TARAMELLI, Antonio
– Nacque a Udine, il 14 novembre 1868, da Torquato e da Clotilde Boschetti.
Da Udine, dove suo padre (v. la voce in questo Dizionario) insegnava storia naturale presso il regio istituto tecnico, la famiglia si trasferì, nel 1875, a Pavia; qui il padre ebbe l’incarico di professore di geologia e, più tardi, di rettore nell’università.
Dopo il liceo Ugo Foscolo, Taramelli si iscrisse alla facoltà di lettere pavese laureandosi, nel 1889, con una dissertazione sul tema Le campagne di Germanico nella Germania (poi data alle stampe, Pavia 1891) e frequentando, nello stesso anno, un corso di archeologia tenuto dall’antropologo e archeologo Gabriel de Mortillet e dal grecista Georges Perrot alla Sorbona di Parigi. Presso l’Università di Pavia conseguì anche il Diploma di attitudine all’insegnamento secondario classico, tecnico e normale per la storia e la geografia.
Nel 1891 ottenne una borsa triennale alla Scuola nazionale di archeologia di Roma, dove fu allievo di Luigi Pigorini e di Federico Halbherr, diplomandosi nel 1894. Partecipò all’esplorazione di Creta diretta da Halbherr e indagò, in particolare, la pianura di Mesarà, dandone conto nelle Memorie dell’Istituto americano di archeologia (Cretan expedition, in American journal of archaeology, VI (1902), 2, pp. 101-165).
I suoi primi lavori furono diretti alle antichità della Lombardia (terramara di Ognissanti nel Cremonese, studio di materiali neolitici del Pavese e del Mantovano, ricerche di topografia dell’antica Ticinum).
Nel 1895 entrò, con il ruolo di ispettore, nell’Ufficio tecnico per la conservazione dei monumenti del Piemonte e della Liguria, finalizzato alla tutela e alla salvaguardia dei beni artistici, architettonici e archeologici. Con il direttore dell’Ufficio, l’architetto portoghese Alfredo D’Andrade, Taramelli collaborò alla Relazione dell’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti del Piemonte e della Liguria e alla redazione della carta archeologica di Torino.
Fu membro della Commissione per la ricerca e l’ordinamento delle opere della sezione di architettura e arte antica per l’Esposizione di arte sacra nel 1898.
In Piemonte, tra il 1900 e il 1901, Taramelli condusse indagini archeologiche a Susa e a Vaie, e si occupò di studi di topografia riguardanti Torino, Aosta e Acqui Terme. Collaborò, inoltre, con Ernesto Schiaparelli all’ordinamento del Regio Museo di antichità di Torino, in particolare alla collezione di armi, utensili e manufatti provenienti dal Congo e donati al Museo torinese dall’ingegnere Pietro Antonio Gariazzo.
Nel 1896 si unì in matrimonio con Clelia Ranieri, da cui ebbe Daniele (nato nel 1897) e Valerio (nato nel 1901). Dopo la prematura scomparsa della moglie, nel 1912, sposò in seconde nozze Ester Canonica.
Nel 1902 fu trasferito presso l’Ufficio regionale della Sardegna, subentrando, in qualità di ispettore, a Giovanni Patroni nella direzione del Regio Museo di antichità di Cagliari e degli scavi in Sardegna. A sostenere Taramelli nel trasferimento in Sardegna, oltre a Patroni, intervenne anche Domenico Lovisato, compagno di studi e d’armi del padre Torquato e docente di geologia e mineralogia all’Università di Cagliari.
Il 7 settembre 1908, a seguito di concorso, fu nominato direttore del Museo e degli scavi di antichità di Cagliari e l’anno successivo, nel 1909, ottenne anche l’incarico di soprintendente degli Scavi e musei archeologici della Sardegna. L’8 novembre 1924 fu promosso a soprintendente di 1ª classe, carica che mantenne fino al 1933, quando lasciò l’incarico per raggiunti limiti di età.
Sin dall’inizio della sua attività Taramelli mostrò uno spiccato interesse per la preistoria, dovuto anche all’influenza degli interessi scientifici coltivati dal padre e a frequentazioni e amicizie, in particolare con Pigorini, antesignano indiscusso della paletnologia in Italia.
