antropologia
In filosofia, termine usato per designare la scienza o il complesso delle scienze concernenti la natura umana; nello stesso senso è ancora usato da teologi, storici della religione e filosofi. Più comunemente con a. si intende l’insieme delle discipline che studiano l’umanità come un particolare gruppo zoologico. Si suddivide in due grandi aree: l’a. fisica, che studia i caratteri fisici e la loro evoluzione; l’a. culturale e sociale, che studia le culture e le società.
Le prime classificazioni razziali basate sulla differenza di forma e di misura dei caratteri fisici (C. Linneo) e sulle differenze di forma del cranio (J.F. Blumenbach, naturalista tedesco, 1752-1840) risalgono al 18° secolo. Ma è intorno alla metà del 19° sec., con la scoperta nel 1856 della calotta cranica dell’uomo di Neandertal e con la pubblicazione nel 1859 della teoria dell’evoluzione di C. Darwin, che l’a. fisica comincia ad affrontare scientificamente il problema delle origini e dell’evoluzione dell’umanità e quello della posizione dell’uomo nella natura. Lo sviluppo delle ricerche sul campo e di sistemi di datazione sempre più attendibili, grazie alla messa a punto di tecniche di laboratorio più raffinate, ha consentito all’a. fisica di superare, già agli inizi del 20° sec., la fase puramente descrittiva, prevalentemente ai fini della classificazione in razze, e di rivedere criticamente lo stesso concetto di «razza». Al processo di rinnovamento dell’a. fisica hanno fornito un notevole contributo la biologia e la genetica. In particolare per quanto riguarda la comparsa dell’uomo anatomicamente moderno (Homo sapiens sapiens), l’analisi del dna mitocondriale (1987) di un campione di popolazione attuale, l’uso dell’«orologio molecolare» (sistema di datazione che per risalire a un progenitore comune di due specie ne confronta i ritmi di mutazione dei geni) e l’ipotesi di una strozzatura demografica hanno contribuito a confermare l’opinione dell’origine africana, tra 200.000 e 100.000 anni fa, di tutte le popolazioni del mondo contemporaneo. Inoltre l’analisi comparata del mtdna (2004) ha rafforzato l’ipotesi, peraltro già avanzata, che l’uomo di Neandertal costituisca una specie a parte e non abbia contribuito al patrimonio genetico dell’uomo attuale.
Sviluppatasi a partire dall’inizio del 20° sec. negli Stati Uniti, soprattutto a opera di F. Boas e della sua scuola, si distingue dalla cd. a. sociale, sviluppatasi in Gran Bretagna dopo il 1870, per la sua particolare focalizzazione sulla nozione antropologica di cultura. La caratteristica iniziale dell’a. culturale è stata la rinuncia al principio di evoluzione per studiare sul campo e in modo comparativo le caratteristiche delle singole culture (R. Benedict, M. Mead). Gli sviluppi successivi dell’a. culturale hanno visto A.L. Kroeber portare alle estreme conseguenze il determinismo culturale, sino a fare della cultura un livello superorganico autonomo, ma hanno anche posto le basi per nuovi e importanti settori di ricerca e in particolare per lo sviluppo della cd. etnoscienza, cui va il merito di aver avviato lo studio degli elementi linguistici e del rapporto tra lingua e percezione. Sul piano concettuale, grande risonanza ha avuto la teoria del relativismo culturale (M. Herskovits, 1895-1963), che supera i vecchi pregiudizi etnocentrici e sostiene il principio della dignità intrinseca di tutte le culture. Negli ultimi decenni del 20° sec. l’a. culturale statunitense ha anche fornito rilevanti elaborazioni teoriche e di metodo (C.J. Geertz). In Europa, e segnatamente in Francia, la tradizione sociologica di É. Durkheim e quella etnologica di M. Mauss hanno contribuito alla nascita di una scuola antropologica che, soprattutto nel secondo dopoguerra, ha mostrato grande vitalità dando con lo strutturalismo di C. Lévi-Strauss una svolta all’a. culturale anche in senso filosofico. In Gran Bretagna l’a. socioculturale (B. Malinowski, E.E. Evans-Pritchard, R. Firth, M. Douglas), avvalendosi dell’apporto di estese ricerche sul campo, si è allargata all’analisi di tutti i settori della cultura e della società: dalla religione all’arte, dalla politica all’economia. In Italia l’a. socioculturale ha avuto il suo più importante iniziatore in E. De Martino e ha trovato il suo campo di studio soprattutto nelle relazioni tra le classi sociali e nelle riflessioni sui rapporti tra a. e potere politico (V. Lanternari). All’inizio del 21° sec. il rafforzarsi anche in Europa di società multietniche ha dato impulso allo studio dei problemi dell’integrazione e ha aperto all’a. culturale la funzione di mediazione fra culture diverse e molto spesso distanti.