STANGA, Antonio
Nacque a Cremona, da Cristoforo e Barbara Trecchi, attorno agli anni Sessanta del Quattrocento.
Grazie alle strette relazioni tanto degli Stanga – e in particolare di Cristoforo – quanto dei Trecchi con la corte sforzesca, e soprattutto con Bianca Maria Visconti, anche i fratelli di Antonio fecero eccellenti carriere. Marchesino (che sposò Giustina Borromeo) fu uno dei più stretti e potenti collaboratori di Ludovico il Moro; Gaspare (che sposò nel 1491 Bianca Lucia Mandelli di Caorso) ricoprì diversi incarichi e verso la fine degli anni Novanta gestì con il fratello Marchesino, la redditizia prefettura annonaria sui traffici e le frodi di biade. Allo stesso modo due sorelle di Antonio Stanga, Laura e Sara fecero ottimi matrimoni (Visconti, Landi), mentre la terza fu monacata.
Addottoratosi nei due diritti, Stanga entrò a far parte del Collegio milanese dei giureconsulti e ben presto venne destinato a importanti ambascerie. Ripetutamente fu come plenipotenziario ducale a Napoli (autunno 1482, 1487, 1489), affiancando e in parte soppiantando l’oratore residente Branda Castiglioni. Ciò gli consentì di stringere solidi legami con l’entourage aragonese e conquistare la fiducia del sovrano: partecipò a incontri politici e diplomatici riservati e alle cerimonie familiari, procurò alle dame sforzesche oggetti preziosi. Dall’aprile 1490, fu per un anno e mezzo oratore residente a Napoli; quando Ludovico il Moro lo richiamò in patria (dicembre 1491), contropropose un trasferimento a Roma, ma successivamente la delicata situazione diplomatica fece sì che egli restasse a Napoli.
Al conclave, il cardinale sforzesco aveva infatti sostenuto l’elezione di Alessandro VI (luglio 1492), osteggiata duramente da Firenze che ricercò e ottenne l’appoggio del re di Napoli; la presenza di Stanga nella capitale del Regno era essenziale perché il duca avesse informazioni di prima mano. Stanga informò pertanto minutamente delle reazioni alla lega tra Milano, il papa e Venezia (marzo 1493), degli accordi per la cessione al papa di Cerveteri e Anguillara, delle nozze di Jofré Borgia con Sancia figlia del duca di Calabria, e soprattutto della morte improvvisa del re Ferrante II (gennaio 1494) e della consacrazione del successore Alfonso.
La posizione di Stanga divenne comunque via via più difficile nella primavera 1494, perché Ludovico il Moro e Carlo VIII accelerarono le trattative per la spedizione francese in Italia, volta appunto alla conquista del Regno di Napoli. Per un po’ di tempo Stanga cercò di smentire, ma alla fine la delegazione milanese fu ritirata ed egli fu costretto a un viaggio di ritorno umiliante, accompagnato da un commissario napoletano in veste di sorvegliante. Per giunta, dovette restare in quarantena a Soresina, nelle sue tenute, a causa della peste nel Napoletano.
Premiato dal Moro con un seggio in Consiglio segreto (22 agosto 1494; del Consiglio di giustizia faceva parte già dal 1488), Stanga nel 1495 fu per alcuni mesi a Roma, col generale degli umiliati, Gerolamo Landriani, per chiedere al papa il perdono, la scarcerazione e la riabilitazione per il cardinale Ascanio Sforza. La missione ebbe successo; nei mesi successivi (fra dicembre 1495 e dicembre 1496) Stanga rimase a Roma, con un breve soggiorno a Napoli, sino ai nuovi delicati incarichi a Siena (gennaio-agosto 1497): promuovere il rientro in Firenze di Piero de’ Medici (cacciato da Firenze nel novembre 1494, con una taglia di 8000 ducati) e ingaggiare il condottiero Antonio Maria Sanseverino.
Nella città toscana Stanga ebbe modo di rinsaldare i legami coi certosini di S. Maria di Maggiano e soprattutto di rinvigorire l’amicizia con Niccolò Dati, figlio del suo antico compagno di studi Agostino (filosofo e oratore), che restò poi in contatto con gli intellettuali della corte sforzesca (Bartolomeo Calco, Giacomo Antiquario e Marchesino Stanga). A Niccolò Dati, Stanga diede una mano anche per l’edizione dell’Opera omnia del padre (edita postuma nel 1503).
