Antonio Vallisneri
Antonio Vallisneri fu il principale esponente della tradizione medica e naturalistica galileiana tra Sei e Settecento. I suoi interessi spaziarono dalla medicina all’anatomia comparata, dall’entomologia e dall’etologia degli insetti alla loro sistematica, dalle scienze della Terra all’embriologia, dalle scienze naturali alla lessicografia. A un’attività intensissima di studio e di ricerca legò uno sforzo imponente di diffusione della scienza sperimentale, attraverso un carteggio monumentale e il giornalismo erudito, che gli consentirono di esercitare in Italia una sorta di egemonia culturale nelle scienze mediche, naturalistiche e della vita nei primi trent’anni del Settecento.
Vallisneri nacque a Trassilico il 3 maggio 1661. Fu avviato agli studi, prima a Scandiano, poi a Spilamberto, Modena e Reggio Emilia, principalmente sotto la guida dei gesuiti. Nel 1679, la morte dello zio Giuseppe Vallisneri lo rese erede di una cospicua fortuna, con un testamento che tuttavia lo obbligava a soddisfare gravosi legati e a sottostare a diverse condizioni, fra le quali quelle di laurearsi in legge o in medicina entro i trent’anni, di risiedere almeno tre mesi all’anno a Scandiano e di farvi nascere i figli maschi, per non far perdere al primogenito il diritto di succedergli nell’eredità. Nel caso non avesse avuto discendenti maschi, l’eredità sarebbe passata a un’altra famiglia, esigenza che spiega anche le diciotto gravidanze della moglie e i molti figli, dei quali sopravvissero solo tre femmine e un maschio, Antonio Junior.
Nel 1682 intraprese gli studi universitari di medicina a Bologna, dove fu allievo diretto di Marcello Malpighi, laureandosi però a Reggio Emilia il 6 giugno 1685, a causa di un editto del duca d’Este che imponeva ai propri sudditi di addottorarsi solo nello Studio di Reggio o in quello di Modena. Dopo la laurea passò a far pratica a Venezia, Padova e Parma, dove rimase sino al 1687. A Venezia seguì Jacopo Grandi e Lodovico Testi, a Parma, Giuseppe Pompeo Sacco.
Dall’estate del 1687 al 22 agosto 1700, data della sua chiamata a Padova, visse esercitando la professione, prima a Scandiano, senza alcun incarico pubblico, poi, dal 1695, come medico condotto a Luzzara e, dal 1698, a Castelnuovo di Sotto. In quegli anni si interessò soprattutto di entomologia. Nel 1696 e nel 1700, nel primo e nel terzo volume de «La galleria di Minerva», pubblicò i Dialoghi sopra la curiosa origine di molti insetti, che gli procurarono la prima notorietà scientifica e, con essa, la chiamata a una cattedra di medicina pratica all’Università di Padova. In questa sede Vallisneri trascorse i restanti trent’anni della sua vita, percorrendo tutti i gradi accademici sino alla prima cattedra di medicina teorica, ottenuta nel 1710 alla morte di Domenico Guglielmini, e raggiungendo la celebrità scientifica internazionale.
Morì a Padova il 18 gennaio 1730 dopo una breve e improvvisa malattia polmonare, lasciando una mole rilevantissima di scritti editi e inediti, nella quale erano delineate prospettive scientifiche che rappresentavano un punto di passaggio verso la stagione illuministica.
Quando nel 1682 giunse a Bologna, e fu affidato all’insegnamento particolare di Malpighi, Vallisneri risentì subito dell’influenza della tradizione galileiana e del corpuscolarismo. Fin dalla formazione e poi lungo tutto l’arco della sua attività scientifica egli avvertì permanente la centralità del momento sperimentale. Tuttavia, secondo una modalità autocensoria caratteristica dell’epoca, modelli metafisici generali, rifiutati nelle opere a stampa, riaffioravano nella comunicazione privata. Al termine del soggiorno bolognese e nel momento di congedarsi dai suoi amici e maestri, Malpighi invitò Vallisneri a proseguire nella pratica anatomica e naturalistica e lo ammonì a farlo nel rispetto del metodo sperimentale.
