Turismo, antropologia del
All'inizio del nuovo secolo, il 21°, l'a. del t. è un ambito di studi assestato su quattro grandi settori conoscitivi: la politica economica, il mutamento culturale, l'etnografia semiotica,infine la produttività cognitiva dell'incontro (Hosts and guests 1977, 20013).
Il primo settore concerne il rapporto fra la politica economica e il ruolo svolto dal turismo internazionale sui processi di sviluppo locale; il secondo concerne i modi attraverso i quali il mutamento culturale assume una certa visibilità nel rapporto fra residenti e visitatori; l'etnografia semiotica analizza i percorsi con cui il turismo diviene un movimento di cose e di idee idoneo a produrre reciprocità di immagini e di sguardi fra insiders e outsiders; l'ultimo settore, infine, si riferisce al modo di produzione di descrizioni, credenze e conoscenze nell'incontro turistico (The tourist image 1996). Per tali specifiche caratteristiche, l'a. del t. è un insieme di strategie di ricerca (o subdiscipline), aperto al confronto su temi di confine e su questioni rilevanti per i processi costitutivi dei luoghi che sono legati al viaggio nelle società complesse.
Il tema unitario è l'incontro che si attua nel rapporto di accoglienza fra ospite e ospitante (guest-host) entro uno specifico spazio antropico (sito o località). La mobilità umana agisce sui confini culturali che distinguono i gruppi sociali e innesca varie forme di conflitto identitario. Il campo conoscitivo non è più marcatamente delimitabile, e spesso è comune ad altre discipline (geografiche, letterarie, psicosociali, economiche ecc.); in esso appaiono centrali la dimensione della cultura umana e l'attenzione nei confronti di un'etnografia che è focalizzata sul mutamento sociale e culturale. La prospettiva nasce negli anni Sessanta del Novecento e si formalizza nel decennio successivo con lo studio dei primi impatti del turismo nei Paesi extraeuropei e di quelli in via di sviluppo, per essere poi applicata anche alle aree metropolitane. Essa trova ampia convalida nel globalismo degli inizi del 21° sec., caratterizzato da culture che, ben lungi dal permanere isole statiche, moltiplicano gli scambi reciproci, dinamizzano i regimi di appartenenza e rimescolano storiche asimmetrie fra centri e periferie, secondo un profondo ripensamento della mobilità umana nello spazio.
Alla fitta trama che connette viaggio, consumo e culture corrisponde una struttura fondamentale della modernità (MacCannell 1976): non vi sarebbe turismo se non vi fosse alienazione urbana e metropolitana; quindi la motivazione al viaggio risiederebbe nel desiderio di autenticità, realizzazione e pienezza di vita. Non certo sono mancate critiche a questa teoria: esisterebbero molti comportamenti turistici, e non uno soltanto; il turista non potrebbe mai essere paragonabile al pellegrino medievale in cerca di grazia; i modi di costruire i siti sarebbero plurimi e non monolitici. Le obiezioni sono serie, ma non intaccano il nucleo della teoria che resta dunque condivisibile: esiste una forbice che oppone l'autenticità esistenziale alla vita urbana.
'Pensare' il turismo è operazione non sempre agevole, in quanto spesso viene associato a comportamenti discutibili, quali, per es., il saccheggio delle risorse comuni oppure il turismo sessuale. Estendere lo studio antropologico del turismo alle società complesse è invece una pratica consolidata nella letteratura internazionale sebbene sottoposta a diverse interpretazioni: l'antropologo può analizzare il turismo solo se lo riconduce alle coordinate sociali più complessive dell'unità di studio; oppure deve svolgere un lavoro peculiare sulla cultura turistica quale oggetto di osservazione diretta? La prima riduce il turismo a studio di culture permeate dal viaggio (turismo etnico). La seconda è più utile perché vede nel turismo una forma di vita da riconoscere quale 'alterità': si tratterebbe pertanto di analizzare il turismo quale prodotto e insieme produttore di significati che spetta all'antropologo rilevare e tradurre.
