RAIMONDI, Antonio
RAIMONDI, Antonio. – Nacque a Milano il 19 settembre 1824, e non 1826 come fino al 1990 hanno sempre indicato tutte le biografie prima che i coniugi Marco e Giovanna De Poli ritrovassero l’atto di battesimo nella sacrestia del Duomo (Carbone, 1990). Era il terzultimo dei sette figli di Enrico e Rebecca Dell’Acqua: uno dei fratelli, Timoleone (gemello di Carlo, che studiò all’Accademia orientale di Vienna prima di entrare in diplomazia), fu missionario prima per sei anni in Oceania e poi, per trentasei anni, a Hong Kong, di cui fu consacrato vescovo.
Compì i suoi primi studi nella città natale, dimostrando fin da ragazzo una spiccata passione per le scienze naturali e la chimica e compiendo diverse gite ed escursioni di studio nell’alta Lombardia per osservare e studiare i laghi e le torbiere, i giacimenti di lignite e le cave di marmo, le piante e i fossili, le rocce e i minerali.
Nel 1848 prese parte alle Cinque giornate di Milano, partecipando, come volontario nei bersaglieri lombardi di Luciano Manara, prima alla battaglia di Novara e poi alla difesa di Roma, dove rimase, dopo la caduta della Repubblica, vivendo clandestinamente e di ripieghi. Lasciò la città e l’Italia gli ultimi giorni del 1849, quando decise di andare in Sudamerica per visitare i Paesi della zona intertropicale imbarcandosi a Nizza sul brigantino Industria assieme a tre altri giovani, fra cui Alessandro Arrigoni, un medico al quale sarebbe rimasto legato per tutta la vita e che lo assistette in punto di morte.
Dopo aver affrontato e superato una spaventosa tempesta all’altezza di Capo Horn, il 28 luglio la nave gettò l’ancora nel porto di Callao, da dove Raimondi e i suoi compagni si trasferirono nella vicina Lima. Fin dall’inizio fu ben accolto nella buona società limegna, nella quale gli italiani godevano di una grande considerazione.
Cayetano Heredia, direttore del Colegio de la Independencia, trasformato poi in Escuela de medicina, lo incaricò dell’ordinamento e della classificazione delle collezioni zoologiche, geologiche e mineralogiche del gabinetto di fisica e di storia naturale e gli affidò, nel 1851, la cattedra di storia naturale. Nel 1855 il Colegio divenne facoltà di medicina dell’Università di San Marcos e l’anno successivo Raimondi fu designato professore titolare di storia naturale medica per passare poi, nel 1865, alla cattedra di chimica analitica, istituita appositamente per lui.
Nel 1851 cominciarono anche i suoi numerosi viaggi, che lo condussero in quell’anno nei dintorni di Lima e lungo la costa verso nord fino a Huacho e verso sud fino a Chilca; mentre l’anno successivo raggiunse le montagne di Chanchamayo e attraversò per la prima volta la Cordigliera e nel 1853, assieme a una commissione governativa, si recò a visitare le Chincha, le celebri isole del guano, per calcolarne la quantità e studiarne l’origine. Alla fine dello stesso anno fu mandato in missione a Tarapacá per studiarvi gli enormi depositi di salnitro, scoprendo anche un nuovo minerale, un cloruro di sodio e d’argento, che chiamò huantajayite.
Nel 1855 compì un nuovo viaggio verso le montagne di Chanchamayo e poi interruppe momentaneamente i suoi viaggi per preparare per i suoi allievi un testo di botanica applicata alla medicina e all’industria, limitandosi a compiere, nel 1856, solo alcune escursioni nei dintorni di Lima. L’anno successivo arrivò al crepaccio del fiume Chillon e attraversò la Cordillera dal passo della Vedova per entrare nella zona mineraria di Cerro de Pasco e dirigersi quindi alla volta di Huanuco e delle montagne di Chinchao. Nel 1858, passando per Jauja, la valle di Huancayo, Huancavelica e Ayacucho, si recò a Cuzco, visitando anche le rovine di Sacsahuamán, e nella valle di Santa Ana, dove scorre l’Urubamba, e si spinse fin nella regione abitata dagli Indios Anti o Campa. Sempre in quello stesso anno, incaricato dal governo di riconoscere una miniera di carbone a sud di Payta, visitò la Costa da Augjas fino a Tumbes.
