi - A. Salvadori, Livorno 2008, I, tav. XLVI, II, pp. 1510 s., 2024; L. Bernardini - L. Dinelli, A. P.: l'uomo e l'artista, Pistoia 2010; B. Matucci, Dipinti d’Accademia nella raccolta Ambron, in La collezione Ambron alla Galleria d’arte moderna di Firenze, a cura di D. Liscia Bemporad - G. Lambroni, Firenze 2013, I, pp. 25-29, 40-43 (con bibliografia e documenti); F. Petrucci, I dipinti di A. P. nella sala grande al primo piano, in La villa medicea di Carreggi. Storia, rilievi e analisi per il restauro, a cura di L. Zangheri, Firenze 2014, pp. 53-55; P. Cappellini, A. P., e la genialità, in Artista. Critica d'arte in Toscana, 2014-15, pp. 168-173.