Il punto di partenza metodologico dell'a. del t. è l'analisi dell'incontro. La relazione fondamentale è l'ospitalità quale forma specifica di hospes-hostis, ove lo straniero assume la duplice veste di persona intoccabile e nemico. La dimensione dell'incontro presenta tre aspetti interrelati, che sono distinguibili soltanto se analizzati singolarmente: la dimensione dei bisogni dei soggetti, da collegare direttamente alla formazione degli stili di viaggio e alle classificazioni tipologiche del turismo; l'organizzazione del sito, nella forma in cui il luogo si autorappresenta e nel ruolo che svolgono coloro che hanno diritto a prendere la parola sul destino della località (stakeholders); il peso sociale dell'incontro, stretto fra le nuove tradizioni e le resistenze verso il cambiamento. La forma del fenomeno deriva la sua complessità innanzitutto dalla natura relazionale del contenuto. Tutto ciò implica una serie di discorsi che un gruppo sociale condivide per particolari disposizioni verso l''altro' che oscillano tra l'entusiastica accoglienza e l'ostilità. Entro tali variabili, l'incontro costruisce, consolida e articola linee di confine mobili fra 'sé' e 'altro', i cui segni si fondono sia nelle istituzioni sia nei soggetti del frontstage, quale limen fra chi è ospitato e colui che risiede nel backstage. Tali linee hanno tratti sia letterali sia metaforici: il frontstage può ben essere il portiere di un albergo, oppure un villaggio turistico, un museo, il corpo umano o una risorsa naturale. Si può discutere sulla sua consistenza, permeabilità, rigidità, anche sulla sua estensione o ampiezza, sulla sua natura umana o oggettuale; ma non si può invece disconoscere la necessità di momenti connotanti l'incontro turistico. Lo snodo centrale dell'incontro è costituito da un processo che si gioca su due lati, ognuno dei quali nutre specifiche e reciproche rappresentazioni, sistemi di aspettative e ruoli; si articola in una pluralità di aree di incontro e traffico sociale (Santana 1997). I due lati (ossia la domanda e l'offerta) rappresentano un gioco peculiare, la cui visibilità presuppone la figura dell'osservatore esterno, in grado di determinare la presenza di dinamiche oppure di vincoli; in realtà questa figura è una finzione, perché anche chi osserva alla fine entra a fare parte del sistema.
A fronte della (unica) teoria generalizzante (MacCannell 1976), esistono più tipologie di visitatori, vari modelli di impatto, e infine diversi paradigmi sulla nascita del turismo. Nella definizione del turismo quale oggetto conoscitivo, la letteratura critica indica due teorie basilari: la teoria dello sguardo (gaze) e quella del tempo libero (leisure).
Nel primo caso si sostiene che a dare il via all'attività turistica vera e propria siano stati l'Occidente e la modernità con la genesi storica dello sguardo e del paesaggio (sightseeing): senza la presenza di moli, banchine e intrattenimenti sulla spiaggia non sarebbe mai nato il turismo balneare inglese di fine Ottocento; alla stessa stregua, senza tintarella non sarebbe mai stato possibile per le spiagge mediterranee sostituirsi a quelle inglesi (Urry 1990). In questa scuola di pensiero sussistono due varianti: l'anglosassone, che insiste sulla differenziazione sociale, matrice dello sguardo (per fare un esempio, lo sguardo individualistico dell'élite opposto a quello collettivizzante degli operai) e la francese, che sottolinea il carattere immaginario ed esperienziale del viaggio (è la tesi del turismo come viaggio rituale), sulla scia della semiologia successiva a R. Barthes (Urbain 1991).
La seconda scuola di pensiero vede nel turismo una forma universale di attività collegata al tempo libero e considera turisti tutti i viaggiatori che sono riusciti a liberarsi dagli obblighi della vita quotidiana, almeno momentaneamente. Da qui l'interesse per lo studio delle società che generano turisti rispetto a quelle che li accolgono.
Dal punto di vista delle società che accolgono turisti si può parlare di impatto, ovvero quando un flusso di visitatori opera in continuità ed estensione su una società o su una comunità, divenendo veicolo di cambiamento. Il turismo può essere un agente diretto del cambiamento, presentarsi nelle vesti di concausa, spesso essere solo uno degli effetti della modernizzazione. Esso è collegato alla gestione territoriale da parte dei ceti politici, allo sviluppo economico delle località, alla segmentazione del mercato economico, al campanilismo regionale, al calendario delle manifestazioni culturali, sportive e folkloriche, ai processi di globalizzazione delle immagini, e infine ai regimi di autorappresentazione locale. A seconda dell'ampiezza, il turismo porta con sé flussi sia di visitatori sia di reddito, ma anche monetizzazione dei rapporti umani e logiche di profitto.
