SCAINO, Antonio
SCAINO (Scayno, Scaini), Antonio. – Nacque a Salò l’8 ottobre 1524 da Giambattista, giureconsulto, appartenente a una nobile e facoltosa famiglia che si distinse per la liberalità, lo spirito religioso e la destrezza negli affari.
Adolescente, ebbe l’opportunità di conoscere il patrizio veneziano Girolamo Miani (proclamato santo nel 1767), dedito a opere di misericordia e fondatore dell’Ordine dei chierici regolari di Somasca, ospitato dal padre a Salò per alcuni giorni nel 1535. Fu un incontro determinante per la formazione religiosa e intellettuale del giovane, che si distinse nello studio delle lettere latine e greche, addottorandosi in filosofia e teologia a Padova. Sacerdote di osservanza agostiniana, gravitò intorno alla riformata Compagnia del Divino Amore, di cui erano animatori il padre e il fratello minore Gioachino.
Giovanissimo, intraprese un percorso che lo avrebbe condotto a Ferrara, ove nel frattempo si era trasferito il suo maestro Vincenzo Maggi. Il soggiorno nella capitale estense, «sotto la disciplina del Maggio», si protrasse oltre la seconda metà degli anni Cinquanta, a contatto con il giovane principe Alfonso, figlio del duca Ercole II e anch’egli discepolo del filosofo di origine bresciana. E fu proprio ad Alfonso che Scaino dedicò il Trattato del giuoco della palla (Venezia, G. Giolito e fratelli, 1555), che può essere considerato il testo generativo di una serie di scritti contenenti regole e modalità di svolgimento della sferistica. Si tratta di un’opera che sembra nascere al crocevia di due tendenze: da un lato si pone come modello di comportamento, utile a fissare le regole tecniche per il gioco e per i giocatori, e dall’altro pare alludere all’atteggiamento proprio di un intellettuale cortigiano, di cui si definiscono le norme all’interno del governo dello Stato (edizione moderna del Trattato..., a cura di G. Nonni, 2000, p. XI).
In quegli anni si consolidò un profondo legame di amicizia tra Scaino e monsignor Giovanni Della Casa che stava mettendo mano, nell’abbazia di S. Eustachio di Nervesa, al Galateo overo de’ costumi, il trattato pubblicato postumo nel 1558. A Ferrara e alla corte estense Scaino portò a termine numerose missioni al servizio dei principi d’Este, e in particolare di Luigi, fratello minore di Alfonso, che nel 1561 ottenne la porpora cardinalizia. Ma nuovi uffici lo attendevano a Roma, ove strinse amicizia con monsignor Guglielmo Sirleto, custode della Biblioteca Vaticana, cui indirizzò, nell’aprile del 1565, due lettere gratulatorie per la sua nomina a cardinale (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 6184, cc. 719, 752): il porporato gli rispose, riconoscente, il 28 dello stesso mese (la minuta è conservata nel Vat. lat. 6946, c. 26).
Scaino si stabilì a Roma, ottenendo a censo perpetuo una casa in via Giulia, nella quale abitava «magister Nicolaus de Antignatis brixiensis sculptor seu scarpellinus» (Atto della Compagnia dei Bresciani del 19 giugno 1569, in Archivio di Stato di Roma, Notari Capitolini, Uff. 30, Atti Romauli, vol. 24, cc. 404 s.), alternando il soggiorno in missione per conto del vescovo di Brescia Domenico Bollani, con una saltuaria presenza a Quinzano, ove aveva ottenuto il beneficio di prevosto commendatario sino al 1579. E fu proprio monsignor Bollani, nella primavera del 1576, a richiamare da Roma Scaino per accogliere nella propria parrocchia il vescovo di Milano Carlo Borromeo in visita pastorale. Negli ambienti della Curia romana Scaino intrattenne rapporti con personaggi ecclesiastici di primo piano, tra cui il cardinale bolognese Gabriele Paleotti, per il quale curò alcune pagine di annotazioni «in librum de consultationibus» (ora De Sacri Consistorii consultationibus Gabrielis Card. Palaeoti, Roma, Stamperia apostolica Vaticana, 1592), inviate al cardinale Federico Borromeo. Fu quindi al servizio del governatore generale della Chiesa Giacomo Boncompagni – figlio naturale e in seguito legittimato di Ugo, eletto papa con il nome di Gregorio XIII – al quale dedicò l’Ethica di Aristotile a Nicomacho, ridutta in modi di parafrasi, con varie annotationi et diversi dubbi (Roma, G. degli Angeli, 1574), e la Politica di Aristotile ridotta in modo di parafrasi dal Reverendo M. Antonio Scaino da Salò, con alcune annotationi e dubbi e Sei Discorsi sopra diverse materie civili (Roma, Tipografia del Popolo Romano, 1578).