Gli anni che vanno dall’inizio dell’esercizio della professione fino alla chiamata a Padova del 1700 furono assai importanti sia per la definizione delle fonti e dei criteri della medicina pratica di Vallisneri, sia per lo sviluppo di un itinerario scientifico che lo portò agli studi entomologici e naturalistici. In sintonia con Francesco Redi e Malpighi, Vallisneri sottolineò infatti la stretta connessione fra gli studi naturalistici e quelli medici, e la funzionalità, recisamente negata dalla tradizione aristotelica e galenica, dei primi ai secondi.
Pur aderendo alla prospettiva medica galileiana e a uno scetticismo farmacologico di stampo ippocratico, Vallisneri non rinunciò mai a uno sforzo costante di ricerca di rimedi nelle molteplici fonti mediche edite e inedite che raccolse e ordinò in quegli anni. All’utilizzo di fonti locali e familiari, come, per es., le carte dello zio Giuseppe, si unì quello della maggior parte degli autori antichi, con particolare riguardo a Ippocrate e, in misura assai minore, a Galeno, e degli autori galileiani, in primo luogo Redi e Malpighi, ma anche a un numero sterminato di altre fonti moderne.
Nel periodo in cui si dedicò all’esercizio della professione medica e soprattutto negli anni compresi tra il 1694 e il 1701 Vallisneri condusse intensissime ricerche, soprattutto nell’osservazione e descrizione morfologica ed etologica degli insetti. Gli esiti furono raccolti nei Quaderni di osservazioni e nei Giornali sopra gl’insetti, manoscritti ordinati e indicizzati, finalizzati al facile rinvenimento delle memorie per uso personale e per il loro preventivo utilizzo come base osservativa di future pubblicazioni.
Dai Quaderni e dai Giornali Vallisneri trasse il materiale per la stesura dei Dialoghi sopra la curiosa origine di molti insetti e numerosi altri contributi pubblicati nei primi anni del Settecento nella «Galleria di Minerva» e in sue raccolte di scritti naturalistici. Nei Dialoghi, organizzati nella forma di un colloquio fra Malpighi e Plinio, Vallisneri riprese la polemica della scuola medica galileiana contro le tesi biologiche aristoteliche e, in particolare, la battaglia di Redi contro la tesi della generazione spontanea degli animali inferiori dalla materia in decomposizione.
Un determinante argomento contro la generazione spontanea fu la scoperta del parassitismo nei confronti delle larve da parte di molte specie di insetti, a cui Vallisneri dedicò grande attenzione perché eliminavano un fenomeno altrimenti difficilmente spiegabile con il modello della riproduzione per sola via parentale. Sempre in linea con il medesimo assunto devono essere viste le osservazioni sull’origine e sulle caratteristiche degli insetti adulti che sfarfallavano dalle galle delle querce e dei salici. La tesi rediana che li voleva prodotti dall’anima sensitiva delle piante aveva aperto una falla pericolosa nel fronte scientifico moderno, che non ammetteva alcuna generazione se non ex ovo, nella quale si potevano facilmente insinuare dubbi sulla stessa efficacia euristica del metodo sperimentale e dei suoi risultati. Le osservazioni dedicate a questo argomento rappresentarono un importante passo della battaglia antispontaneista vallisneriana.
Dal 1710 Vallisneri diede avvio al periodo di più intensa attività editoriale e di maggior successo scientifico della sua vita. In quell’anno pubblicò le Considerazioni, ed esperienze intorno al creduto cervello di bue impietrito, le Considerazioni, ed esperienze intorno alla generazione de’ vermi ordinarj del corpo umano e la Prima raccolta d’osservationi, e d’esperienze e fondò, con Scipione Maffei e Apostolo Zeno, il «Giornale de’ letterati d’Italia».
Nella prima opera Vallisneri prese in considerazione una memoria presentata da Joseph-Guichard Duverney (1648-1730) all’Académie des sciences di Parigi, dove, con l’illustrazione della relativa dissezione anatomica, si asseriva che la causa della morte di un bue fosse da imputare alla pietrificazione del cervello. Vallisneri rilevò con ironia l’assurdità di tale ipotesi, perché senza cervello sarebbe stato impossibile per l’animale sopravvivere, benché temporaneamente. Era inoltre impensabile che un cervello potesse trasformarsi in pietra, visto che le leggi della natura possono in qualche caso deviare dal loro corso ed errare, ma sempre seguendo una loro logica e senza mai contraddirsi radicalmente.