Dal 1859 ebbero inizio i viaggi di lunga durata nel corso dei quali Raimondi percorse più di 2000 leghe per ogni itinerario. Nel corso del primo attraversò il Perù settentrionale percorrendo la zona costiera fino a Cajamarca prima di inoltrarsi nelle quasi sconosciute plaghe dell’Amazzonia, visitando una parte dei bacini dello Huallaga, del Marañón e dell’Ucayali, che appurò essere un ramo sorgentifero del Río Nupe. Durante il viaggio di ritorno ebbe l’opportunità di osservare, fra l’altro, nel dipartimento di Ancash, alcuni monumenti sepolcrali, che ritenne anteriori alla civiltà inca, e presso il villaggio di Chavín visitò le importanti rovine del cosiddetto Castillo, percorrendone in tutti i sensi l’intricato labirinto.
Nel maggio del 1862 si propose di attraversare il territorio compreso tra i fiumi Lurín e Cañete costituito da grandi e spopolati deserti e percorrere la zona costiera tra Lima e Tacna, visitando Arequipa e giungendo fino a Puno, sulle rive del lago Titicaca, dove poté ammirare i resti del Palacio del Inca e, nell’isola di Coati, le rovine del tempio della Luna. Nella seconda metà del 1864 proseguì alla volta della provincia di Carabaya, nota per le sue ricche miniere d’oro, e del Río Sangabán, visitando tutta la zona costiera del Titicaca e il suo emissario, il Desaguadero, e le celebri rovine preincaiche di Tiahuanaco, e spingendosi fino a La Paz, sede del governo boliviano. Si diresse poi verso Cuzco, che visitò nuovamente, prima di scendere nelle ricche valli dell’Urubamba e del Paucartambo, girovagando quindi nel dipartimento dell’Apurimac, dove corse il rischio di venire ucciso da amerindi ubriachi. Nel 1865 visitò ancora una volta Arequipa per tornare a Lima passando per Ayacucho e nel 1866 intraprese un’altra esplorazione nel Perù centrale tra le montagne di Huancayo e Huanta per studiare le produzioni naturali di quelle zone e determinare il punto in cui confluiscono i fiumi Mantaro e Apurimac, riuscendo anche a raccogliere un piccolo vocabolario della lingua dei Campas.
Tra il 1867 e il 1869, quando venne nominato direttore dell’orto botanico di Lima, compì l’ultimo suo grande viaggio, recandosi inizialmente a Cerro de Pasco, una città costruita su un bacino montano, per studiare la geologia di quel territorio, dal quale per molti secoli si erano ricavate immense quantità di argento. Si spinse poi fino a Huánuco e sui monti del Pozuzo, tornò a Cerro del Pasco e si recò a Huacho e nella valle attraversata dal fiume Pativilca; quindi, entrato nella provincia di Huaráz, penetrò nel cosiddetto Callejón de Huaylás, la popolosa vallata del Río Santa, chiusa tra la Cordillera Blanca e la Cordillera Negra. Da qui scese alla costa per visitare le fiorenti piantagioni di canna da zucchero a Trujillo e a Chicama, raggiungendo quindi Lambayeque e Cajamarca. Tornato a Lambayeque, proseguì verso nord fino al dipartimento di Piura attraverso l’ampia zona desertica del Perù costiero settentrionale, in parte coperta da dune sabbiose, visitando le lagune di Mishacocha e di Yanahuanga. Valicata quindi la Cordigliera, scese nei dipartimenti di Amazonas e di Loreto e, navigando lungo lo Huàllaga e il Marañón, parte in canoa e parte su un vapore, giunse a Iquitos, un porto fluviale collegato da servizi di navigazione con Manáus e Pará sul Rio delle Amazzoni e con Yurimaguas sullo Huallaga. Ripresa la navigazione dopo pochi giorni, si spinse fino a Tabatinga, primo centro brasiliano che si incontra scendendo il grande fiume. Il viaggio di ritorno fu realizzato passando nuovamente per Iquitos e Yurimaguas, per risalire poi in canoa il Río Shanusi e seguire infine un itinerario che gli offrì la possibilità di visitare Moyobamba, Chachapoyas e Huayabamba. Al ritorno da questo viaggio, il 2 settembre 1869 sposò Adele Loli Castañeda, una creola conosciuta a Huaráz, con cui ebbe tre figli (Enrique, Maria Antonieta ed Elvira) e che gli sarebbe sopravvissuta per quasi quarant’anni.
