anumana
Termine sanscr. che significa «inferenza». Nella filosofia indiana, l’a. è riconosciuto come mezzo di valida conoscenza (➔ pramāṇa) da tutte le scuole a parte quelle materialistiche (➔ materialismo). Secondo la scuola Mīmāṃsā, si compone di tre elementi: pratijñā o menzione della tesi (l’esempio tipico è «sulla montagna c’è fuoco»), hetu o motivazione («perché c’è fumo»), udāharaṇa o esempio («come in una cucina»). La scuola Nyāya (e la Carakasaṃhitā, il testo di medicina che contiene le più antiche attestazioni di logica in India) prevede una forma lievemente più complessa, con l’aggiunta di due ulteriori elementi finali, upanaya o applicazione e nigamana o conclusione, che però riguardano solo il potere persuasivo dell’a. e non aggiungono nulla al suo valore euristico. In entrambi i casi da notare è la necessità di un esempio (ciò permette di evitare quei sillogismi fallaci, ma formalmente validi secondo le regole aristoteliche, nelle cui premesse figurano insiemi vuoti) e la struttura tendenzialmente induttiva dell’a.; per garantire la certezza delle conclusioni si postula la necessità di un’inclusione (vyāpti) del probans (liṅga o sādhana, il fumo nell’esempio) nel probandum (sādhya, il fuoco). La vyāpti prevede che non esistano casi di probans senza probandum (salvo a causa di upādhi o condizioni limitanti eccezionali, come legna bagnata che generi fumo senza fuoco), mentre è possibile che esistano casi di probandum anche in assenza di probans (secondo i sistemi indiani, c’è, per es., fuoco in una barra di ferro incandescente, che pure non emette fumo). Nel 7° sec. Dharmakīrti (➔) formalizzerà ulteriormente i requisiti di un a. corretto, stabilendo che la relazione fra sādhana e sādhya debba essere di avinābhāva o invariabile concomitanza. Alla radice di tale invariabile concomitanza possono essere secondo Dharmakīrti solo una relazione di causalità (come nel caso di fumo e fuoco) o di identità. L’a. è distinto in svārtha-a. («inferenza per sé», non formalizzata) e parārtha-a. («inferenza per un altro», formalizzata negli elementi visti sopra).