I risultati non sono mai omogenei; comunque tra cultura preesistente e cultura attuale si verificano cambiamenti netti, che sono riassumibili in due modelli generali, di segno opposto. Da un lato, si ha la tendenza alla commercializzazione della cultura locale, sino alla disintegrazione delle stesse tradizioni (è il modello Alarde, dal nome del rituale tenuto nella città basca di Fuenterrabia ormai trasformato in semplice attrazione turistica); dall'altro lato, la tendenza alla differenziazione fra frontstage e backstage, che è destinata a rafforzare l'identità culturale (auto- ed etero-attribuita) dei residenti (modello Amish, dal nome della comunità religiosa che negli Stati Uniti vive rifiutando la modernità e difendendo le proprie tradizioni). Più che lo iato fra la dissoluzione della comunità e il suo potenziamento, l'etnografia mostra l'esistenza di casi di studio come, per es., il rafforzamento delle arti etniche oppure la valorizzazione del ruolo della donna.
Esiste poi anche una terza possibilità, in cui a fruire positivamente del turismo è un'intera cultura; è, questo, il modello Bali (dal nome dell'isola indonesiana), ove tutti quanti gli aspetti della vita quotidiana divengono momenti della drammatizzazione della cultura turistica, con feedback di rafforzamento etnico. Il caso, assai peculiare, discende da una serie di circostanze difficilmente ripetibili. È più facile infatti che, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, il turismo aggravi gli squilibri economici e incrementi le asimmetrie, piuttosto che offrire più eque opportunità di reddito e di crescita umana. Nelle società che sono denominate metropolitane gli effetti, in genere maggiormente diversificati, contrastano spesso il modello Alarde. Non potendo però a priori predeterminare la profondità dell'impatto, si può solo anticipare la forma strutturale del fenomeno al quale sono riconducibili le possibili tipologie turistiche che vanno dal turista-pellegrino al turista-vacanziere. Entro la dimensione dei diversi gradi dell'autenticità ricostruita in un sito (Cohen 1988), poi, anche la relazione host-guest può essere soggetta variazioni, sino alla possibilità che a divenire 'alterità' sia l'ospitato stesso (Edensor 1998).
Il turismo storico-culturale (heritage tourism) e l'ambiente naturale sono due tra i più significativi campi d'indagine dell'antropologia del turismo. Il luogo comune che il turismo etnico sia l'unico turismo eticamente accettabile, perché capace di coniugare organicamente la motivazione al viaggio e il desiderio di conoscere umanità varia,rappresenta una tesi da riformulare drasticamente: tanto la visita a passati ricostruiti (turismo storico-culturale) quanto il viaggio naturalistico (ecoturismo) sono attività idonee a coniugare natura e cultura.
Per patrimonio storico-culturale si intende l'insieme variamente definibile dei valori, dei beni che un gruppo umano riceve in eredità dal passato e che seleziona in termini di valore storicamente connotabile. Ogni luogo detiene un quantum materiale e spirituale di risorse aperto a indefiniti contenziosi riguardo la sua potenzialità o traducibilità, dai beni storico-artistici dell'arte alta, all'artigianato, alla cultura materiale, all'architettura (dalla civile, alla militare, alla rurale), all'archeologia, all'archeologia industriale, all'etnoarcheologia, allo stesso patrimonio faunistico e floristico, al paesaggio e infine ai panorami (antropologia dei patrimoni). La differente configurazione dell'azione sociale rimanda alla questione della legittima interpretazione da dare al patrimonio locale. L'argomento diviene dissonant heritage (Turnbridge, Ashworth 1996) perché non esiste versione del mondo che sia senza conflitti di interpretazioni. L'ecoturismo origina dal desiderio umano di luoghi naturali intatti e di un rapporto diretto con l'ambiente. Esso annovera varie tipologie di soggetti, secondo la composizione sociale (per es., turismo familiare), l'associazione con altri tipi di vacanza o fruizione dell'ambiente (per es., ippoturismo, biciturismo ecc.), la nazionalità di provenienza dei viaggiatori (turismo rurale austriaco oppure tedesco, agriturismo italiano, escursionismo francese, wilderness statunitense, canadese ecc.), o la gestione del verde (parchi, aree protette, riserve).