Nel corso di tutti questi viaggi, dai quali seppe ricavare una grande quantità di materiali scientifici, notizie e dati concernenti la geologia, l’orografia, l’idrografia, il clima, la flora, la fauna, le ricchezze minerarie e le popolazioni di tutto il territorio peruviano, compì inizialmente un notevole numero di osservazioni barometriche e di rilievi sommari basati sulle distanze, che seppe stimare approssimativamente in base al tempo impiegato a percorrerle, e sulle direzioni seguite, delle quali prendeva nota con grande cura; mentre, dopo aver acquistato gli strumenti necessari, prese direzioni e angoli tra punti conosciuti riuscendo in questo modo a realizzare una vera triangolazione e a collegare i suoi itinerari con basi più sicure. Tutte queste determinazioni gli sarebbero servite per redigere una grande carta del Perù in 34 fogli, alla scala di 1:1.500.000, di cui si sentiva grandemente la mancanza, che venne completata e pubblicata nel 1894, molti anni dopo la sua morte.
Negli ultimi anni della sua vita si dedicò all’ordinamento e allo studio delle sue collezioni, per poi iniziare, sulla scorta dei tanti libretas di appunti che aveva redatto nel corso dei suoi viaggi, la grande opera El Perù, che avrebbe dovuto essere composta di una ventina di grossi volumi, comprendenti sei parti, dedicate in sequenza a geografia, geologia, mineralogia, botanica, zoologia ed etnologia del Perù. Nel 1874 venne pubblicato il primo volume, comprendente il piano generale dell’opera, una serie di consigli per chi avesse voluto compiere viaggi scientifici nel Perù e la relazione dei viaggi realizzati da Raimondi, seguito nel 1876 dal secondo volume concernente la storia della geografia del Perù e nel 1879 dal terzo, contenente la storia delle esplorazioni compiute nel Paese dal 1511 al 1878. Lo scoppio della guerra con il Cile costrinse tuttavia il governo a interrompere la pubblicazione di questa grandiosa opera.
Nonostante si fosse visto ridotto quasi all’indigenza, perché il governo non riusciva più a pagargli puntualmente lo stipendio, nel 1888 venne designato dal governo nella commissione che avrebbe dovuto risolvere l’annosa questione dei confini con l’Ecuador, oltre che nella Giunta consultiva delle miniere. Il progressivo peggiorare delle sue condizioni di salute, aggravate anche dai problemi provocati dalle condizioni della moglie, da tanti anni inferma di mente, lo convinsero a trasferirsi, nel giugno del 1890, a San Pedro de Pacasmayo, dove però si ammalò di pleurite e morì il 26 ottobre.
La salma venne portata a Lima dove il feretro, coperto dalla bandiera italiana e peruviana e accolto da tutte le maggiori autorità politiche e culturali della Repubblica e da una moltitudine immensa di persone, ricevette funerali solenni e commoventi e ora si trova nel cimitero presbitero Maestro in un mausoleo edificato in suo onore.
