ADORNO, Antoniotto
Nacque a Genova intorno al 1479 da Agostino, governatore per il duca di Milano, e da Franchetta Lercari contessa di Tenda.
Nel 1495, per il trattato del 9 ottobre fra Carlo VIII e Ludovico il Moro, l'A. doveva essere ostaggio per garanzia dell'alleanza. Il 25 sett. 1496 fu tra i cittadini che andarono incontro all'imperatore Massimiliano al suo passaggio da Genova.
Nell'ottobre 1498 gli venne attribuito dalla voce pubblica l'assassinio di Geronima Spinola, che avrebbe contrastato l'amore dell'A. per una sua figlia. Secondo i cronisti contemporanei (più esplicito il Salvago, più circospetto e dubbioso il Senarega, indifferente e imparziale il Sanuto nella smentita) la verità non fu mai appurata; ne risultò però una mortale inimicizia con gli Spinola.
Nel 1507, secondo un documento riportato solo dal De Rossi, egli si sarebbe offerto all'imperatore Massimiliano con suo fratello Gerolamo, per conquistargli Genova. Ma nel 1512 l'A., forse dopo contatti col papa (giugno 1512), si trovava dalla parte francese. Nel maggio 1513, raccolto col fratello Gerolamo un esercito di tremila uomini, attaccò il doge Giano Fregoso, che dovette fuggire da Genova. L'A. si presentò in città a nome del re di Francia in attesa di formale investitura, che però fu data troppo tardi (8 giugno), quando la sconfitta francese di Novara (6 giugno) aveva il suo contraccolpo in Genova.
Mentre la flotta di Nicolò Doria costringeva quella francese a ritirarsi, accorreva Ottaviano Fregoso con il marchese di Pescara, che prevenne il condottiero pisano Tarlatino, assoldato dagli Adorno. Costoro, persa ormai la partita, nella notte fra il 16 e il 17 giugno fuggirono a Milano.
L'A. tentò anche di sfruttare la gelosia di Giano per il cugino Ottaviano e nell'ottobre-novembre 1513, insieme con il fratello Gerolamo e Scipione Fieschi e d'accordo con Giano, invase la Liguria, appoggiato dalla Francia e dallo Sforza. Ma l'impresa, cominciata felicemente, sfumò all'improvviso il 25 novembre, quando l'esercito assoldato si disperse, forse perché non pagato, forse anche per un intervento diplomatico in extremis di Leone X e del viceré di Napoli a favore di Ottaviano. Ancora verso la fine del 1514 l'A. con il fratello, che gli sarà sempre al fianco, tentò un'altra incursione su Genova, che però fallì.
Il voltafaccia del Fregoso, che cedeva la città alla Francia (aprile 1515), portò l'A. nel campo antifrancese, mentre la lunga contesa franco-asburgica ancora una volta si decideva intorno al sistema politico-strategico di Milano-Genova: il trattato tra Spagna e il papa (28 maggio 1521) poneva infatti Genova come fondamentale obiettivo militare. Dopo vari tentativi falliti (nel 1521 l'A. prese Chiavari, ma dovette subito abbandonarla), la vittoria spagnola alla Bicocca (27 apr. 1522) facilitò la strada di Genova, che fu attaccata il 21 maggio. Con gli eserciti imperiali di Prospero Colonna e del Pescara erano i due fratelli Adorno.
Il 31 maggio, dopo una serie di inutili trattative, la città fu presa d'assalto e saccheggiata; l'A. venne imposto come doge dalla volontà di Carlo V (2 giugno), che poteva così controllare la politica genovese con la pesante presenza del suo ambasciatore.
Sotto una apparente indipendenza Genova fu di fatto assorbita nella politica asburgica e Carlo V esortava i Genovesi a rispettare nell'interesse pubblico i fratelli Adorno "da lui preposti al governo come fedeli vassalli" (lettere giugno e ottobre 1522, 10 marzo 1523), mentre un diploma cesareo (settembre 1522) prendeva sotto la sua particolare protezione i due fratelli Adorno e, con loro, lo stesso stato genovese.
Il governo dell'A. (il fratello Gerolamo morì nel febbraio 1523) fu scarsamente popolare, come si può intuire attraverso la corrispondenza imperiale, ma fu rassegnatamente accettato: nel silenzio circospetto delle fonti si intuiscono fermenti, che però solo più tardi troveranno modo di raccogliersi intorno alla personalità eccezionale di Andrea Doria.
