WINSPEARE, Antonio. –
Nacque a Livorno l’11 settembre 1739 da David e da Anna Ferrari. Il padre, di famiglia inglese cattolica originaria dello Yorkshire, era in Italia dal 1708.
Non sappiamo quando Antonio si trasferì a Napoli, dove nel 1756 e 1757 fu cadetto nel reggimento reale di fanteria. Il 28 dicembre 1759 fu nominato «ingegnere volontario». Come molti militari del tempo, partecipò attivamente alle vicende della massoneria: il 26 aprile 1769 fu «fratello fondatore» della loggia La Bien Choisie, nel 1784 fu maestro nella loggia La Vittoria (Di Castiglione, 2008, I, p. 91, II, pp. 241 s.).
All’inizio del 1768 ebbe un incarico che lo occupò per più di vent’anni e che fu decisivo per la sua carriera: il ripopolamento delle isole di Ponza e Ventotene. Insieme all’ingegnere Francesco Carpi, si occupò del progetto complessivo di colonizzazione: edilizia civile, militare e religiosa, coltivazioni, pesca, redazione delle piante, trasferimenti di abitanti, inclusi – anche a scopo rieducativo – condannati per furto e prostituzione. A Ponza fece realizzare la chiesa, nel 1769, il castello, fra il 1772 e il 1779, e i lavori di ristrutturazione del porto, mentre Carpi si occupò più particolarmente del carcere.
Sposato dal 1772 con Giuditta Scillitani, Winspeare ebbe quattordici figli, dei quali sopravvissero sei maschi e sei femmine, che seguì con grande attenzione e cura, come testimonia il fitto carteggio con loro conservato nell’Archivio privato: le femmine furono destinate al convento e al matrimonio, i maschi alla Chiesa, al foro, alle magistrature, all’esercito.
Per le capacità dimostrate a Ponza, nel marzo del 1783 Winspeare fu inviato nella provincia di Calabria Ultra, colpita ai primi di febbraio da un devastante terremoto. Il 9 aprile arrivò a Reggio e di qui, insieme all’ingegnere Francesco La Vega, incominciò a visitare i luoghi colpiti dal sisma, per verificarne le condizioni e programmare la ricostruzione.
Del loro operato diedero conto nella fitta corrispondenza inviata al vicario Francesco Pignatelli, al ministro John Francis Edward Acton, al marchese della Sambuca. Le lettere, datate dal 9 aprile al 18 giugno 1783 e firmate da entrambi, descrivono i luoghi visitati e le misure adottate all’interno della loro missione, «relativa alla scelta dei siti per la riedificazione delle distrutte abitazioni» (Placanica, 1982, p. 122).
I due ingegneri assolsero l’incarico con equilibrio, cercando di contemperare i diversi interessi dei vari strati sociali con l’entità dei danni subiti e le caratteristiche idro-geologiche locali. In ogni paese e città convocarono le assemblee dei capifamiglia (i ‘parlamenti’) per raccogliere i loro pareri sui luoghi in cui riedificare, verificando accuratamente le ragioni naturali, economiche e sociali delle loro richieste. Provvidero inoltre alle bonifiche e agli scoli per le acque stagnanti nelle valli sconvolte dal sisma.
Il 10 aprile 1784 Winspeare fu nominato nella giunta degli ingegneri incaricata di istituire una giunta generale di direzione delle strade. Nel 1794 pubblicò una Memoria sull’eruzione del Vesuvio accaduta la sera de’ 15 giugno 1794, scritta insieme allo scienziato romano Scipione Breislak, professore di mineralogia del Reale Corpo degli artiglieri a Napoli, nella quale si dichiarava «tenente colonnello del Reale Corpo del Genio».
