TROTTI BENTIVOGLIO, Antonio
– Nacque a Milano nel 1627 da Gian Galeazzo, conte di Casal Cermelli e marchese di Fresonara, e da Paola, figlia di Lorenzo Cuttica.
Suo fratello Carlo Gerolamo fu cavaliere di Malta e capitano di una compagnia di corazze nello Stato di Milano. L’altro fratello, Lorenzo (v. la voce in questo Dizionario), seguì la carriera curiale e fu governatore di città nella Romagna, nunzio a Venezia e infine vescovo di Pavia.
La sua famiglia era originaria di Alessandria, ma già in epoca ducale si era trasferita a Milano, dedicandosi alla carriera delle armi.
Fin dal 1440 troviamo un suo avo, Giovan Galeazzo, al comando della cavalleria del duca Filippo Maria Visconti. L’impiego in incarichi militari proseguì fra i discendenti, che si volsero al servizio per il re di Spagna. In questo si distinse particolarmente il padre di Antonio, ritenuto uno dei più grandi comandanti della sua epoca. Egli si era conquistato grande fama come mastro di campo generale, gli era stato conferito l’abito cavalleresco dell’Ordine militare di Santiago ed era stato ammesso nel Consiglio di guerra del re a Madrid.
Trotti seguì le orme del padre e ne raccolse l’eredità. Il 5 gennaio 1655 si arruolò come soldato nella compagnia di fanteria italiana del mastro di campo don Francesco Gattinara, conte di Sartirana; successivamente ottenne dal re l’impegno a conferirgli il primo posto di capitano che si fosse reso vacante in una compagnia d’ordinanza. Il 4 febbraio 1656 divenne quindi capitano della compagnia del conte Guglielmo della Rena. Il 9 marzo 1659 ottenne dal governatore di Milano la patente di mastro di campo di un tercio di fanteria lombarda che aveva reclutato a sue spese, pratica comunemente adottata dagli aristocratici lombardi per riuscire a salire rapidamente a posizioni apicali nella carriera militare.
La monarchia spagnola incoraggiava tale pratica, avvantaggiandosi del sistema di clientele che si raccoglieva intorno alle famiglie locali, per reclutare sempre nuovi contingenti. Questa prassi contribuì alla nomina di molti aristocratici lombardi, quale era Trotti, al comando dell’esercito spagnolo e alla concessione per i loro meriti militari di ambiti riconoscimenti.
Suo padre cercò di avvalersi della propria fama e influenza per farlo ammettere nel Consiglio segreto del governatore dello Stato, ma non ebbe successo, dal momento che il figlio era ritenuto ancora troppo giovane per poter assurgere a tale carica. Trotti allora si recò in Spagna per mettere il suo contingente al servizio del re. Ritornò in patria dopo vari incarichi e nel 1660 fu inviato a combattere con il suo tercio in Portogallo, per ricondurre all’obbedienza i rivoltosi. Il contingente raggiunse il porto del Finale insieme ad altri due tercios di fanteria lombarda, reclutati da Gattinara e da Giuseppe Fossani, ma i galeoni che li trasportavano a Cadice furono travolti da una tempesta e nella rassegna che seguì allo sbarco il 20% circa dei soldati fu registrato come morto annegato. I superstiti, fra i quali vi era Trotti, si acquartierarono in Andalusia per l’inverno, preparandosi a combattere nell’anno nuovo.