I primi oggetti che l'antropologo coglie analizzando tali contesti sono le immagini e i discorsi sulla natura, le risorse e le azioni legittime da intraprendere. La presenza di tali etnocosmologie è precipua dei grandi parchi (Africa, Indonesia, India, America Latina) ed esprime i forti conflitti che emergono fra gruppo di gestori istituzionali, presenza umana interna al parco e popolazioni limitrofe che si appropriano di risorse che sono comuni. Lo scontro avviene fra una cultura europea occidentale di protezione e tutela delle risorse in pericolo di estinzione e tradizioni locali di approvvigionamento. Nei Paesi europei, in genere, il conflitto sorge fra la logica centralistica della protezione ambientale e la cultura dei gestori di un territorio fonte di reddito. Le comunità create dai parchi e dalle zone protette sono definibili come comunità ricostruite, in quanto prodotti di continue mediazioni fra management territoriale, salvaguardia dei diritti locali e formulazione di piani di sviluppo (Tourism, collaboration and partnerships 2000). In tale ambito è da segnalare l'avanzata ricerca di due settori cui contribuisce l'a. del t. ossia: l'etnologia dei parchi e l'antropologia dell'ambiente (entrambi a loro volta filiazioni dell'area tematica, più ampia, dell'ecoantropologia). Esse, a loro volta, esprimono due posizioni teoriche precise e ciè: la ricerca di opportunità per lo sviluppo (antropologia dello sviluppo), e l'assunzione dell'ambientalismo quale opzione conoscitiva per l'antropologia (antropologia dei diritti ambientali).
Il turismo, oltre che target e segmento economico di viaggi, è processo di costruzione di immagini, relazioni e rappresentazioni identitarie (Turismo e identitade local: uma visão antropólogica 2001) variabili da luogo a luogo (per es., in Gran Bretagna prevale l'archeologia industriale e il recupero del passato a fini di devolution, in Spagna lo heritage a fini autonomistici, in Francia il patrimonio che rivalorizza la campagna, in America Meridionale l'indigenismo e l'ecocompatibilità, negli Stati Uniti lo sviluppo dei grandi parchi, e così via). A questa dimensione corrisponde un insieme di enunciati: in quanto forma cognitiva, il turismo esprime credenze, oggettiva l'esperienza in immagini e in incontri di sguardi, costruisce forme di identità, crea eventi e siti dando loro motivazione e sistemi di segni distintivi. Si può affermare che, sia pur nella sua singolarità, il turismo costituisce un sapere che oggettiva una specifica situazione di contatto culturale, accostabile per taluni aspetti allo stesso 'incontro etnografico', ove alla relazione etnografo-nativi si sostituisce il nesso viaggiatore-comunità di accoglienza.
Quest'ultimo punto confina con l'annosa questione dell'antropologia applicata, compreso il dibattito sulla imparzialità del fare antropologico. La capacità antropologica di giungere in profondità nell'analisi delle relazioni umane e sociali evidenzia forti convergenze fra approccio antropologico e azione etica, e sottolinea le caratteristiche di un metodo che ruota attorno alla osservazione e alla partecipazione dialogata tra ricercatori e soggetti sociali. Tale assetto genera prodotti conoscitivi che non di rado divengono vera e propria forma di azione sul reale. L'uso della produzione scientifica a fini applicativi è ovviamente valido solo qualora la ricerca possieda momenti compiuti di maturità, in cui la consapevolezza nell'uso delle procedure sia aspetto essenziale per superare la figura dello 'spettatore esterno': nella storia degli studi antropologici il lungo lavoro, etnografico ed epistemologico, esercitato sulle coordinate del turismo dimostra bene quanto il metodo del lavoro sul campo introdotto da B. Malinowski possa essere strumento utile per soddisfare richieste conoscitive da parte delle società attuali.
D. MacCannell, The tourist: a new theory of the leisure class, New York 1976, 19792 (trad. it. Torino 2005).
Hosts and guests, ed. V.L. Smith, Philadelphia 1977, 20013.
E. Cohen, Authenticity and commoditization in tourism, in Annals of tourism research, 1988, 15, 2, pp. 371-86.
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J.D. Urbain, L'idiot du voyage, Paris 1991 (trad. it. Roma 1997).
J.E. Tunbridge, G.J. Ashworth, Dissonant heritage, Chichester-New York 1996.
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A. Santana, Antropología y turismo, Barcelona 1997.
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T. Edensor, Tourists at the Taj, London-New York 1998.
Tourism, collaboration and partnerships, ed. B. Bramwell, B. Lane, Clevedon 2000.
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