L’Avvertimento ai lettori precisava che si fornivano le «notizie più esatte», in quanto uno di loro (lo stesso Winspeare) era stato «incaricato a dirigere alcune operazioni prescritte dalla pubblica autorità in sì luttuosa occasione» ed entrambi per venti giorni avevano visitato il Vesuvio e i dintorni (pp. 3-4). Descrivevano minuziosamente l’eruzione, preceduta il 12 giugno da una violenta scossa di terremoto, le manifestazioni che l’avevano accompagnata e seguita (fragori, nuvole di fumo, colate laviche, piogge, ceneri, fulmini), non solo, ma anche le reazioni degli abitanti e le misure assunte dal sovrano, che celebravano per la prontezza e la lungimiranza. Esaminavano poi i fenomeni che accompagnavano le eruzioni vulcaniche: terremoti, elettricità atmosferica, consistenza e composizione chimica del materiale lavico.
Molto apprezzata dal geologo francese Déodat Dolomieu, la Memoria fu tradotta in tedesco e pubblicata a Dresda nel 1795, accompagnata da una memoria meteorologica di Karl Joseph Biener von Bienenberg e da una memoria sull’elettricità di M.A. D’Onofrio, professore a Napoli. Come scriveva il 26 luglio 1794 il riformatore molisano Giuseppe Maria Galanti, la Memoria provava che Winspeare si era «dato tutto alla storia naturale» (Rao, 1997, p. 172 nota 217).
Ma, pur nutrendo ampi interessi scientifici, eruditi, antiquari, collezionistici, Winspeare si dedicò soprattutto alla carriera amministrativa. Nel 1795 fu inviato a Catanzaro come preside, la principale carica dell’amministrazione periferica del Regno di Napoli, preposta al governo dell’intera provincia di Calabria Ultra. Dové gestire una situazione molto difficile: ai problemi economici e sociali si aggiunsero tensioni politiche e movimenti settari, che il 12 settembre 1797 portarono all’uccisione del governatore di Reggio Giovanni Pinelli (Cingari, 1957, p. 91). Quando il 21 gennaio 1799 a Napoli fu proclamata la Repubblica, Winspeare mandò moglie e figli a Messina e il 7 febbraio accolse a Pezzo (presso Villa San Giovanni) il cardinale Fabrizio Ruffo, vicario generale del re Ferdinando IV fuggito a Palermo (pp. 114 s., 139-143, 175). Nominato generale delle bande sanfediste, secondo il nipote Giacomo Savarese rifiutò l’incarico (Rizzo, 2004, pp. 36 e 49 nota 3), mentre il diarista Carlo De Nicola alle date del 13 marzo e 6 aprile registra la crescita dell’esercito realista sotto la guida sua e di Ruffo (De Nicola, 1906, I, pp. 78 e 100). Fu lui a fornire al cardinale una pianta militare della Calabria (Valerio, 1993, p. 185), per poi raggiungere il sovrano in Sicilia, mentre il figlio Davide (v. la voce in questo Dizionario), arrestato dai repubblicani il 26 febbraio, fu rilasciato il 13 luglio (De Nicola, 1906, I, pp. 63, 241). Caduta la Repubblica, riprese il suo posto a Catanzaro, e il 9 giugno 1799 lanciò un acceso proclama contro il bandito Angelo Paonessa, invitando la popolazione ad armarsi per restaurare la monarchia (Cingari, 1957, p. 368). Impegnato nella restituzione dei feudi sequestrati ai baroni da Ruffo per sostenere il suo esercito (Rao, 1986, p. 571 nota 16), il 25 marzo 1801 da Catanzaro inviò a Emanuele Parisi, direttore della R. segreteria di Stato di Grazia e Giustizia, un ampio rapporto sugli eventi che si erano succeduti in Calabria dopo la proclamazione della Repubblica e la sua caduta, e sulla diffusione del movimento massonico e patriottico (Cingari, 1957, p. 118 nota 40).
Animato da un senso profondo del servizio dello Stato, cercò di assicurare il corretto esercizio delle funzioni amministrative da parte dei subalterni, reprimendo abusi e ruberie. In una lettera al figlio Davide del 18 maggio 1802 definì «disgustosa» la situazione in Calabria (Rizzo, 2004, p. 27). Anche all’amico Giuseppe Zurlo espresse le sue preoccupazioni per le condizioni economiche della provincia, che non poteva essere ulteriormente gravata da imposte. Immiserita dal succedersi di eventi traumatici, dal 1783 al 1799, la Calabria continuava a essere esposta alle incursioni barbaresche, ulteriore ostacolo alla ripresa del commercio (pp. 38 s.).
