SANFILIPPO, Antonio
SANFILIPPO, Antonio. – Nacque a Partanna, in provincia di Trapani, l’8 dicembre 1923, secondogenito di Emanuele, maestro elementare, e di Maria Fedele Pisciotta.
Grazie al sostegno della madre, nel 1938 lasciò gli studi magistrali, cui l’aveva costretto il padre, per iscriversi al liceo artistico di Palermo. Qui ebbe come insegnanti Michele Dixit e Guido Ballo e, come compagni di studio, Ugo Attardi e Pietro Consagra, con il quale condivise un iniziale interesse per la scultura. Nel 1942, con la scultura Testa di fanciulla, ottenne il secondo premio alle finali nazionali dei Ludi dell’arte a Firenze. Lì s’iscrisse nell’autunno dello stesso anno all’Accademia di belle arti, dove iniziò a seguire il corso di pittura tenuto da Felice Carena, abbandonando la pratica della scultura.
Tra il 1943 e il 1944, costretto a rientrare a Partanna a causa della guerra, insegnò disegno presso il locale istituto magistrale. Alla fine del 1944, si trasferì a Palermo per frequentare l’Accademia di belle arti.
Nella primavera del 1945, insieme a Renato Guttuso e ad altri, prese parte alla mostra «L’arte per l’elevazione sociale della Sicilia», organizzata dalla federazione del Partito comunista di Palermo. Nel giugno dello stesso anno, tenne la sua prima mostra personale nella sede locale dell’AIR (Architetti Ingegneri Riuniti).
Nel 1946, s’iscrisse al Partito comunista italiano (PCI). Dopo un’altra estate trascorsa a Partanna, in cui misurò definitivamente il distacco tra sé e l’ambiente familiare, decise di trasferirsi a Roma, stabilendosi in uno studio in via Flaminia, non lontano da via Margutta, dove iniziò a frequentare l’atelier di Guttuso, punto d’incontro per gli artisti e gli intellettuali della capitale in quegli anni. Alla fine dell’anno, grazie a uno scambio internazionale organizzato dal Fronte della gioventù e dall’Union nationale des étudiants de France, partì per Parigi. Quel viaggio gli consentì un primo importante sguardo sull’avanguardia artistica europea, soprattutto sulle ricerche postcubiste che si erano rapidamente affermate Oltralpe alla fine della guerra.
Il 15 marzo 1947, sottoscrisse, insieme a Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli e Giulio Turcato, un testo programmatico a favore dell’arte astratta che venne pubblicato il mese successivo sul primo, e unico, numero della rivista Forma. In questo scritto, considerato da allora come manifesto di fondazione del gruppo Forma 1, i giovani artisti romani riaffermarono la loro fede politica marxista, rivendicando al contempo come unico fine del loro lavoro la creazione di forme astratte e libere da qualsiasi obbligo di rappresentazione della realtà, contro le indicazioni allora pubblicamente asserite dal Partito comunista.
Questa propensione di Sanfilippo verso l’arte d’avanguardia lo spinse presto ad aderire all’Art Club, associazione artistica internazionale, guidata da Joseph Jarema ed Enrico Prampolini. Nel dicembre del 1947, divenne socio collaboratore e, da quel momento, partecipò a pressoché tutte le esposizioni annuali dell’associazione e alle altre iniziative da questa promosse a sostegno delle ricerche dell’arte ‘non oggettiva’.
