SERGUIDI, Antonio
SERGUIDI, Antonio. – Nacque a Volterra nel 1532, figlio di Lorenzo.
Nel 1558 fu introdotto al servizio del duca Cosimo I de’ Medici dal segretario Iacopo Guidi, suo parente e come lui originario di Volterra, che più tardi fu nominato vescovo di Atri e di Penne. Il fratello Guido sarebbe divenuto vescovo di Volterra (1574-98). In seguito Antonio si avvicinò a Bartolomeo Concini, anch’egli segretario di Cosimo I, di cui sposò la figlia Elisabetta, e si pose su posizioni ostili a Guidi. Concini negli anni centrali del Cinquecento aveva assunto una posizione di grande rilievo nella gestione delle segreterie ed era divenuto figura di riferimento per la gestione della politica estera.
Serguidi fu nominato segretario del principe ereditario Francesco in occasione del viaggio di quest’ultimo in Spagna (1562-63) dove lo accompagnò. Nel soggiorno in quella corte il principe e il segretario ebbero modo di osservare da vicino un’organizzazione delle strutture di governo articolata in segreterie. Più anziano di Francesco di quasi dieci anni (quest’ultimo era nato nel 1541), Serguidi costruì con lui uno stretto rapporto che sarebbe stato alla base della fiducia che il principe gli avrebbe concesso quando sarebbe divenuto granduca.
A seguito della decisione di Cosimo I, nel 1564, di delegare ampia parte del governo al figlio Francesco, aumentò l’influenza di Concini che, assieme al genero Serguidi, faceva da intermediario fra il duca e il principe Francesco. Nel quadro di un accrescimento del suo potere e della sua figura pubblica, nel 1567 Serguidi fu eletto cavaliere e poi gran cancelliere dell’Ordine di S. Stefano, designato a queste cariche per meriti politici. Benché taluni gli attribuiscano anche la dignità senatoria (Allegrini, 1772), non ottenne mai tale carica onorifica generalmente riservata all’aristocrazia fiorentina.
In questo periodo svolse delicate missioni diplomatiche: nel 1569 fu inviato straordinario del cardinal Ferdinando per ringraziare il pontefice della concessione del titolo granducale. Due anni più tardi svolse nuovamente una missione presso la corte pontificia, recandosi poi a Mantova da Luigi Gonzaga duca di Nevers. A Roma tornò più volte: nel 1572 per ottenere benefici per l’Ordine di S. Stefano; nel 1574 per trattare delle pretese degli Orsini su Pitigliano; l’anno successivo per negoziare il trattamento degli ambasciatori toscani affinché fossero ricevuti in udienza nella Sala Regia e nel 1581 per complimentare il pontefice Gregorio XIII convalescente.
Nel 1572 andò in Spagna con il compito di supplicare il re a intercedere con l’imperatore nell’affare del titolo granducale, concesso a Cosimo dal pontefice Pio V nel 1569, ma non ancora riconosciuto da Spagna e Impero. Serguidi doveva riferire a Filippo II che il granduca Francesco aveva dato molti segni della volontà di schierarsi dalla parte della Spagna, e sperava ora di «meritare che la maestà sua ci declarasse una volta l’animo suo in questo negotio del titulo et si mostrasse di nutrirci ben caldamente sotto le sue ali» (Istruzioni..., 2007, p. 349). Il riconoscimento spagnolo sarebbe arrivato solo il 26 gennaio 1576. Serguidi doveva anche chiedere a Filippo II di intervenire affinché l’imperatore «desista dalla sua durezza dalla quale doverebbe resistere, poiché non ci ha conosciuti inutili et poco amorevoli suoi servitori per più di una ripresa» (p. 350).
Nel 1577 Serguidi era di nuovo in Spagna per preparare il viaggio di Pietro de’ Medici, fratello di Francesco e ultimogenito di Cosimo, presso la corte di Filippo II. Serguidi doveva fare riferimento dapprima ad Antonio Pérez, potente segretario di Filippo II, per alcune questioni relative alla politica estera del Granducato. Doveva però in seguito rivolgersi direttamente a Filippo II per confermare «che tutta la fede nostra – come scriveva Francesco – è posta in lui, et che con la tramontana sua navigheremo sempre mai» (p. 391). Inoltre Serguidi aveva il compito di difendere Pietro accusato di aver ucciso la moglie Eleonora che apparteneva alla potente famiglia spagnola dei Toledo, fornendo a Filippo II spiegazioni sulla vicenda e riferendo, come aveva ordinato il granduca, che «li portamenti di donna Leonora eron sì publichi che ogn’un ha tenuto per certo la cagione» (ibid.). Giustificare le azioni di Pietro con il pubblico adulterio della moglie era nel negoziato intavolato da Serguidi la premessa per avanzare la richiesta di inviare Pietro in quella corte, chiedendo al contempo per lui una posizione nella milizia. Egli doveva inoltre chiedere il conferimento della carica di cardinale protettore di Spagna per Ferdinando. L’inviato recava un dono prestigioso: un crocifisso in marmo di Benvenuto Cellini, ora conservato nella chiesa di El Escorial. La missione andò a buon fine e Filippo II ammise Pietro a corte. L’obiettivo dei viaggi di Serguidi in Spagna del 1572 e del 1577 (e anche quello del 1562-63) fu quindi sempre strettamente legato agli interessi della dinastia.
