VOLSCO, Antonio
– A lungo confuso con Antonio Costanzi di Fano, nacque invece intorno al 1440 a Piperno, oggi Priverno, nel basso Lazio. ‘Volsco’ è il nome da lui assunto nell’Accademia Romana di Pomponio Leto, in omaggio al popolo un tempo ivi stanziato. Sono ignoti i nomi dei genitori, mentre l’approssimativa data di nascita può ricavarsi da una lettera del suo maestro al cardinale Iacopo Ammannati del 1° settembre 1467, nella quale viene proposto per una cattedra presso lo Studio di Siena (Ammannati Piccolomini, 1997, p. 1040), nonché dalla lettera di dedica di Paolo Marsi per la sua edizione dei Fasti di Ovidio nel 1482, in entrambe le quali è definito «iuvenis» (quindi tra i 25 e 40 anni).
Studiò in Roma sin da giovinetto; nello Studio senese, in quegli anni, di lui non vi è comunque traccia, ma dovette invece recarsi a Napoli, come provano due lettere da lui scritte al Panormita (Antonio Beccadelli) in cui emerge il suo entusiasmo per la figura e l’opera del suo nuovo maestro. A Napoli visse probabilmente per due o tre anni guadagnandosi da vivere con lezioni private. La partenza da Roma lo preservò dalla bufera scatenatasi sull’Accademia Romana nel febbraio del 1468. Nei primi anni Settanta lo si ritrova a Roma al fianco di Pomponio nel complesso lavoro di emendamento dell’opera del grammatico latino Nonio Marcello, De proprietate Latini sermonis, come ricorda Pomponio stesso nell’epistola di dedica a Gaspare Biondo. Negli stessi anni ebbe inizio la sua trentennale carriera di professore di retorica e poesia latina: quando Girolamo Bologni rievoca il suo soggiorno a Roma degli anni 1473-76 nel X libro dei suoi Promiscuorum, lo elenca infatti tra i professori dello Studio romano accanto a Marsi, Berardino Cillenio, Domizio Calderini, Pomponio e Francesco Filelfo, e vi è ancora attestato nel 1499 (Rupprich, 1934, pp. 435-443).
Delle lezioni tenute da Volsco sui Fasti di Ovidio restano due interessanti quaderni di dictata di suoi allievi nella Biblioteca Vallicelliana di Roma (Mss., R 59) e in quella Laurenziana di Firenze (Plutei, 45, 28). Già prima del 1482 aveva pubblicato una Emendatio Virgiliana, affrontando alcuni spinosi passi dell’Eneide, mentre altri corsi tenuti allo Studio entro il 1481 riguardarono Virgilio (almeno il VI libro dell’Eneide e il poemetto Culex dell’Appendix Vergiliana), le Argonautiche di Valerio Flacco, i Punica di Silio Italico, la pseudoovidiana Consolatio ad Liviam e le Heroides di Ovidio. Dagli appunti delle sue lezioni su queste due ultime opere fu tratta la prima stampa di suoi commenti a Parma l’8 settembre 1481, ‘rubata’ dai suoi stessi amici per vincere la sua ritrosia alla pubblicazione. L’edizione ufficiale veneziana delle Heroides di tre mesi dopo, ristampata più volte ancora in pieno Cinquecento, lo rese famoso anche Oltralpe.
Dei primi di gennaio del 1482 è la sua edizione romana dei quattro libri di Elegiae di Properzio, seguita nel 1488 dalla stampa veneziana del suo commento che contiene ben quattro lettere di dedica al cardinale Giuliano Della Rovere, futuro papa Giulio II. Nel 1578 comparve a Basilea un’edizione delle Satyrae di Persio con un quadruplice commento in margine, uno dei quali di Volsco, verosimilmente tratto da appunti dettati nel corso di sue lezioni. Numerose le testimonianze che lo vedono inserito nella vita del circolo pomponiano negli anni Settanta e Ottanta del Quattrocento. Nel 1475 o nel 1482 si presentò al fianco di Pomponio per festeggiare il compleanno di Pacifico Massimi insieme a letterati di varie parti d’Italia (Castelli, 2018, pp. 11 s.). Nello stesso periodo lasciò il suo nome sulle pareti delle catacombe dei Ss. Marcellino e Pietro sulla via Labicana, accanto a quello di Pomponio e di altri accademici. Compare inoltre tra i protagonisti del dialogo De vero et probabili amore di Paolo Pompilio, intento a ragionare d’amore sulle rive del lago di Bracciano (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 2222, cc. 46r-76v).