Il desiderio di avere un’altra sede, ripetutamente manifestato nelle sue lettere, fu infine esaudito dalla nomina al presidato del Principato Ultra, a Salerno, dove rimase dal dicembre del 1802 fino a tutto il 1804.
Durante il Regno di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat Winspeare ebbe nuovi incarichi a Napoli. Dal 1807 fu direttore del Deposito generale della guerra, poi fuso nel 1814 con il Deposito topografico, nel 1811 fu nominato direttore generale del corpo reale degli ingegneri di Ponti e Strade, istituito da Murat il 18 novembre 1808.
Restaurati i Borbone, divenne membro del Supremo Consiglio di cancelleria, istituito l’8 dicembre 1816. Nel 1819 fu insignito dell’Ordine di S. Giorgio della Reunione (Rizzo, 2004, p. 84). Negli ultimi anni si diede soprattutto agli studi, e pubblicò Le odi di Anacreonte recate nuovamente dal greco in verso italiano, Venezia, dalla tipogr. di Alvisopoli, 1817, precedute dalla Vita di Anacreonte di Andrea Mustoxidi.
Erroneamente attribuite al figlio Davide, a questi si devono le note e la prefazione «Al Leggitore», siglata D.W., che fa chiaro riferimento ad Antonio quando scrive che il traduttore, «deposte le cure de’ pubblici affari, compiuto già l’anno settantesimo dell’età sua, e cercando onesti e dilettevoli ozj, si volse allo studio della lingua Greca, trasportò in differenti metri italiani la più parte dei poeti antichi, e non destinò queste esercitazioni se non al passatempo proprio ed all’intrattenimento degli amici» (p. VI). Esplicito riferimento al traduttore come «Preside e Governatore Militare nelle Provincie di Salerno e di Calabria con somma lode» si fa poi in nota al Ritratto poetico del traduttore. Ode del cavaliere Angelo Maria Ricci (p. XXXI).
Morì a Napoli il 13 gennaio 1820. Tre giorni prima, in presenza dell’amico Zurlo, al figlio Davide aveva consegnato un Discorso con il quale trasmetteva ai suoi discendenti un «capitale di onore, di virtù e di abilità» (Rizzo, 2004, p. 28).
Fonti e Bibl.: Oltre alla corrispondenza conservata nell’Archivio privato Winspeare a Depressa (Tricase) nel Salento (sul quale Rizzo, 2004), documenti connessi alla sua carriera militare e amministrativa sono nell’Archivio di Stato di Napoli, molti dei quali citati, segnalati o riprodotti, oltre che in Rizzo, 2004, in Rao, 2019 (in partic. documenti dell’Archivio Farnese su Ponza e Ventotene), in Cingari, 1957 (in partic. relazioni del 1800-01 sugli eventi calabresi e su sequestri e confische dei beni dei rei di Stato).
C. De Nicola, Diario napoletano 1798-1825, I-III, Napoli 1906 (ristampa a cura di R. De Lorenzo, Napoli 1999), I, ad ind.; G. Cingari, Giacobini e sanfedisti in Calabria nel 1799, Messina-Firenze 1957, ad ind.; A. Placanica, L’Iliade funesta. Storia del terremoto calabro-messinese del 1783, Reggio Calabria 1982, pp. 114-143; A.M. Rao, La prima restaurazione borbonica, in Storia del Mezzogiorno, IV, 2, Roma 1986, pp. 541-574; V. Valerio, Società uomini e istituzioni cartografiche nel Mezzogiorno d’Italia, Firenze 1993, ad ind.; A.M. Rao, L’«amaro della feudalità». La devoluzione di Arnone e la questione feudale a Napoli alla fine del ’700, Napoli 1997, ad ind.; M.M. Rizzo, Potere e «Grandi Carriere». I Winspeare (secc. XVIII-XX), Galatina 2004; R. Di Castiglione, La Massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli» meridionali del ’700, I-II, Roma 2008, ad ind.; Le isole ponziane nel 1700: un percorso attraverso carteggi, progetti e piante, Minturno 2019, ad indicem.