APAMEA di Siria
Sorgeva sul corso dell'Oronte o Axios, nel luogo di una più antica città detta Farnace. Qui si stabilirono dei soldati macedoni dell'esercito di Alessandro Magno, che le diedero il nome di Pella, col quale la troviamo indicata nel 286 a. C. Seleuco I Nicatore, che la ingrandi e fortificò, le diede il nome di Apamea in onore di sua moglie Apama; essa è detta talvolta Apamea dell'Axios, e poi anche Claudia Apamea. La città era protetta da una cittadella costruita su di un'altura che si protendeva nella pianura dell'Oronte a guisa di penisola, circondata dal corso del fiume che formava e forma ancora lago e paludi, e rendeva la posizione quasi inespugnabile: a questa posizione allude il nome di Chersoneso datole da Strabone. Il territorio circostante era assai fertile e aveva ricchi pascoli. Sotto i Seleucidi Apamea fu capitale di una delle quattro satrapie in cui era divisa la Siria settentrionale; più tardi fu capitale della Siria seconda. Seleuco fece di Apamea il suo grande deposito militare, dove custodiva i 500 elefanti, i cavalli, il tesoro di guerra. Vi tenne anche in prigionia Demetrio Poliorcete (286-283 a. C.). Ad Apamea Antioco III prese il comando dell'esercito per invadere la Celesiria (221 a. C.), e vi concentrò poi le truppe per la campagna contro l'Egitto (219 a. C.); ad Apamea fu proclamato re Antioco VI. Diodoto Trifone, sfuggito da Dora ad Apamea sua patria, vi fu assediato da Antioco VII e ucciso (137 a. C.). Passata sotto Demetrio II, gli si ribellò durante la sua campagna contro l'Egitto. Pompeo, ridotta nel 64 la Siria a provincia romana, nel 69 distrusse la cittadella di A. fortificata non molto prima da Antioco IX Ciziceno. Cecilio Basso, dopo Farsalo, vi sostenne un lungo assedio contro C. Antistio e poi contro Stazio Mureo. All'assedio pose fine nel 44 C. Lassio, per il quale si dichiararono sia le truppe assedianti sia le truppe assediate. Al tempo del censimento di L. Sulpicio Quirino (5 a. C.) la città contava 117.000 abitanti, compresi quelli di alcune località vicine. Essa godette dell'asilia e dell'autonomia. A. fu presto sede di un vescovado, forse fin dal I secolo. Cosroe I di Persia, nel 540, saccheggiò e arse la città: ciò che ne rimase fu abbattuto da molti e violenti terremoti dei quali il più memorabile fu quello del 1152. Nel Talmūd è detta Aspemia; al tempo delle crociate Fāmiyyah o Afāmiyyah; ora la sua acropoli è occupata dal piccolo villaggio di Qal‛at al-Muḍīq.
Fonti: Strab., XVI, p. 752; Ptol., V, 15 e 19; Polyb., V, 45; XXII, 26 segg.; Diod., XXI, 35; Appian., Syr., 57; Cic., Ad famil., XII, 18; Ad Att., XIV, 9; Ios. Flav., Ant. Iud., XIII, 224; XIV, 38 segg.; Dio Cass., XLVII, 27; Hierocl., Synecd., 712.
Bibl.: Ritter, Erdkunde, XVII, ii, p. 1077 segg.; Tscherikower, Hellenist. Städtegründ, v. Alex. d. Grossen bis auf die Römerzeit, in Philologus, Suppl. XIX, i (1927), p. 61 seg.; Corp. Inscr. Lat., III, 187; III, Suppl. v, p. 848, 2; V. B. Head, Hist. Num., 2ª ed., Oxford 1911, p. 780; Catal. Brit. Mus., Galatia, Cappadocia and Syria, a cura di Wroth, p. lxiii segg., 223 segg.