Volsco si guadagnò ben presto la fama di interprete dei più ardui riferimenti mitologici, storici, geografici e linguistici dei poeti latini. Il suo nome fu citato tra i maggiori rappresentanti dell’Accademia Romana da diversi autori, ivi incluso Angelo Poliziano in una lettera ad Alessandro Cortesi dell’11 agosto 1489 (Del Lungo, 1897, pp. 248-254). Fu tra gli allievi più vicini a Pomponio e legatissimo a Marsi, ma sono noti alcuni suoi dissidi con altri professori dello Studio romano, per lo più condivisi con i suoi stessi colleghi: è il caso di Martino Filetico, che aveva attaccato pubblicamente Pomponio e il suo circolo, e di Domizio Calderini, il cui cattivo carattere era universalmente riconosciuto. Clamoroso fu però il contrasto che lo oppose a un altro tra i più vicini e famosi allievi del maestro, Pietro Marso. In una delle lettere di prefazione contenute nel suo commento a Properzio, Volsco lo attaccò infatti per l’edizione dei Punica di Silio Italico da lui curata nel 1483. Marso rispose a tono nella sua seconda edizione del De officiis di Cicerone nel 1491.
Il 30 dicembre 1489 si stampò a Bologna una Disputazione di precedenza intra il Cavaliere, Dottore e Conte, poemetto in terzine di Tommaso Beccadelli in cui un certo Demetrio, giunto a Roma da Bologna, chiede a Volsco se in cima alla scala sociale debba collocarsi il dottore in legge, il milite o il nobile; è l’unica occasione, ancorché di finzione, in cui si vede Volsco esprimersi in italiano anziché in latino: «Ecc’è novella alcuna da Bologna?» (Fantuzzi, 1782, pp. 27-31).
A seguito di un’aggressione notturna subita da suo padre nello stesso anno, da lui descritta in un poemetto in endecasillabi dedicato a Innocenzo VIII (Perugia, Biblioteca comunale Augusta, 306, cc. 65v-66r), Volsco lasciò Roma per circa tre anni. Se non fu a Bologna, poco mancò che si recasse a Fano, giacché in seguito alla morte di Antonio Costanzi, ivi precettore di grammatica e retorica, avvenuta il 28 aprile 1490, un Consiglio speciale cittadino discuteva il 2 maggio se scegliere quale suo successore Volsco od Ottavio Cleofilo; il Consiglio generale optò però per quest’ultimo, fanese e già allievo del defunto Costanzi (Archivio di Stato di Fano, Consigli, 24, cc. 127-128; 25, cc. 12v-16v). Nei successivi due anni accademici insegnò invece allo Studio di Perugia sotto il dotto pseudonimo di Ausonio di Priverno: gli Ausoni furono infatti, secondo Strabone (Geografia, V, 3, 6), un antico popolo stanziato nella pianura pontina, in seguito occupata dagli Osci-Volsci.
Non dimenticò comunque la sua città natale. Sin dal 1487 aveva acquistato la metà di una vigna con terreno seminativo in località Canapine di Piperno (Archivio di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, 1116, cc. 93r-94r). Il 23 giugno 1494 ottenne dalla Camera apostolica la locazione perpetua di una ex sinagoga in Piperno al censo annuale di due libbre di cera; il provvedimento fu emesso dal cardinale camerlengo Raffaele Riario, promotore dell’Accademia pomponiana e in particolare delle sue rappresentazioni teatrali, su mandato del papa Alessandro VI (Archivio apostolico Vaticano, Arm. XXXV, t. 41, c. 41). Nel 1501 acquistò infine un’altra vigna e quattro terreni in località Ponte Capraro di Piperno; a questa data Volsco si era ormai trasferito nel rione Monti (v. Archivio di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, 1120, cc. 126v-128r).
Intorno al maggio del 1502 fu costretto ad allontanarsi nuovamente da Roma, come si può desumere da un componimento a lui dedicato da Evangelista Maddaleni Capodiferro, detto Fausto, suo probabile ex allievo (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3351, c. 39). La famiglia Colonna gli offrì un quieto rifugio al riparo dai rovesci della dea Fortuna, probabilmente nella cittadina di Palestrina, di cui era signore Francesco Colonna e vescovo il cardinale Girolamo Basso Della Rovere. A quest’ultimo Volsco dedicò il primo libro del suo De antiquitate Latii, di cui rimane il solo manoscritto decorato donato al prelato, che si può supporre composto in questo periodo (Londra, British Library, Harley, 5050). Restano manoscritte nelle raccolte Piancastelli della Biblioteca di Forlì (Sala O, Mss., VI. 73, cc. 14-22) anche due sue importanti orazioni funebri del 1498 per i cardinali Giangiacomo Schiaffinati e Giambattista Savelli.
