QUADRI, Antonio
QUADRI, Antonio. – Nacque a Vicenza il 15 marzo 1776 da Domenico, esattore delle imposte, e da Teresa Meneghi.
La famiglia era giunta a Vicenza da Lugano all’inizio del Settecento. Il fratello minore, Giovanni Battista (1780-1851), divenne un famoso medico e fondò la clinica oftalmoiatrica di Napoli.
Non sono noti invece gli studi di Antonio, che tuttavia nei suoi scritti appare dotato di solida cultura umanistica, economica e giuridica.
Giunto a maggiore età nella turbolenta fase successiva alla caduta della Repubblica di Venezia, Quadri prese parte nel 1799 alla campagna d’Italia come commissario arruolato nelle truppe austro-russe del generale Aleksandr Suvorov. Nell’aprile del 1800 succedette al padre come deputato al quintello, ovvero esattore in appalto delle tasse di successione, e a settembre venne nominato assistente al segretario dell’Intendenza di finanza di Vicenza. Nello stesso anno sposò a Vienna la triestina Francesca De Giuliani, con la quale ebbe negli anni immediatamente successivi tre figli, uno dei quali, Domenico (1801-1843), sarebbe diventato un apprezzato teorico di armonia.
Dopo il ritorno dei francesi, nel 1806 fu nominato conservatore del registro e nel 1807 viceprefetto nel dipartimento del Bacchiglione, dapprima ad Asiago e dal settembre dello stesso anno a Bassano, dove rimase fino al ritorno degli austriaci. Qui si occupò di istituire le scuole elementari e normali, nonché di imporre la coscrizione e mantenere l’ordine pubblico minacciato dai numerosi disertori datisi alla macchia e dal gran numero di poveri che affluivano in città, contro i quali promulgò nel 1810 il bando della questua.
Nell’aprile del 1809, tuttavia, di fronte a un’incursione di soldati austriaci e insorti tirolesi, abbandonò la città assieme alla guarnigione francese. In seguito a questo episodio fu descritto come «pusillanime» (I carteggi..., 1965, p. 101) nella relazione che il generale Pietro Polfranceschi inviò in ottobre al governo di Milano. Ne conseguì una battuta d’arresto nella sua carriera: «Bassano, che all’inizio per lui rappresentava una promozione promettente, si trasformò in una specie di confino» (Geronazzo, 2013, p. 367). Il suo matrimonio entrò in crisi e le voci circa una sua relazione con una donna bassanese sposata non giovarono alla sua immagine pubblica. La causa di adulterio che a sua volta intentò contro la moglie si concluse con la concessione del divorzio da parte del patriarcato di Venezia nel 1810 e con la restituzione da parte di Quadri della dote nel 1812.
All’arrivo a Bassano delle truppe austriache della sesta coalizione antinapoleonica nel 1813, abbandonò nuovamente la città, lasciando allora al podestà Giuseppe Bombardini la gestione delle emergenze legate al conflitto. In seguito a questo episodio, pur avendo ripreso l’incarico a Bassano a guerra conclusa, venne ufficialmente dimissionato dal governo austriaco nel marzo del 1814 e sostituito con lo stesso Bombardini. Dopo un incarico temporaneo di segretario aggiunto presso la commissione istituita dal governo austriaco a Milano per conoscere l’amministrazione delle requisizioni tenute dalle prefetture, riuscì a ottenere nel dicembre del 1815 dal governatore delle province venete Peter von Goess la nomina a segretario di governo.
Nel momento in cui si vide riconosciuta la nuova posizione, Quadri era già da qualche mese responsabile informale di una prima rilevazione statistica degli enti e delle istituzioni pubbliche, nonché dei monumenti e delle collezioni artistiche, richiesta dallo stesso governatore all’atto della sua entrata in carica. Nel marzo del 1818 tale funzione divenne ufficiale con la nomina del segretario di governo a commissario straordinario alla statistica per la delegazione (già prefettura) di Venezia, nonché a coordinatore generale dei suoi omologhi per tutte le delegazioni venete. Compiti dei commissari erano la compilazione e il futuro aggiornamento delle statistiche provinciali. A corredo dei primi volumi, inviati a Vienna nell’ottobre del 1818, Quadri redasse un prospetto riassuntivo e «una grande relazione, di gusto e di modello settecentesco, non destinata forse nelle intenzioni e nelle speranze dell’autore a rimanere inedita» (Berengo, 1992, p. 403). In quel periodo, infatti, Quadri avviò un’intensa attività pubblicistica, che in seguito sarebbe diventata per lui anche un’importante fonte di reddito aggiuntivo.
Il primo scritto fu in realtà pubblicato, in seguito al riconoscimento del secondo premio a una sua memoria in risposta al quesito pubblicato dall’Accademia delle scienze di Padova, nelle Memorie che ebbero i premi e l’“accessit” in risposta al quesito «Qual sia il mezzo migliore ed il più economico di provvedere alla sussistenza e alla educazione de’ figli abbandonati» (Padova 1819, pp. 121-186). Contemporaneamente, Quadri veniva elaborando le informazioni raccolte nel 1815 in occasione della rilevazione dei monumenti di Venezia in un piccolo volume in sedicesimo rivolto ai visitatori, che riscosse notevole successo. Gli Otto giorni a Venezia, parte prima (Venezia 1821), ebbero quattro riedizioni in lingua italiana (1824, 1830, 1839 e 1842), quattro in francese (1823, 1828, 1838, 1847) e una in tedesco (1838). La seconda parte era costituita dal Compendio della storia veneta diviso in otto epoche (Venezia 1822), rielaborazione dello Stato presente della Repubblica di Venezia, opera anonima del 1774 attribuita ad Apostolo Zeno. Il Compendio ebbe pure due riedizioni (1826 e 1842) e una traduzione in francese nel 1831.