Al suo arrivo in Sardegna, Taramelli si dedicò all’allestimento del Museo archeologico nell’edificio ristrutturato da Dionigi Scano, tra il 1904 e il 1906, per ospitare le raccolte di reperti provenienti da tutta la Sardegna e le collezioni private, tra cui quella dell’ingegnere minerario Leon Gouin.
L’attività di ricerca archeologica di Taramelli fu vastissima e tutta rigorosamente documentata nella ponderosa bibliografia. Tra il 1903 e il 1910 indagò le stazioni litiche e le grotte del Cagliaritano, le domus de janas prenuragiche di Alghero e di Busachi, i nuraghi Santa Barbara (Macomer), Palmavera (Alghero) e Lugherras (Paulilatino).
A Taramelli si deve anche l’indagine, nel 1907, del villaggio-santuario di Santa Vittoria di Serri, il più importante della Sardegna nuragica. Questo lavoro, insieme con gli scavi di Alghero, gettò nuova luce nella preistoria e protostoria sarda.
Dal 1929 si occupò della redazione di dieci fogli (dei trenta previsti) della carta archeologica della Sardegna settentrionale e centrale, il primo relativo a Dorgali, l’ultimo, postumo (1940), relativo al territorio di Bonorva.
Non è possibile menzionare tutte le esplorazioni di monumenti (dolmen, tombe di giganti, ipogei, nuraghi e via enumerando) condotte sull’isola, spesso in condizioni estreme, in territori impervi e selvaggi nei quali Taramelli si muoveva con grande capacità di adattamento.
Alla fervida attività scientifica e all’intensa e laboriosa ricerca sul campo, Taramelli coniugò doti di divulgatore, promotore culturale e docente universitario.
Per la cattedra cagliaritana, cui molto teneva, nel 1929 dovette ritirare la candidatura in favore del giovane Ranuccio Bandinelli, con il quale, tuttavia, stabilì subito un buon rapporto, coinvolgendolo nella stesura della carta archeologica della Sardegna e nell’esplorazione dei territori più interni.
La varietà e l’ampiezza dei suoi interessi, fra cui turismo (documentato, tra l’altro, dalla proposta all’Ente nazionale per le industrie turistiche, di istituire la ‘Camera del forestiero’), gastronomia e tradizioni popolari, sono attestate dalla collaborazione a numerose e accreditate riviste sia locali sia nazionali.
Collaborò al mensile Mediterranea, uscito tra il 1927 e il 1937 e fondato da Antonio Putzolu, gerarca ed esponente della stagione ‘sardo fascista’; scrisse sull’Archivio storico sardo, organo della Deputazione di storia patria della Sardegna; sul Nuraghe, rivista di carattere letterario-culturale; collaborò a Battaglia, periodico sardo di politica e cultura, nonché al mensile cagliaritano La Ragione (1922-25). Frequenti anche gli interventi nel mensile di geografia, viaggi e fotografia del Touring Club italiano (TCI) Le vie d’Italia, che contribuirono a far conoscere la civiltà sarda e il pressoché sconosciuto mondo dei nuraghi.
Abile e facondo conferenziere, ben introdotto nella vita culturale cagliaritana (fu attivo nella Società storica sarda, istituita nel 1905 e presieduta da Arrigo Solmi, e nel Circolo filologico di Cagliari), seppe conquistarsi una posizione di rilievo anche nel mondo intellettuale dell’isola, richiamando l’attenzione di studiosi italiani e stranieri, tra cui quella del direttore della British School a Roma, Thomas Ashby.
Nel 1926, per facilitare «la conoscenza dei monumenti caratteristici e delle collezioni esistenti in Sardegna», organizzò un convegno al quale parteciparono studiosi provenienti da importanti università europee, da accademie e istituti di archeologia.