Lungo gli anni Cinquanta Sanfilippo espose con l’Art Club alla mostra «Arte astratta in Italia» (Galleria di Roma, marzo-maggio 1948); alla «Terza mostra annuale» (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, marzo-aprile 1949); alla «I Mostra internazionale» (Torino, Palazzo Carignano, maggio-giugno 1949); alla «3ª Mostra internazionale arte d’oggi» (Firenze, Palazzo Strozzi, giugno 1949); alla grande esposizione «Arte astratta e concreta in Italia - 1951» (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, febbraio 1951); all’«Exposition internationale d’art abstrait» (Montecarlo, Ancien sporting-club, aprile-maggio 1951); alla «6a Mostra annuale» (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, marzo-aprile 1952); alla «Mostra nazionale d’arte astratta» (Catania, Circolo artistico, giugno 1952); all’esposizione «Arte astratta italiana e francese» (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, aprile-maggio 1953); alla «Mostra nazionale d’arte astratta» (Macerata, marzo 1954); alla mostra «Le arti plastiche e la civiltà meccanica» (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, maggio-giugno 1955); alla 93a Mostra dell’Art Club, «Nazionale d’arte contemporanea» (Venezia, Sala Napoleonica, luglio-agosto 1955) e alla 94a Mostra dell’Art Club, «Rassegna di artisti romani» (Livorno, Casa della cultura, novembre 1955); alla mostra «Pittori tedeschi e italiani contemporanei» (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, aprile-maggio 1958, poi trasferita a Leverkusen e Baden-Baden). In quegli anni numerose furono anche le sue partecipazioni ad altre mostre collettive e a premi, come, ad esempio, al premio nazionale di pittura Golfo della Spezia a Lerici (1950, 1954, 1959); al premio nazionale di pittura F.P. Michetti a Francavilla a Mare (1950, 1951, 1954, 1959), e al premio Lissone internazionale per la pittura (1959).
Grazie all’interessamento di Prampolini, nel 1948 venne invitato a esporre un’opera alla Rassegna nazionale di arti figurative, prima edizione nel dopoguerra della Quadriennale di Roma. Lo stesso anno una sua Composizione fu accettata alla XXIV Esposizione Biennale internazionale d’arte di Venezia. Nel 1949 sposò a Trapani Carla Accardi.
In quegli anni, la sua pittura si accostò ancora di più all’astrattismo neoconcretista, anche a seguito del secondo viaggio a Parigi nel 1951, durante il quale incontrò, tra gli altri, Alberto Magnelli e Hans Hartung. Suggestionato da queste ricerche, scrisse nei suoi appunti: «Togliere dai quadri l’idea centrale della figura e fare una pura ripetizione. La forma prestabilita come figura, personaggio, animale, scompare, e il valore del quadro è dato da una superficie il più possibile monotona e ripetuta, a cui si sovrappongono segni vivaci, forti, di grande qualità» (Antonio Sanfilippo..., 2007, p. 312).
Tra il marzo e l’aprile del 1951, Sanfilippo tenne la sua prima mostra personale a Roma presso la libreria-galleria d’avanguardia Age d’Or.
Il 2 ottobre 1951 nacque a Trapani la figlia Antonella.
Nel 1952 ebbe inizio la sua collaborazione con il gallerista Carlo Cardazzo e con il critico Giuseppe Marchiori. Il 5 luglio si aprì, infatti, alla galleria del Cavallino di Venezia l’esposizione «Antonio Sanfilippo». Nel suo testo in catalogo, Marchiori registrò prontamente il cambiamento che stava interessando la pittura di Sanfilippo, un cambiamento che lo stava portando verso l’isolamento di quel segno che sarebbe stato al centro del suo lavoro maturo. Le opere in mostra, come Mondo e uomo e Un principio, entrambe del 1952, smorzato il rigore dell’astrazione geometrica, sembrarono al critico generare uno «spazio quasi ‘atmosferico’ [...]. Ora gli elementi che la determinano in un piano astratto non appartengono soltanto alla divina proporzione: sono forme che si aggregano o si disgregano in continui rapporti dimensionali e tonali, costruendo una spazialità non misurabile e pur modulata nella luce che la rivela» (G. Marchiori, in Antonio Sanfilippo, pieghevole della mostra, galleria del Cavallino, Venezia, 5-18 luglio 1952).