Il volgarizzamento del corpus aristotelico aveva anche il compito per Scaino di proporre un modello di repubblica, esemplificata nel governo veneziano, da opporre al principato mediceo, come risulta dall’opera In octo Aristot. libros qui extant De Repub. Quaestiones (Roma, V. Accolti, 1577), nella quale egli intervenne con grande acribia per risolvere il nodo dell’ordine interno dei libri aristotelici, una questione che era stata posta in evidenza da Nicolas d’Oresme sin dalla seconda metà del XIV secolo. La nuova disposizione, sostanzialmente accettata dagli editori e dai commentatori del XIX e XX secolo (Jules Barthélemy-Saint-Hilaire, Renato Laurenti ecc.), permise una più agile comprensione di un testo che, poco frequentato nelle aule delle università, suscitò invece grande interesse nei circoli culturali e nelle corti dell’epoca.
Il 2 gennaio 1590 Scaino, per essere «impedito da molte gravi occupationi» (Archivio segreto Vaticano, Lettere di Principi, vol. 48, f. 613), non fu in grado di presentare direttamente a papa Sisto V la sua ultima produzione letteraria, la Paraphrasis in omnes S. Pauli epistolas, cum adnotationibus (Venezia, D. Nicolini, 1589). L’opera, ispirata inizialmente dal cardinale Felice Peretti, futuro pontefice con il nome di Sisto V, aveva visto la luce in quell’ambiente dei riformati e degli agostiniani, cui aveva offerto un contributo di idee il perugino Taddeo Guidelli, già priore dell’Ordine negli anni Settanta. La consegna del libro al papa fu affidata a Pompeo Arrigoni, uditore della Sacra Rota e abile diplomatico della Curia romana, il quale in varie occasioni aveva difeso gli interessi del re Filippo II.
In seguito, l’interesse di Scaino fu attratto dalle questioni relative alla metafisica aristotelica, come testimonia la feconda produzione di esegesi e commentari dedicati a questo tema: Paraphrasis in XIIII Aristot. libros De prima philosophia, cum adnotationibus et quaestionibus in loca obscuriora (Roma, B. Grassi, 1587); Paraphrasis Antonii Scayni Salodiensis, cum adnotationibus in Lib. Arist. De Anima; eiusdem miscellanea nonnullarum lucubrationum et quaestionum in Logica et in Philosophia Aristotelis (Venezia, L. Pasquati, 1599). Ambedue le opere erano destinate ad arricchire la «refertissima» biblioteca del duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere: Scaino, legato al sovrano roveresco da vincoli di amicizia, aveva fatto voti perché, dopo il matrimonio «sine filiis» con Lucrezia d’Este, egli risolvesse «quam primum» il problema della successione, come richiedevano a viva voce i suoi sudditi (...Arist. De Anima..., cit., p. 3).
La frequentazione con l’ambiente padovano, dove Scaino aveva condotto i primi studi, lo spinse a indagare anche i fenomeni della logica in una sinottica esposizione apparsa nei primi anni Novanta: Paraphrasis in universum Aristotelis Organum, cum quaestionibus et adnotationibus ad loca obscuriora (Bergamo, C. Ventura, 1591). L’opera, emendata e ripubblicata agli inizi del XVII secolo, venne dedicata all’amico e «precipuo tutore» Gian Vincenzo Pinelli (Paraphrasis in universum Aristotelis Organum, Oberursel, C. Sutor, 1603, p. 5), uomo di grande erudizione, che aveva costruito a Padova una rete di relazioni con gli scienziati di tutta Europa. La sua abitazione, cui ebbe accesso Scaino, divenne un punto obbligato di incontro di intellettuali: la biblioteca, che contava circa diecimila volumi, venne utilizzata, tra gli altri, da Torquato Tasso e Galileo Galilei nei loro soggiorni padovani. Scaino trascorse gli ultimi anni di vita nella città d’origine, immerso negli studi aristotelici che condivise, tra gli altri, con Philippe Canaye, ambasciatore francese di Enrico IV a Venezia, cui dedicò l’ultima opera, ormai alle soglie degli ottantatré anni: In octo Aristotelis libros De physica auscultatione (Francoforte, C. Marne e Er. J. Aubry, 1607).
Morì a Salò il 7 settembre 1612.