Nel 1661, due anni dopo la pace dei Pirenei che pose fine al lungo conflitto con la Francia, l’esercito di stanza in Lombardia fu significativamente ridotto. Alla sua guida furono mantenuti solamente i mastri di campo veterani ritenuti più capaci e che erano in grado di garantire, unitamente all’esperienza, una vasta disponibilità di clientele che avrebbe permesso loro di infoltire rapidamente con nuove reclute i ranghi dell’esercito in caso di ripresa delle ostilità. Fra questi vi era Trotti. La monarchia spagnola restava comunque impegnata su vari fronti e in previsione dell’inizio della campagna militare del 1661 Antonio fu incaricato di reclutare a Milano altri mille uomini da portare a combattere in Portogallo, ove continuava la resistenza antispagnola. Il governatore mise a sua disposizione il denaro necessario per cominciare l’arruolamento, ma Trotti ricusò di accettarlo. Egli non intendeva portarsi nuovamente fuori d’Italia a combattere; il suo desiderio era di rimanere a Milano con i suoi contingenti per proseguire nell’attività di patronaggio e continuare a rafforzare i vincoli clientelari con quanti aveva premiato attraverso la concessione di posti di comando. L’incarico infine passò al marchese Francesco Pirromano. Successivamente Trotti chiese e ottenne il permesso di lasciare la sua unità al figlio Gian Galeazzo, benché avesse solo tredici anni e non fosse quindi ancora in grado di assumerne il comando. Com’era in uso negli eserciti dell’epoca, il tercio reclutato da Antonio era considerato alla stregua di un bene familiare, uno strumento essenziale per avviare suo figlio alla carriera militare partendo da un grado elevato.
Trotti intanto aveva assunto il comando di altri contingenti in qualità di mastro di campo e nel 1672 fu nominato colonnello di un reggimento di fanteria tedesca nello Stato di Milano, carica che si era resa vacante per la morte di Ferdinando II Filippo Gonzaga, principe di Bozzolo. Ottenne poi, come riconoscimento dei meriti suoi e di suo padre, la nomina a mastro di campo generale. Il 7 agosto 1675 la regina Marianna d’Austria, in qualità di reggente per il figlio Carlo II, lo creò cavaliere dell’Ordine del Toson d’oro, nel quale subentrava a Teobaldo Visconti, «en consideracion de los meritos y servicios que concurren en su persona» (Milano, Archivio storico civico, Malvezzi, cart. 18). Per conseguire tale ambita onorificenza, di cui poteva fregiarsi nel suo blasone con tutti i risvolti materiali e cerimoniali che ne conseguivano, pare avesse versato una somma di 10.000 pesos.
A lui fu dedicata la parte prima dell’operetta di Ludovico de Lespine di Mailly, Le leggi del blasone o l’arte vera dell’arme, Milano 1680, con annesso un sonetto celebrativo delle sue gesta, composto probabilmente in occasione della concessione del Toson d’oro. Titolare dei feudi di Castelnuovo Calcea, Robbio e Vinzaglio e di Casal Cermelli appoggiati al titolo di conte, marchese di Incisa e di Fresonara, fu ritratto dal pittore fiammingo Jakob Ferdinand Voet.
Il 13 febbraio 1655 aveva sposato Costanza, figlia di Agostino Litta, marchese di Gambolò e cavaliere di Santiago, e di Maria Ferrer figlia di Antonio, gran cancelliere. Ebbe per figli Paola, andata in sposa al conte Pirro Visconti Borromeo, Gian Galeazzo, morto giovane in duello, Maria Vittoria, moglie del conte Carlo Valperga, Giulia Maria, moglie del duca Giovanni Serbelloni, Maria Rosa, che sposò il marchese Ottavio Gonzaga.
Trotti fece testamento il 16 marzo 1681 con rogito del notaio Benedetto Rampini.
Morì il 18 marzo 1681 a Milano, ove fu sepolto, nella chiesa di S. Fedele. In mancanza di eredi maschi i suoi beni passarono a un altro ramo familiare.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio storico civico, Malvezzi, cart.18.
Famiglie notabili milanesi. Cenni storici e genealogici, I, Milano 1875, tav. IV; F. Guasco, Tavole genealogiche di famiglie nobili alessandrine e monferrine dal secolo IX al XX, V, Casale Monferrato 1929, tav. XI; G. Signorotto, Milano spagnola. Guerra, istituzioni, uomini di governo (1635-1660), Milano 1996, pp. 86-90; Teatro genealogico delle famiglie nobili milanesi. Manoscritti 11500 e 11501 della Biblioteca nacional di Madrid, a cura di C. Cremonini, II, Mantova 2003, p. 271; A.J. Rodríguez Hernández, Al servicio del rey. Reclutamiento y transporte de soldados italianos a España para luchar en la guerra contra Portugal (1640-1668), in Tra Marte e Astrea. Giustizia e giurisdizione militare nell’Europa della prima età moderna (secc. XVI-XVIII), a cura di D. Maffi, Milano 2012, pp. 229-275.