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ANULARIUS

di I. Calabi Limentani - Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)
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ANULARIUS

I. Calabi Limentani

La voga di portare anelli fu così diffusa nella Roma antica, che una categoria di gioiellieri, gli anularii (o annulari), li produceva esclusivamente.

Di contro ad una tradizione di rigida limitazione del diritto di portare anelli di determinato metallo e forma, che erano distintivi delle diverse categorie sociali (l'anello d'oro prima dei soli senatori, poi concesso ai cavalieri, poi, eccezionalmente, ai liberti), oltre all'uso dell'anello coniugale (anulus pronubus), dell'anello ricompensa, legato a determinati atti o funzioni (l'anello trionfale), la letteratura e l'iconografia ci testimoniano l'uso, sia delle donne che degli uomini, di portare numerosi e diversi anelli, ornamentali e con funzione di sigillo, a più dita della mano. Anelli venivano offerti anche agli dei e anche materialmente infilati alle statue, ai simulacri (Plin., Nat. hist., xxxiii, 4; A. Gell., x, 10) e alle statue dei defunti (C. I. L., ii, 2060). Roma conobbe una vera mania degli anelli, che fu argomento della satira dei poeti (cfr., per esempio, Mart., xi, 59; xi, 37, Iuv., i, 26) e dei moralisti (cfr. Seneca, Nat. quaest., vii, 37; Quint., xi, 3, 142); Giovenale (loc. cit.) deride l'uso degli anelli estivi più leggeri di quelli invernali.

L'a. doveva eseguire anelli di diversi metalli (oro, argento, bronzo), di fattura e di tecnica diverse, con diverse forme di decorazioni (cesellatura, v. caelator; inserimento di gemme, v. gemmarius); era dunque un orefice specializzato non in una determinata tecnica, ma nella produzione di una singola categoria di oggetti (v. anello).

Le iscrizioni ci fanno conoscere anularii di Roma (C.I.L., vi, 9144), del resto d'Italia (C.I.L., xi, 1235), un δακτυλοκοιλογλύϕος di Filadelfia d'Asia Minore (Cagnat, Inscriptiones Graecae ad res Romanas pertinentes, iv, 1648), della Gallia Narbonense (C.I.L., xii, 4456), della Germania (C.I.L., xiii, 7249). Forse un collegio di anularii in Roma, epoca della fine della Repubblica o piuttosto inizio dell'Impero (C.I.L., vi, 9144); un solo ingenuus (C.I.L., xiii, 7249), gli altri tutti liberti, ma nessuno appartenente alla casa imperiale. Lavoravano per il pubblico, non si sa se avessero negozi propri; né se siano da mettere in relazione con loro le scalae anulariae al Foro Romano (Suet., Aug., 72).

anularii

Nel seguente elenco sono compresi i nomi degli anularii noti dalle iscrizioni.

Abbreviazioni: ing. = ingenuus; lib. = liberto; ser. = schiavo; iscr. fun. = iscrizione funeraria; iscr. v. = iscrizione votiva.

L. Bittius Paulinus (ing., Magonza, II-III sec. d. C., iscr. v., C.I.L., xiii, 7249).

C. Camonius Gratus (lib., Bologna, I sec. d. C., Grummerus n. 155).

N. Consius Dionysius (lib., Narbona, I sec. d. C., iscr. fun., C.I.L., xii, 4456).

Q. Mus. Primus (lib., Piacenza, I sec. d. C., iscr. fun., C.I.L., xi, 1235).

Trophymus (lib.?, Ameria, in Umbria, I sec. d. C.?, iscr. fun., C.I.L., xi, 4420).

M. Tullius Secundus (lib., Brindisi, I sec. d. C., iscr. fun., Not. Scavi, 1892, p. 124).

Bibl: E. Saglio, in Dict. Ant., I, p. 293 ss., s. v. anulus ou annulus; E. De Ruggiero, Diz., I, p. 509, s. v. anulari; H. Grummerus, Die römische Industrie: I) Das Goldschmied- und Juweliergewerbe, in Klio, XIV, 1914, p. 129 ss. e XV, 1918, p. 256 ss.; G. Becatti, Oreficerie antiche, Roma 1955, pp. 116-17.

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