L’edizione moderna del Trattato del giuoco della palla è a cura di G. Nonni, Urbino 2000.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Notari Capitolini, Uff. 30, Atti Romauli, 24, cc. 404-504: Constitutio del 19 giugno 1569; Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Lettere di Principi, vol. 48, c. 3; Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 6184, cc. 719, 752; 6946, c. 26; Milano, Biblioteca Ambrosiana, D.481 inf., cc. 19-22.
O. Rossi, Elogi historici di Bresciani illustri, Brescia 1620, pp. 486 s.; G. Scaino, Decisiones Rotae Bononiensis, Venezia 1631, c. a2 (Lettera dedicatoria di Feliciano Raimondo); G. Naudé, Bibliographia politica, Venezia 1633, col. 38; L. Cozzando, Biblioteca bresciana, I, Brescia 1685, pp. 49 s.; L. Cominelli, L’Accademia di Salò, in G. Malatesta Garuffi, Parte prima dell’Italia accademica, Rimini, 1688, pp. 213 s.; Allgemeines Gelehrten Lexicon, IV, Leipzig 1751, col. 198; G. Fontanini, Biblioteca dell’Eloquenza italiana, con le annotazioni del signor Apostolo Zeno, II, Venezia, 1758, pp. 178, 189, 249, 347, 356; Lettere famigliari di Jacopo Bonfadio, in Opere volgari e latine di Jacopo Bonfadio, a cura di A. Sambuca, I, Brescia, 1758, pp. 112-116; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 1, Roma, 1784, p. 389; V. Peroni, Biblioteca bresciana: opera postuma, III, Brescia 1818-1823, pp. 197 s.; G. Brunati, Dizionarietto degli uomini illustri della Riviera di Salò, Milano 1837, pp. 128-130; A. Bongioanni, Gli scrittori del giuoco della palla. Ricerche e discussioni letterarie, Torino 1907, pp. 92-98; G. Bustico, Il trattato del giuoco della palla di A. S. da Salò, in Illustrazione bresciana, VII (16 luglio 1908), n. 118, pp. 6 s.; Id., Un precursore dell’educazione fisica dell’età del Rinascimento: A. S., in Atti dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, s. 3, XVII (1911), pp. 277-283; A. Herrmann, Ballhäuser und die Strassburger Ballhausgasse, in Annuaire de la société historique, litteraire et scientifique du Club Vosgien, n.s., V (1938), p. 19; L. Ferrari, Onomasticon: repertorio bibliografico degli scrittori italiani dal 1501 al 1850, Milano 1947, p. 613; P. Prodi, Il cardinale Gabriele Paleotti (1522-1597), II, Roma 1967, p. 489; G.L. Masetti Zannini, Nicola Antegnati, uno scultore bresciano sconosciuto del sec. XVI, in Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1970, Brescia 1971, pp. 251-260; L. Mussi - R. Gianuzzi - A. Manzo, 100 anni di pallone elastico. Storia del gioco del pallone e degli sport sferistici, s.l. né d. [Alba 1972], pp. 112 s.; Sport e giuochi. Trattati e scritti dal XV al XVIII secolo, a cura di C. Bascetta, II, Milano 1978, pp. 278-323; L. Santini, Un libro di Antonio Scaini a Sisto V, in Quaderni Camuni, XIV (giugno 1991), 54, pp. 165-168; A. Fappani, Enciclopedia bresciana, XVI, Brescia 2000, pp. 361 s.; A.J. Papalas, The Trattato del giuoco della palla di Messer A. S. da Salò and ferrarese cultural ideology in the time of Alfonso II (1559-97), in Francesco Patrizi filosofo platonico nel crepuscolo del Rinascimento, a cura di P. Castelli, Firenze 2002, pp. 315-321; G. Clerici, 500 anni di tennis, Milano 2004, pp. 44-55; C. De Bondt, Tennis and Renaissance court entertainment, in Ludica. Annali di storia e civiltà del gioco, X (2004), pp. 129-144; Id., Royal tennis in Renaissance Italy, Turnhout 2006, pp. 59-68; L. Graziani Secchieri, Gioco della racchetta a Ferrara tra manifestazioni cavalleresche, rappresentazioni teatrali ed attività economiche, in Atti dell’Accademia delle scienze di Ferrara, LXXXVIII, (2010-2011), pp. 99-128; G. Nonni, Il giuoco di palla e le mappe culturali di corte, in Giochiamo! Giochi e giocattoli dal Rinascimento al Barocco, a cura di V. Catalucci, Milano 2016, pp. 33-43.