A metà di quel decennio, Sanfilippo ebbe modo di presentare molti dei nuovi lavori in una serie di mostre personali: alla galleria Schneider di Roma (marzo-aprile 1954), alla galleria del Naviglio di Milano (febbraio 1955), alla galleria delle Carrozze di Roma (aprile-maggio 1955) e, sempre a Roma, alla galleria La Medusa (maggio 1955). Nei quadri presentati allora per la prima volta al pubblico, i segni risultano notevolmente ridotti sia nelle dimensioni, sia nella gamma cromatica, spesso limitata al nero, al bianco e al rosso. Le superfici sono il più delle volte attraversate e saturate da un fitto reticolo di linee, che l’artista tracciava con una ‘pennellessa’, un pennello da lui costruito con la base allargata e le setole più distanziate rispetto a un pennello tradizionale. Metropoli, Città americana, Piccola metropoli sono alcuni dei titoli che diede allora alle sue tele: titoli che, come osservò per la prima volta Virgilio Guzzi e come venne sottolineato dalla critica successiva, suggeriscono un interesse per la tematica urbana, per la topografia della città come «luogo di un infinito sovrapporsi di tracce, di segni fisici e impulsi emotivi» (Antonio Sanfilippo..., 2001, p. 32).
I lavori di quegli anni, caratterizzati da una gestualità più accesa e una gamma cromatica semplificata, attirarono anche l’attenzione del critico francese Michel Tapié. Nel 1956, infatti, questi incluse per la prima volta Sanfilippo tra i rappresentanti dell’art autre nel suo volume Esthétique en devenir (Antonio Sanfilippo..., 2015, p. 167). Il suo nome comparve allora accanto a quello dei pionieri della nuova estetica, che includeva esponenti dell’informel francese e dell’action painting americana, tra cui Mark Tobey, Jean Fautrier, Clyfford Still, Wols, Jackson Pollock, Jean Dubuffet, Willem De Kooning e Georges Mathieu, e artisti italiani come Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri, Luigi Spazzapan, Carla Accardi, Gianni Dova e Franco Garelli.
A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, Sanfilippo prese parte ad alcune importanti esposizioni all’estero. Nell’aprile del 1957 tre sue opere furono presentate da Lionello Venturi a New York nella mostra «Trends in watercolors today» presso il Brooklyn Museum. Nel 1958, venne invitato da Tapié a Osaka, in Giappone, per la mostra «Gutai 9. The international art of a new era (informel and gutai)», nella galleria ospitata dentro i grandi magazzini Takashimaya. Lo stesso anno prese parte a giugno all’esposizione «Pintura italiana contemporanea» alla Galeria Antonio Souza a Città del Messico. A luglio del 1958 espose per la prima volta in Svizzera con una mostra personale presso L’Entracte galerie d’art moderne di Losanna e, alla fine dell’anno, una sua opera, Personaggio del 1957, venne esposta negli Stati Uniti in occasione della mostra «The 1958 Pittsburgh bicentennial international exhibition of contemporary painting and sculpture» al Carnegie Institute. Nel 1960 fu tra gli artisti invitati a esporre alla mostra «Contemporary italian art» all’Illinois Institute of technology e alla Frumkin Gallery di Chicago.
A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Sanfilippo compose le prime immagini articolate lungo lo spazio verticale della tela e tornò, in alcuni casi, a utilizzare il colore, abbandonando il più severo monocromo che aveva caratterizzato taluni lavori del 1955 e del 1956. Fu a queste nuove opere che pensò certamente Cesare Vivaldi quando inserì l’artista nel suo contributo intitolato Nuova figurazione per la giovane arte italiana, comparso sul n. 3-4 della rivista L’Esperienza moderna nel dicembre 1957. Fu, in effetti, proprio allora che Sanfilippo formulò i primi esempi di una nuova concezione dello spazio dei suoi quadri, con la creazione di figure chiuse e più chiaramente definite entro cui giungono a raccogliersi agglomerati di segni colorati.
