APAMEA di Frigia
Sorse presso le sorgenti del Meandro, ai piedi della più antica Celene (v.), per opera di Antioco I Sotere, che le diede il nome da quello di sua madre Apama. Fu soprannominata Ciboto, secondo i libri sibillini, per il fatto che là sarebbe approdata l'arca (κιβωτός) di Noè. In questo epiteto si volle invece vedere un simbolo dell'attività economica della città: è probabile che si tratti di un mito indigeno che si è fuso poi col racconto ebraico. La località era una stazione importante già nell'età persiana, e fu spesso dimora dei re di Siria. Ad Apamea ebbe luogo il colloquio fra Antioco III e il legato romano P. Villio; quivi Antioco si ritirò dopo la sconfitta di Magnesia, e qui fu conclusa la pace tra i Romani e il re di Siria (188 a. C.). Con questa pace Apamea fu assegnata al regno di Pergamo, e fu dichiarata autonoma; nel 133 a. C. passò sotto il dominio romano e poco dopo forse fu dichiarata libera. Da Silla fu incorporata nella provincia d'Asia (84 a. C.) e fu allora sede di un conventus iuridicus, le cui sedute furono presiedute anche da Cicerone proconsole della Cilicia (51 a. C.). Nell'età romana Apamea era ancora dopo Efeso il più grande mercato dell'Asia. La citta ebbe costituzione ellenistica; ci son ricordati popolo e senato, efebi e νέοι, gli strateghi, il γραμματεύς, il παραϕύλαξ, l'agoranomo. Tra i monumenti di essa si conoscono parecchi templi, uno stadio, un teatro, un ginnasio. Con Diocleziano fece parte della Frigia Pacaziana; più tardi fu assegnata alla Pisidia e poi alla Licaonia. L'antico nome di Celene ritornò in uso per Apamea nel sec. II d. C. Col diffondersi del Cristianesimo fu sede episcopale. Danneggiata più volte dai terremoti, essa perdette importanza nell'età bizantina. Il Leake per primo identificò Apamea con Dinair.
Fonti: Strab., XII, p. 576; Plin., Nat. Hist., V, 81; 105 segg., p. 127, dove ne fa a torto una fondazione di Seleuco; XIV, 75; XVI, 240; Diod., XVIII, 52, 1; XIX, 69, 2; 93, 4; Plut., Eumen., 8; Demetr., 6; Cic., Ad famil., XV, 4; Polyb., XXII, 24; Liv., XXXV, 15; XXXVII, 18 e 44; XXXVIII 13 e 15; Paus., X, 30, 9; Dio Chrys., XXXV; Athen., VIII, 332; Tac., Ann., XII, 58; Hierocl., Synecd., 673.
Bibl.: G. Hirschfeld, Kelainai-Apameia Kibotos, in Abhandl. Akad. zu Berlin, classe fil. - stor., 1875, pp. 1-26; Ramsay, Cities and bioshoprics of Phrygia, II, Oxford 1897, p. 396 segg.; Corp. Inscr. Graec., 3957 segg.; Corp. Inscr. Lat., III, 364 segg.; Le Bas, Foucart e Waddington, Voyage archéol., III, Parigi 1870, 746, 1701 segg.; V. B. Head, Hist. Num., 2ª ed., Oxford 1916, pp. 665 segg.; Catal. Brit. Mus., Phrygia, p. xxxi segg. e 69 segg.