Sin dal 1496 fu in rapporto con la Compagnia di S. Bernardo, una confraternita aperta a laici e sacerdoti (con particolare enfasi sull’oratoria sacra) fondata nel 1440 da Francesco dello Schiavo Foschi di Berta nella sua casa trasformata in chiesa, proprio di fronte alla colonna Traiana. Nel 1500 risultava guardiano della Compagnia sotto il beffardo nome di Antonius Volsculus de Catapolis, cioè ‘il volscaccio della città bassa’, con allusione alla sua ormai mutata residenza proprio ai piedi del Quirinale, e della sede dell’Accademia nella ex casa di Pomponio; nel 1505 era ascritto ai confratelli insieme a Evangelista Maddaleni e a Tommaso Inghirami detto Fedra (Archivio di Stato di Roma, Corporazioni religiose soppresse, Cistercensi in S. Susanna, 4381, pp. 45, 93, 101 251 s.). Da una vendita del 1504 e da due bolle del 1509 e 1511 di Giulio II si viene a sapere che Volsco aveva abitato nella chiesa di S. Nicolò alla colonna Traiana in quanto rettore e detentore delle rendite di 60 ducati d’oro annuali, posizione contestatagli dal chierico di Castro Nicola Silvio, che lo accusava anche di atteggiarsi a sacerdote (Archivio apostolico Vaticano, Reg. lat. 1239, cc. 310r-312r; 1258, cc. 90r-91v).
Sulla scorta di un epigramma funerario per lui scritto da Maddaleni, la data di morte può essere collocata tra la fine del 1506 e gli inizi del 1507. A testimonianza del parziale riallineamento dei suoi interessi nell’ultimo periodo di vita, nei versi non viene ricordata l’erudizione già dimostrata nell’esegesi dei poeti latini, bensì la sua opera storica in prosa e in versi: «scribere facta virum et facta virum canere» (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3351, c. 104v).
Fonti e Bibl.: Oltre alle fonti citate nel corso della voce si vedano: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3372, cc. 91r e 96r; Archivio di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, CNC 1119, cc. 236r-238v; 1120, cc. 212v-214v; Archivio storico Capitolino, Sez. I, 892, cc. 11r-12r; Archivio di Stato di Firenze, MAP 52, 18 e 19; Archivio di Stato di Perugia, Consigli e riformanze 121, cc. 63v, 87v, 110v, 141v-142r; 122, c. 34r; Perugia, Biblioteca comunale Augusta, 306, cc. 15r, 48v; Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 716, cc. 153r-154v.
F.O. Cleofilo, Epistola ad amicos Ferrarienses, Roma 1485; T. Valle, La città nova di Piperno, Napoli 1646, pp. 343 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, ad ind.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VI, parte 2, Roma 1784, pp. 252 s.; D.M. Federici, Memorie trevigiane sulla tipografia del secolo XV, Venezia 1805, p. 119; G.B. Vermiglioli, Memorie di Jacopo Antiquari, Perugia 1813, pp. 342 s.; I. Del Lungo, Florentia. Uomini e cose del Quattrocento, Firenze 1897; E. Celani, Johannis Burckardi Liber Notarum, II, Città di Castello 1906-1910, pp. 68 s.; ; H. Rupprich, Der Briefwechsel des Konrad Celtis, München 1934; C. Dionisotti, Lavinia venit litora. Polemica virgiliana di Martino Filetico, in Italia medievale e umanistica, I (1958), pp. 283-315; M.C. Dorati da Empoli, I lettori dello studio e i maestri di grammatica a Roma, in Rassegna degli Archivi di Stato, XL (1980), pp. 98-147; R.J. Palermino, The Roman Academy, the catacombs and the conspiracy of 1468, in Archivum Historiae Pontificiae, XVIII (1980), pp. 117-155; A. Lupattelli, Il commento properziano di A. V., in Commentatori e traduttori di Properzio dall’umanesimo al Lachmann. Atti del Convegno..., 1994, a cura di G. Catanzaro - F. Santucci, Assisi 1996, pp. 381-393; I. Ammannati Piccolomini, Lettere, a cura di P. Cherubini, Roma 1997; Martini Philetici In corruptores latinitatis, a cura di M.A. Pincelli, Roma 2000; C. La Malfa, Reassessing the Renaissance of the Palestrina Nile mosaic, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, LXVI (2003), pp. 267-271; S. Zucchini, Università e dottori nell’economia del Comune di Perugia, Perugia 2008, pp. 303, 347; Maestri, insegnamenti e libri a Perugia, a cura di C. Frova et al., Milano 2009, pp. 65 s.; G.P. Castelli, Un’inedita descrizione di Capodimonte sul lago di Bolsena del poeta ascolano Pacifico Massimi, in Incunabula. Miscellanea di studi e ricerche sul territorio del lago di Bolsena, II (2018), pp. 7-20; Id., A. V. da Piperno: profilo biografico con documenti e versi inediti, Priverno 2020, in corso di stampa.