APAGOGE (dal gr. ἀπαγωγή "deduzione, riduzione")
Nella logica aristotelica può significare genericamente il metodo risolutivo di un problema mediante la sua "riduzione" a un altro problema, già risoluto (cfr., p. es., Aristot., Analyt. priora, II, 25, 69a,20). Con valore più tecnico, invece, è il metodo indiretto di dimostrazione, che procede accertando, in base alle sue conseguenze, la falsità di una tesi, per poter dedurre la verità della sua contraddittoria. L'apagoge coincide quindi con la scolastica deductio ad impossibile, come con la moderna "riduzione all'assurdo"; e già Aristotele l'aveva determinata come "riduzione all'impossibile" (εἰς τὸ ἀδυνατον ἀπαγωγή: v., p. es., Analyt. pnora, I, 6, 28b,2) e parificata quindi alla "dimostrazione per l'impossibile" (ἀπόδειξις διὰ τοῦ ἀδυνάτου: v., p. es., ibid., I, 23, 40b,5). Naturalmente, la dimostrazione apagogica era valida soltanto nel caso in cui l'opposizione fra la proposizione dimostrata falsa e quella che da ciò doveva risultar vera fosse stata realmente contraddittoria (v. contraddizione). Di fatto, nelle argomentazioni dell'Organo aristotelico, e particolarmente nella teoria dei giudizî particolari e in quelle che la presupponevano, tale condizione non sempre sussisteva.
Bibl.: Per il valore dell'apagoge nella struttura della logica aristotelica v. G. Calogero, I fondamenti d. logica aristot., Firenze 1927, p. 203 segg.