Quadri tentò di ripetere l’operazione con Le dieci epoche della storia d’Italia antica e moderna (Milano 1826), nei cui cinque volumi intendeva riassumere l’Istoria d’Italia antica e moderna di Luigi Bossi del 1819. Quello che era di fatto un tentativo di speculazione incorse, tuttavia, negli strali dell’ufficio veneziano della censura, che Quadri invano aveva tentato di scavalcare. Il primo volume fu sequestrato e, nonostante l’autorizzazione a pubblicarne un’edizione emendata, l’opera rimase incompiuta. Negli anni successivi Quadri pubblicò un’edizione ridotta (Quattro giorni a Venezia, Milano 1827) e descrizioni illustrate in ottavo di singoli monumenti già compresi negli Otto giorni a Venezia: Il Canal Grande di Venezia (Venezia 1828); La Piazza San Marco (Venezia 1831); I due templi de’ Santi Giovanni e Paolo e di Santa Maria gloriosa detta de’ Frari (Venezia 1835). Ultima di tali operazioni fu la Descrizione topografica di Venezia e delle adiacenti lagune (Venezia 1844).
Nel corso degli anni Venti, videro la luce anche i dati raccolti nel 1818: Quadri ne fece precedere la pubblicazione da una Storia della statistica dalle sue origini alla fine del secolo XVIII (Venezia 1824). Il sottotitolo del volume dichiarava che doveva «servire d’introduzione» a quello che fu il Prospetto statistico delle provincie venete (Venezia 1826), un’esposizione ragionata dei dati che solo dopo la dettagliata rielaborazione richiesta dalla censura poté infine essere pubblicato, seguito poco dopo dal relativo Atlante di LXXXII tavole sinottiche (Venezia 1827). Il governo acquistò peraltro duecento copie dell’Atlante, esplicitando in tal modo l’assenso all’iniziativa di Quadri di «pubblicare col proprio nome e per proprio conto le risultanze di un’inchiesta governativa i cui dati erano rimasti sino a quel momento strettamente riservati» (Berengo, 1992, p. 406).
Nonostante le diffuse diffidenze nei suoi confronti, l’attività di pubblicista di Quadri fu quindi segnata dal successo, riconosciuto con l’ammissione a membro ordinario o corrispondente dell’Accademia delle scienze di Padova, dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti, dell’Ateneo veneto, dell’Accademia delle scienze di Torino, e infine con la nomina onorifica a consigliere imperiale nel 1841.
La partecipazione alla vita delle accademie connotò le sue pubblicazioni più tarde, da quella Sopra il tema proposto dalla R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena ne’ seguenti termini: far conoscere l’odierno impero della moda anche nelle azioni e ne’ principj, e gli effetti perniciosi di questa invasione, Modena 1846 (premiata nel concorso del 1843), alla memoria Sulle scoperte di Champollion e di Rossellini nella esplorazione dei monti egiziani, in Atti dell’I. R. Istituto veneto di scienze lettere e arti, s. 1, 1845-1846, vol. 5, pp. 518 s.
Anche la sua vita personale divenne più stabile dopo il secondo matrimonio nel 1825 con Cristina Lindlau, figlia di un ufficiale di artiglieria austriaco, con la quale ebbe altri sei figli. Al periodo della maturità si riferiva quindi molto probabilmente Sebastiano Rumor (1907) quando di lui scrisse che «passò una vita così fortunata che molti lo invidiarono» (p. 598), a dispetto di una posizione modesta nell’amministrazione pubblica.
Morì a 73 anni il 20 agosto 1849 a Venezia, nell’epidemia di colera scoppiata durante l’assedio alla città da parte delle truppe austriache in seguito alla proclamazione della Repubblica di S. Marco.
Fonti e Bibl.: La fonte privilegiata di notizie sulla famiglia, sulla carriera e sulle pubblicazioni sono le suppliche dello stesso Quadri in Archivio di Stato di Venezia, Imperial regia commissione araldica, b. 135; Presidio di governo, 1815-19, III 3/1, b. 76; 1820-23, XIV 6/14, b. 290; 1830-34, IX 3/47, b. 3760; 1825-29, XIV 2/4, b. 512. Su Quadri si vedano inoltre: M. Testolini, Cenni sulla vita e sulle opere di A. Q., Venezia 1887; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secoli decimottavo e decimonono, II, Venezia 1907, pp. 598-600; e soprattutto M. Berengo, A. Q. e le statistiche venete della Restaurazione, in Studi veneti offerti a Gaetano Cozzi, Treviso 1992, pp. 392-395. Sulla permanenza a Bassano: la citata relazione di P. Polfranceschi del 19 ottobre 1809, in I carteggi di Francesco Melzi d’Eril, duca di Lodi, a cura di C. Zaghi, VIII, Il Regno d’Italia, Milano 1965, pp. 98-110; L. Antonielli, I prefetti dell’Italia napoleonica. Repubblica e Regno d’Italia, Bologna 1983, ad ind.; D. Geronazzo, Bassano napoleonica, in Storia di Bassano, coordinamento generale di G. Berti, II, L’età moderna, a cura di P. Preto, Bassano 2013, pp. 361-407.