Dell’opera El Perù venne pubblicato ancora solo un volume, il quarto, relativo alla geografia fisica; ma diversi studiosi avrebbero continuato a occuparsi dei copiosi materiali scientifici da lui lasciati pubblicando, soprattutto nel Bollettino della Società geografica di Lima, una serie di importanti lavori. A questo riguardo vanno segnalati soprattutto l’edizione dei cinque volumi delle Notas de viaje, apparsi tra il 1942 e il 1950, e quella degli appunti di viaggio curata da Jorge Guillermo Llosa (Viajes por el Perù, Lima 1966); nonché le Apreciaciones personales. Cartas a Miguel Colunga (1859-1868; Lima 1991), e l’Epistolario, 1849-1890 (Lima 2005).
Per l’importanza dei suoi studi e delle sue ricerche ricevette numerosi riconoscimenti da parte di governi, società scientifiche e studiosi di tutte le parti del mondo: la Società geografica italiana gli conferì nel 1871 una medaglia d’oro; la Società italiana di antropologia lo nominò socio onorario; le società geografiche di Londra, New York, Lisbona e Madrid lo nominarono socio corrispondente, come pure la Società antropologica di Londra e la Società Humboldt di Città di Messico.
Nel 1910 nella piazza Italia di Lima gli venne dedicato un monumento, che lo raffigura con la lente di ingrandimento occupato a osservare un frammento di roccia.
Opere. Ai tanti articoli pubblicati sulle riviste (per i quali v. Balta, 1926) aggiungiamo i saggi: Exposición sobre la decadencia del ramo de la mineria, Lima 1858; Apuntes sobre el mineral de Hualgayoc, Lima 1861; Análisis de las aguas termales de Yura, aguas minerales de Jesús y aguas potables de Arequipa, Lima 1864; El departemento de Ancash y sus riquezas minerales, Lima 1873 (analisi di 546 campioni di minerali, accompagnata da una carta della regione); Minerales del Perù, Lima 1878 (catal. ragionato, tradotto anche in francese, dei 656 esemplari inviati all’Esposizione internazionale di Parigi); Las aguas minerales del Perù, Lima 1882; Las minas de oro de Carabaya, Lima 1883; Memoria sobre el Cerro de Pasco y la montaña de Chanchamayo, Lima 1885.
Fonti e Bibl.: Onoranze funebri ad A. R. Notizie raccolte da giornali di Lima e da particolari comunicazioni, in Bollettino della Società geografica italiana, XXVIII (1891), pp. 7-15; J. Balta, La labor de R., Lima 1926 (studio bibliografico sulle opere di Raimondi pubblicate dal 1853 in poi); E. Janni, Vita di A. R., Milano 1940; G. Massa, Omaggio ad A. R., Roma 1947; R. Riccardi, A. R., esploratore e geografo del Perù, in Bollettino della Società geografica italiana, s. 7, XII (1947), pp. 9-23; C. Busto Chavez, La vida y la obra del sabio A. R. dell’Acqua, Lima 1949; Omaggio ad A. R. in occasione del primo centenario della pubblicazione di “El Perù”, 1874-1974, Roma 1974; G. Marini-Bettolo, A. R. scienziato, in Nuova Antologia, maggio 1975, pp. 72-80; T. Santillana, Los viajes de R., Lima 1989; F. Carbone, Valeva un Perù, in Panorama, 14 ottobre 1990, pp. 254-260; A. Aimi - L. Laurencich Minelli, Itinerari antropologici e americanistici nella Milano dell’Ottocento (1838-1867) e una memoria inedita di A. R., in Temi colombiani, III, Roma 1991, pp. 105-142; N.B. Weiss, A. R., Lima 1995; G. Bonfiglio, A. R. L’Italiano che esplorò il Perù, Torino 2008.