Nelle Considerazioni […] intorno alla generazione de’ vermi ordinarj era illustrato il ciclo vitale dei vermi intestinali dell’uomo e di alcuni mammiferi. Seguendo il principio di uniformità delle leggi di natura, Vallisneri confutò la tesi secondo la quale i vermi intestinali dell’uomo e dei mammiferi provenivano dalle uova di altri insetti ingerite con gli alimenti e, addirittura, con l’aria respirata. Sconfessate le tesi di Nicolas Andry, Steven Blankaart e di altri, li considerò specie autonome e li attribuì direttamente alla creazione iniziale. Tratti all’esistenza al fine di rimescolare chimo e chilo e di favorire le contrazioni peristaltiche intestinali, essi sarebbero però passati, dopo il peccato originale, da uno stato di funzionalità biologica per l’organismo umano a uno di ribellione e di sfruttamento parassitario. Preformati e preesistenti come germi nei corpi dei primi uomini, uova e vermi si trasmetterebbero di madre in figlio attraverso il latte.
La Prima raccolta d’osservationi, e d’esperienze raccoglieva una parte consistente dei contributi pubblicati nella «Galleria di Minerva», ma solo a partire dal quinto tomo, quantunque Vallisneri avesse iniziato la sua collaborazione sin dal primo numero, nel 1696, mentre era ancora medico nella condotta di Luzzara, e l’avesse poi continuata, restando sempre fondamentale collaboratore della rivista, sino al settimo e ultimo fascicolo, pubblicato nel 1717.
Nel 1713 pubblicò le Esperienze, ed osservazioni intorno all’origine, sviluppi, e costumi di varj insetti, nelle quali erano raccolti studi di carattere essenzialmente entomologico, e le Nuove osservazioni, ed esperienze intorno all’ovaia scoperta ne’ vermi tondi dell’uomo, e de’ vitelli, dove si illustravano gli apparati riproduttori dei vermi intestinali e si dava seguito alle osservazioni e agli studi proposti nelle Considerazioni, ed esperienze intorno alla generazione de’ vermi ordinari del corpo umano.
Nel 1714 partecipò al dibattito sulla natura della peste, che fu suscitato dal dilagare dell’epizoozia bovina nelle campagne italiane fra il 1711 e il 1714. Vallisneri avviò sulla questione con Carlo Francesco Cogrossi, suo allievo e seguace, un dibattito che, adeguatamente integrato e sistematizzato, venne pubblicato nella Nuova idea del male contagioso de’ buoi (1714). In tale opera Vallisneri e Cogrossi si contrapposero alle tesi tradizionali della costituzione epidemica, secondo le quali il contagio pestifero si sarebbe dovuto attribuire a sfavorevoli condizioni climatiche e ambientali che, con la produzione di effluvi e miasmi, come con la corruzione degli alimenti, avrebbero prodotto l’infezione e il suo dilagare. Al contrario, Vallisneri e Cogrossi avanzarono e sostennero la teoria del contagio vivo, che voleva che la peste fosse causata dall’aggressione all’organismo condotta da vermicelli submicroscopici, che passavano da individuo a individuo.
Nel 1715 uscirono le Opere diverse, che raccoglievano l’Istoria del camaleonte affricano, la Lezione accademica intorno all’origine delle fontane e la Raccolta di vari trattati.
L’Istoria del camaleonte illustrò soprattutto le ricerche meticolose, condotte per diversi anni da Vallisneri, sulle abitudini di vita e sull’anatomia dei camaleonti che aveva ottenuto in dono da Diacinto Cestoni, il quale gli comunicò le proprie osservazioni sull’argomento.