Nel dicembre del 1958 l’artista intervenne al dibattito intorno all’esodo di alcuni intellettuali dal PCI aperto sulle pagine di Tempo presente, motivando, fra l’altro, anche la propria uscita dal partito.
Nel 1959 avviò rapporti con alcune nuove gallerie, come La Salita di Roma, di Gian Tomaso Liverani, e la New vision Centre Gallery di Londra, dove tenne importanti mostre personali nel 1960 e nel 1961. La critica militante s’interessò sempre più al suo lavoro, annoverandolo tra i maggiori esponenti dell’arte di avanguardia italiana. A Marchiori e Nello Ponente, suoi primi estimatori, si aggiunsero sul finire del decennio personalità come quelle già citate di Venturi, Vivaldi e Tapié, il quale ultimo nel 1960 lo inserì anche nel suo famoso volume Morphologie autre.
Dal settembre del 1960, per quattro anni, Sanfilippo fu assistente di Capogrossi al liceo artistico di via di Ripetta a Roma.
Gli anni Sessanta videro il definitivo affermarsi della sua pittura in Italia e all’estero. Dopo la personale alla New vision Centre Gallery di Londra nel 1961, tenne ampie esposizioni all’Arco d’Alibert di Roma nel 1964, nel 1966 e nel 1969, al Naviglio di Milano nel 1965, alla Galerie Schindler di Berna nel 1967 e alla galleria La Fourmière a Zurigo nel 1969. Espose tra l’altro a Boston, Parigi, Belgrado, Milano, Torino, Bari, Bologna, Firenze; mentre si moltiplicavano le firme di storici e critici di rilievo sul suo lavoro: scrissero di lui, fra gli altri, Murilo Mendes, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Marisa Volpi Orlandini e Giovanni Maria Accame.
Dopo l’esordio nell’edizione della Biennale di Venezia del 1948 e la successiva partecipazione del 1954, fu nuovamente presente alla rassegna veneziana nel 1964 e nel 1966, anno in cui gli venne dedicata una vasta e importante sala personale presentata da Ponente, che ne sancì definitivamente il profilo di maestro dell’astrattismo italiano. Partecipò di nuovo alla Quadriennale di Roma nel 1955, nel 1959 e nel 1973. Fu poi regolarmente invitato alla Rassegna di arti figurative di Roma e del Lazio, oltre che al premio Graziano, al Lissone, al Michetti, al Golfo della Spezia.
Nel 1963 si unì alle proteste di molti suoi compagni di strada in occasione del XII Convegno internazionale artisti, critici e studiosi d’arte promosso dalla Repubblica di San Marino a Verucchio, presieduto da Giulio Carlo Argan. Il 16 novembre pubblicò nell’Avanti! un contributo sull’argomento dal titolo Un’altra idea di gruppo.
Nel settembre del 1964 Sanfilippo si separò da Carla Accardi. Lasciò la casa di via del Babuino e si trasferì nello studio di via del Vantaggio 4.
Dal 1970 rallentò la sua attività artistica e iniziò a diradare l’attività espositiva. Si aprì per lui un decennio esistenzialmente difficile. Nel 1971 tenne alla galleria Editalia di Roma la sua ultima mostra personale.
Il 31 gennaio 1980 morì a Roma a causa di un incidente automobilistico.
Fonti e Bibl.: A. S. (catal.), a cura di F. D’Amico - M. Rosci, Aosta 1997; A. S. 1923-1980 (catal., Trento), a cura di F. D’Amico, Milano 2001; A. S. Catalogo generale dei dipinti dal 1942 al 1977, a cura di G. Appella - F. D’Amico, Roma 2007; A. S. Segno e immagine. Dipinti 1951-1960 (catal., Verona), a cura di F. D’Amico - F. Tedeschi, Milano 2015.