Varie circostanze confermano la funzione subordinata e puramente strumentale dell'A.: l'obbligata adesione di Genova alla lega antifrancese del luglio-agosto 1523; il metodico sfruttamento delle risorse finanziarie genovesi e della posizione strategica della città; la disinvoltura con cui il territorio genovese venne considerato merce di scambio (trattative segrete di Carlo V con la Francia nel maggio 1524); le oscure pressioni sull'A. al tempo della congiura di G. Morone; la resistenza dell'imperatore a venire incontro alle richieste genovesi di libero traffico nei territori spagnoli. Solo nella progettata impresa militare contro la Provenza l'A., interpretando i timori di rappresaglie francesi contro il commercio genovese, resistette alle richieste di contributi finanziari e navali, fino a stancare lo stesso Carlo V (cfr. postilla autografa ad un dispaccio del 3 ag. 1525di Lope de Soria, in Colección de documentos...,XXIV, p. 355-356).
L'impresa anche per questo fallì. L'A. vedeva farsi pericolosa la situazione per Genova in seguito alla controffensiva francese. Ma la giornata di Pavia (25 febbr. 1525) risollevò le sorti di Carlo V. Il re francese, prigioniero, venne affidato all'A, per la prima custodia.
Nella nuova situazione, l'A. non ritenne di aderire agli inviti, che certamente gli vennero dall'amico Morone, e così pure quando venne a Genova B. Tasso per attirarlo nella lega di Cognac. Perduta Savona (agosto 1526), l'A. resistette al blocco navale (settembre) e ai successivi attacchi francesi; ma l'estate successiva l'azione dei collegati, fattasi più decisa dopo il Sacco di Roma, portò all'occupazione francese di Genova (19 ag. 1527). L'A. partiva senza danni con un apparato solenne e con ricco equipaggio personale.
Ritiratosi prima nei suoi feudi di Val d'Orba, ove però perdette Ovada e Sale, si trasferì poi a Milano, dove morì il 12 sett. 1528 (cfr. Calendar of State Papers, Spain,III, Henry VIII,I, London 1877, p. 787) e fu tumulato nella chiesa di S. Francesco presso S. Ambrogio.
Aveva sposato la contessa Anna Pico della Mirandola, che, rimasta vedova, ebbe da Carlo V una pensione di 400 ducati (6 ag. 1533). La figlia Maddalena, unica erede, sposò un lontano cugino, Barnaba Adorno di Carlo.
Un busto dell'A. si trova nel palazzo dei Cattaneo Adorno di Genova, insieme con quello della moglie. Durante il suo dogato l'A. coniò monete e medaglie.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Lettere di principi,mazzo 2777; Senato,filza 1202; Privilegi,busta 2734 (le tre lettere citate di Carlo V del 1522-23); A. Giustiniani, Castigatissimi Annali...,Genoa 1537, cc. 269, 270r, 271r, 274v, 275 ss.; Bartholomei Senaregae De rebus Genuensibus Commentaria...,in Rer. Italic. Script.,2 ediz., XXIV, 8, a cura di E. Pandiani, pp. 58, 68, 153, 159 e passim; Colección de documentos inéditos para la historia de España,XXIV, Madrid 1854, pp. 302-303, 330-331, 355-356, 426, 441; M. Sanuto, I diarii,XXXIII-XLIV, Venezia 1892-95; XLVII-XLVIII, ibid. 1897; L, ibid. 1898, cfr. Indice dei nomi; Il libro dei ricordi della famiglia Cybo,a cura di L. Staffetti, in Atti d. Soc. ligure di storia patria,XXXVIII (1908), p. 317; F. Guicciardini, Storia d'Italia,a cura di C. Panigada, Bari 1929, III, pp. 272, 273, 279, 286; IV, pp. 163, 203; V, pp. 18, 163, 212; B. De Rossi, Istoria genealogica e cronologica delle due nobilissime case Adorna e Botta,Firenze 1719, pp. 152, 165, 171, 174-189; L. M. Levati, Dogi perpetui di Genova (1339-1528),Genova s. d. [ma 1928], pp. 512, 515-544; G. Oreste, Genova e Andrea Doria nella fase critica del conflitto franco-asburgico,in Atti d. Soc. ligure di storia patria,LXXII (1950), pp. 5-17, 23 s.; V. Vitale, Breviario della storia di Genova,I, Genova 1955, pp. 173, 175-178; Encicl. Ital.,I, pp. 521-522.