Nell’ottobre del 1932 inaugurò il Regio Museo di antichità ed arte di Sassari intitolato al senatore e imprenditore Giovanni Antonio Sanna, curandone l’allestimento e il catalogo insieme con il funzionario, storico dell’arte, Emilio Lavagnino, e istituendovi anche una sezione etnografica per ospitare quella che, con il tempo, divenne una tra le maggiori raccolte dell’isola.
Con grande determinazione Taramelli si spese per l’acquisizione da parte dello Stato della collezione di merletti e tessuti sardi pazientemente raccolti dall’antiquario Amilcare Dallay e destinati al Museo di Sassari solo nel 1954. Fu proprio il grande interesse per l’etnografia che lo portò a proporre, nel 1930, al prefetto e al podestà di Cagliari l’istituzione di un museo del costume antico sardo da intitolare ai principi di Savoia, Umberto II e Maria José del Belgio. Già nel 1908 con Lamberto Loria, pioniere degli studi folkloristici, aveva raccolto antichi vestiti sardi di varie fogge, ospitati nel padiglione dedicato alla Sardegna nella mostra romana del 1911, in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia. A Taramelli si deve anche l’acquisizione e il catalogo della collezione di Vincenzo Dessì, costituita da materiali di scavo provenienti da numerose località della Sardegna settentrionale.
Con notizie tempestive e ampi resoconti sulla stampa quotidiana sarda sugli scavi e sui ritrovamenti manifestò una non comune consapevolezza dell’importanza della comunicazione.
Fu socio della Reale Accademia dei Lincei; socio corrispondente del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, della Società piemontese di archeologia e belle arti, dell’Istituto archeologico germanico; nonché membro della direzione del Reale Istituto italiano di archeologia e arte di Roma e del Consiglio superiore delle belle arti.
Fu insignito dell’onorificenza di cavaliere (1913) e cavaliere ufficiale (1916); e inoltre di cavaliere e cavaliere ufficiale dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1919, 1933) e di commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia (1923).
Nel 1915 vinse il premio per l’archeologia della Reale Accademia dei Lincei.
Il 4 giugno 1934 fu nominato senatore del Regno nella categoria di coloro che avevano «illustrato la Patria con servizii e meriti eminenti». In qualità di senatore, fu vicepresidente del Consiglio superiore dell’educazione nazionale e membro del Comitato nazionale per l’indipendenza economica. Morì a Roma il 7 maggio 1939.
Opere. Alberto Moravetti ha curato per l’editore sassarese Carlo Delfino un’edizione degli scritti di Taramelli in quattro volumi: Scavi e scoperte, I , 1903-1910, Sassari 1982, II, 1911-1917, 1982-1984, III, 1918-1921, 1982, IV, 1922-1939, 1985. All’introduzione di Moravetti, nel primo volume, fa seguito la Bibliografia di Antonio Taramelli alle pp. XIII-XXIII. Per una bibliografia puntualmente aggiornata si veda, da ultimo, M.R. Manunta, in Dizionario biografico dei soprintendenti archeologi (1904-1974), Bologna 2012, pp. 741-748.
Fonti e Bibl.: Cagliari, Archivio della Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Cagliari e Oristano; Archivio storico comunale, sez. 3, b. 335; Roma, Senato della Repubblica, Archivio storico, scheda on-line, s.v.
Notizie relative alla vita, alle opere e all’attività di studioso di Taramelli si trovano nella voce redatta per la Enciclopedia Italiana, Roma 1937, XXXIII, p. 255; ibid., II, II Appendice, Roma 1949, p. 943).
Si vedano inoltre: D. Scano, in Il Nuraghe, 1927, n. 48-49, e in Archivio storico sardo, n.s., II (1939), 21, pp. 262-266; S. Boaro, A. T. (1868-1939), in Colligite fragmenta. Aspetti e tendenze del collezionismo archeologico ottocentesco in Piemonte. Atti del Convegno, Tortona... 2007, a cura di M. Venturini Gambari - D. Gandolfi, Bordighera 2009, pp. 457-460; N. Dessì, La vita dell’archeologo A. T., in Quaderni friulani di archeologia, XX (2011), pp. 85-92; M.R. Manunta, in Dizionario biografico dei soprintendenti archeologi (1904-1974), cit., pp. 737-749.