Rientrato a Milano, Stanga fu nel dicembre 1497 e gennaio 1498 priore del Consiglio segreto, ovvero presidente delle sessioni consiliari e organizzatore dell’attività di quell’importante organo collegiale. Nell’agosto 1498 fu poi (con Scipione Barbavara) luogotenente del Monte di Pietà, e successivamente membro della Deputazione alla cura dello Studium pavese, sovraintendendo dunque a reclutamento e organizzazione delle Lecturae. Ma ancor più strategica fu un’altra carica coperta da Stanga dal dicembre 1497 fino all’agosto 1499, quella di deputato super rebus beneficialibus, ossia di membro di una commissione creata nell'agosto 1497 dal Moro per gestire in modo centralizzato e dirigistico – affiancando la cancelleria beneficiale retta da Giacomo Antiquario – la cruciale materia dei benefici ecclesiastici (anche in funzione di un progetto di riforma complessiva, del quale il duca auspicava una pronta approvazione da parte del papa). Nella commissione, Stanga sostituì Cristoforo Lattuada, vescovo di Glandevès, inviato come oratore a Venezia, e diede pareri su questioni delicate inerenti la mensa capitolare del duomo milanese, i beni di S. Vittore, ecc. Stanga partecipò alla commissione in quanto chierico e titolare della commenda di S. Giorgio di Bernate Ticino.
Lo era divenuto strumentalmente nel 1491, quando un lungo e delicato maneggio diplomatico di Marchesino Stanga – condotto anche a Roma e appoggiato localmente da Giacomo Antiquario segretario sopra i benefici – fu coronato da successo e condusse Antonio a ottenere la commenda della ricchissima prepositura di S. Giorgio di Bernate Ticino, congregata alla canonica regolare di S. Maria di Crescenzago, vincendo la resistenza della famiglia Crivelli (cui apparteneva il commendatario defunto, Fazio Crivelli). Dopo vari passaggi, il motu proprio papale, che sanciva l0'investitura, giunse nel 1491. Nel 1498 Marchesino portò avanti in Curia anche un tentativo, fallito, di ottenere per Antonio la porpora cardinalizia.
Al crollo del ducato (fine 1499), Stanga riparò quasi certamente a Roma, in Curia, ove mise a frutto la sua notevole esperienza di iuris utriusque doctor operando come conte del Palazzo lateranense; ma non aveva trascurato di occuparsi della sua prepositura, amministrandola con accortezza e sostenendo anche finanziariamente (a partire dal gennaio 1499) l’introduzione dell’osservanza e un’incisiva ristrutturazione architettonica.
La riforma, affidata alla Congregazione Lateranense di s. Agostino dei Canonici regolari Osservanti, prevedeva fra l’altro l’erezione di un priorato (con un capitolo di 14 canonici) facente capo alla chiesa prepositurale di cui Stanga era e rimase commendatario sino alla morte. Per sopperire alle difficoltà dovute alla sua frequente assenza, Stanga nominò diversi procuratori. Il rifacimento edilizio, volto a creare una residenza signorile adeguata al suo status, fu affidato alle maestranze che il fratello Marchesino Stanga impiegò per le dimore cittadine; forse un ruolo direttivo fu svolto dall’architetto Lazzaro Palazzi. Le soluzioni adottate (chiostro a tre lati, porticato retto da colonne di capitelli pensili, portale) sono ispirate a una sobria eleganza rinascimentale.
Stanga ebbe cura della commenda sino agli ultimi giorni della sua vita. L’8 settembre 1511, prostrato dalla malattia, rinunciò alla prepositura nelle mani di papa Giulio II e per preservare l’opera avviata con la riforma del 1499, dispose la cessione di un terzo del patrimonio della prepositura al Congregazione Lateranense. La morte lo colse qualche giorno dopo.
Si riaprì negli anni successivi il vecchio contenzioso coi Crivelli, che ebbero un parziale successo ottenendo (1523) un terzo del patrimonio della canonica e costituirono per un loro esponente un nuovo priorato, erigendo una separata chiesa (S. Maria della Pace).
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