La Lezione accademica intorno all’origine delle fontane affrontò la questione dell’origine delle acque sorgenti perenni. La lucidità dell’approccio sperimentale con il quale vennero condotte le osservazioni e le verifiche sperimentali fanno sì che quest’opera sia considerata un modello esemplare del metodo galileiano. All’epoca la tesi più diffusa, che era stata anche di René Descartes, Domenico Guglielmini e Bernardino Ramazzini, attribuiva l’origine delle sorgenti perenni alle acque del mare che, attraverso cunicoli e alambicchi sotterranei sarebbero giunte, desalinizzate, sulle cime dei monti. Vallisneri, attraverso le numerose osservazioni che aveva condotto sul campo, fu in grado di confutare questa tesi, rilevando come, al contrario, tutte le sorgenti fossero alimentate dalle acque piovane.
Nel 1721 pubblicò, dopo alcune difficoltà per ottenere il permesso di stampa dal rappresentante dell’inquisitore ecclesiastico, l’Istoria della generazione dell’uomo, e degli animali e il De’ corpi marini, che su’ monti si trovano. Nell’Istoria della generazione si pronunciò a favore del preformismo ovistico nella variante degli inviluppi. Tale tesi faceva propria la prospettiva creazionistica agostiniana, la quale voleva che Dio, all’inizio dei tempi, avesse creato tutto contemporaneamente e, quindi, anche tutti gli embrioni di tutti gli uomini, inviluppati nelle ovaie di Eva, che si sarebbero sviluppati nel corso del tempo. Sempre in quest’opera si trova illustrato un altro concetto chiave della visione vallisneriana della natura, che è quello della grande catena degli esseri. Vallisneri collocò nella catena degli esseri non solo le specie viventi, ma l’insieme delle creature, dalla semplice terra all‘uomo. Il modello di classificazione da lui seguito si basava sui dati messi a disposizione dalle raccolte naturalistiche del suo celebre Museo e sulla convinzione dell’immutabilità delle specie e degli esseri e della loro reciproca e indispensabile complementarità strutturale, funzionale ed etologica.
Nel De’ corpi marini, che su’ monti si trovano sono studiate l’origine e le caratteristiche dei fossili marini presenti sui rilievi montani. Vallisneri rifiutò le teorie che ritenevano i fossili degli ‘scherzi di natura’, prodotti dalle nature plastiche sulla materia inerte, resti di alimenti pietrificati, animali marini nati da uova trasportate sui monti dai vapori ascesi attraverso gli alambicchi e i cunicoli sotterranei. Anche se non esplicitamente – per sfuggire alla censura ecclesiastica – si oppose alle tesi che spiegavano l’origine dei fossili facendo ricorso al diluvio universale. La posizione antidiluviana di Vallisneri appare invece nel carteggio ben definita, articolata e sviluppata assai per tempo rispetto alla pubblicazione del De’ corpi marini, che su’ monti si trovano, che di questi suoi studi e ricerche rappresenta la sintesi organica, anche se, per alcuni aspetti, criptata rispetto alle tesi maggiormente radicali e meno accettabili da parte dell’ideologia cattolica tradizionalista e, quindi, da leggere e da interpretare con l’ausilio delle informazioni fornite dalla corrispondenza.
Confutate, direttamente o indirettamente, tutte le altre tesi, Vallisneri accreditò come la più probabile quella che spiegava la presenza dei fossili marini sui monti attraverso una serie di inondazioni e trasformazioni geologiche parziali, che avevano lasciato emergere terre precedentemente coperte dal mare e viceversa.
Nel 1725 uscì il Dell’uso, e dell’abuso delle bevande, e bagnature calde, o fredde che integrava, nella sua seconda edizione di quell’anno, il De potu vini calidi di Giovanni Battista Davini del 1720. In quest’opera di carattere medico, Vallisneri intervenne nel dibattito relativo all’opportunità o meno, per la conservazione della salute e per la cura di alcune patologie, fra le quali, in primo luogo, le febbri, di assumere bevande fredde o calde. In sintonia con quanto sostenuto da Davini, anche Vallisneri si dichiarava in linea di massima a favore delle bevande calde, pur ammettendo l’esistenza di situazioni patologiche particolari nelle quali il medico doveva, a ragion veduta e con le dovute cautele, prescrivere l’assunzione di acqua fredda. In tutti gli altri casi il professore patavino, partendo dalla sua concezione meccanicistica e corpuscolaristica dei fenomeni vitali e dalla convinzione dell’uniformità delle leggi di natura, riteneva che le bevande calde o tiepide fossero da preferirsi, in quanto più adatte alla vita e ad assecondare le operazioni della natura. La vita è infatti movimento, e questo è caratterizzato dal calore, che viene sostenuto dall’ingestione di liquidi caldi e non freddi. Le bevande calde favoriscono inoltre la digestione, facilitando l’operazione di frammentazione, a livello corpuscolare, degli alimenti solidi che in essa avviene attraverso l’intervento dei fermenti stomacali.