Con la morte di Cosimo I nel 1574 Francesco ereditò il pieno governo del granducato, ma la sua indole lo portò a lasciarne le redini nelle mani di altre figure. Inizialmente Concini svolse un ruolo di primo piano, ma dopo il 1576, forse a causa dell’età avanzata, la gestione degli affari più importanti fu affidata al genero Serguidi. Quando però, dopo la scomparsa di Giovanna d’Austria nel 1578, Francesco sposò Bianca Cappello, cadde sotto l’influenza delle figure vicine alla moglie, in primo luogo del fratello Vittorio che, secondo molti, esercitava una pessima influenza su Francesco. Anche il cardinal Ferdinando, da Roma, seguiva con preoccupazione l’evolversi di questi rapporti, e intervenne per allontare da corte alcune di queste figure, preferendo che Serguidi riprendesse in mano la gestione del governo, poiché «stimava minor pregiudizio al decoro di suo fratello che il Serguidi prevalesse negli affari» (Galluzzi, 1841, p. 283). Così in seguito a Serguidi «restò appoggiata la principal direzione del governo e del gabinetto» (ibid.). Nel quadro dello sviluppo delle strutture di governo, fu nominato primo segretario nel 1579, in sostituzione del suocero morto l’anno precedente. In pochi anni riunì tutti i poteri su di sé controllando «le cose di stato e negozi con prencipi, con ambasciatori ed altri che importano» (Relazioni..., 1912-1916, III, 1, p. 268). Non sembra nota la data di morte della prima moglie, ma dopo la scomparsa del suocero nel 1578, sposò, in questo stesso anno, in seconde nozze Orinzia del conte di Carpegna.
Con la morte del granduca Francesco nel 1587 la fortuna politica di Serguidi declinò. Il nuovo granduca Ferdinando I (1587-1609) volle ridurre l’influenza politica dei ministri favoriti di Francesco e in particolare quella di Serguidi, e nel novembre di quell’anno creò una sorta di segreteria a tre, dove accanto a Serguidi erano Belisario Vinta e Piero Usimbardi (primo segretario). Il ruolo di Serguidi fu ridimensionato a segretario ‘con dipartimento’. A lui furono affidati i rapporti con Francia, Genova, Napoli, Sicilia, Malta, Urbino, Lucca, le relazioni con i turchi e la Porta, la gestione delle galere, dei porti di Livorno e Portoferraio, dell’Ordine di S. Stefano, dei forzati e della loro liberazione, la eventuale concessione dei salvacondotti ai banditi di altri Stati, le materie della Pratica Segreta e anche di Pistoia, spinosi affari ecclesiastici quali i patronati e i luoghi pii. La suddivisione voluta da Ferdinando I, molto dettagliata, appariva in un certo senso disorganica. Nei fatti Serguidi divenne meno attivo e cadde progressivamente in disgrazia.
Morì a Firenze il 5 settembre 1602.
Fonti e Bibl.: G. Mecatti, Notizie istorico-genealogiche appartenenti alla nobiltà fiorentina. Parte seconda che contiene Il Senatorista, Napoli 1753; D.M. Manni, Il Senato fiorentino, Firenze 1771; G. Allegrini, Elogi degli uomini illustri toscani, III, Lucca 1772, p. 193; R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della casa Medici, III, Capolago 1841, pp. 192-194, 283; Relazioni delli clarissimi signori Giovanni Michiel ed Antonio Tiepolo, cavalieri ritornati ambasciatori del granduca di Toscana alli 9 novembre 1579, in Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di A. Segarizzi, Bari 1912-1916, III, 1, p. 268; Relazione di Alvise Buonrizzo, secretario mandato dalla repubblica di Venezia al granduca di Toscana 7 di settembre 1582, ibid., III, 2, pp. 17 s.; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato (1537-1737), Roma 1953, pp. 12-14, 35, 108 s., 122; L. Berti, Il principe dello studiolo. Francesco I dei Medici e la fine del Rinascimento fiorentino, Firenze 1967, pp. 46 s., 275 s., 283; G. Pansini, Le segreterie nel Principato mediceo, in Carteggio universale di Cosimo I de Medici, Archivio di Stato di Firenze, Inventario, a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, Firenze 1982, pp. IX-XLIX (in partic. pp. XXVIII, XXX); F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino 1987, pp. 175, 250, 280-282; F. Angiolini, Dai segretari alle ‘segreterie’: uomini ed apparati di governo nella Toscana medicea (metà XVI secolo- metà XVII secolo), in Società e storia, LVIII (1992), pp. 701-720 (in partic. pp. 710 s., 713); F. Angiolini, I cavalieri e il principe, Firenze 1996, p. 77; A. Contini, Dinastia, patriziato e politica estera: ambasciatori e segretari medicei nel Cinquecento, in Cheiron, 1998, n. 30, pp. 57-131 (in partic. pp. 94 s., 99, 123 s.); Istruzioni agli ambasciatori e inviati toscani in Spagna e nell’Italia spagnola (1536-1648), I, 1536-1586, a cura di A. Contini - P. Volpini, Roma 2007, pp. 347, 349 s., 390-397.