Nel 1722 pubblicò, in forma anonima, nel primo tomo dei «Supplementi al Giornale de’ letterati d’Italia», l’articolo Che ogni Italiano debba scrivere in lingua purgata italiana, o toscana che, in perfetta sintonia con il progetto di rilancio della cultura nazionale perseguito dal «Giornale de’ letterati d’Italia» e dal gruppo intellettuale che vi gravitava intorno, sostenne l’esigenza di valorizzare la lingua italiana, sia promuovendone lo studio e il perfezionamento nella penisola, sia diffondendola in Europa.
Nel 1726 iniziò la stesura del Saggio alfabetico d’istoria medica e naturale, che affrontò per la prima volta il problema della lemmatizzazione di una lessicografia scientifica di settore, in questo caso medico-naturalistica, per la quale Vallisneri riteneva il Vocabolario della Crusca largamente carente e improprio, fondandosi sull’autorità puramente letteraria degli autori e trascurando la maggior parte della terminologia scientifica italiana del tempo. Espressione ultima e più significativa dell’interesse coltivato da Vallisneri per l’ambito letterario sin dagli anni giovanili, l’opera rimase incompiuta, e fu pubblicata postuma nelle Opere fisico-mediche del 1733. Il fine non strettamente lessicografico e il carattere non sistematico dell’impianto delle voci non impedirono una messa a punto, rispetto alla Crusca, dell’ambito di significazione dei termini o l’esplicitazione di insufficienze, errori e inesattezze delle definizioni. L’intento di giungere alla codificazione di una specifica terminologia scientifica che arricchisse anche l’italiano, come già era accaduto per altre lingue europee, dei termini che trovavano larga applicazione nel lessico scientifico internazionale del tempo testimonia l’estrema apertura della prospettiva linguistica del progetto.
Il costante riferimento al principio di rinnovamento e di perfettibilità delle lingue – presente anche nelle argomentazioni del Che ogni Italiano debba scrivere in lingua purgata italiana, o toscana – andava senza riserve al di là anche del meno rigido classicismo settecentesco, e dava un taglio assai innovativo alla visione linguistica del Saggio, anticipando quelle che sarebbero state le prese di posizione del più maturo Illuminismo, verso il quale la riflessione e l’opera di Vallisneri costituirono un tramite significativo anche su questo terreno.
Opere fisico-mediche, Venezia 1733.
Epistolario, a cura di D. Generali, 1° vol., 1679-1710, 2° vol., 1711-1713, Milano 1991-1998.
È in corso a Firenze, presso la casa editrice Olschki, la pubblicazione dell’Edizione nazionale delle opere di Antonio Vallisneri, nell’ambito della quale il primo volume della Biblioteca dell’Edizione nazionale contiene la Bibliografia delle opere di Antonio Vallisneri, a cura di D. Generali, 2004, a cui si rimanda per un elenco completo delle sue pubblicazioni, molte delle quali uscite anonime o pseudonime.
G.A. di Porcia, Notizie della vita, e degli studi del Kavalier Antonio Vallisneri, a cura di D. Generali, Bologna 1986.
D. Generali, Antonio Vallisneri. Gli anni della formazione e le prime ricerche, Firenze 2007.
Antonio Vallisneri. La figura, il contesto, le immagini storiografiche, a cura di D. Generali, Firenze 2008.
Si veda inoltre il sito www.vallisneri.it che, nella pagina Studi su A. Vallisneri, fornisce un elenco completo della bibliografia critica sul personaggio sino al 2000, anno di avvio dell’Edizione nazionale.