Vedi APAMEA di Siria dell'anno: 1958 - 1994
APAMEA di Siria (v. vol. I, p. 455)
La ripresa di scavi regolari nel sito, a partire dal 1965, da parte della missione archeologica belga, che ne deteneva la concessione già dal 1930, e la pubblicazione sistematica di rendiconti particolareggiati, precedentemente mancanti, impongono per A. un riesame globale.
Abitata già in età neolitica, dovette costituire uno dei centri più importanti della regione nel corso del III, II e I millennio a.C. (si è spesso proposto di riconoscervi la Niya dei secoli XVI-XIV che in seguito, sotto la dominazione persiana, assunse il nome di Pharnake). L'acropoli naturale, corrispondente all'odierna Qal'at el-Muḍīq, ospitò una guarnigione macedone dopo la battaglia di Isso (333), assumendo allora il nome di Pella. La fondazione seleucide del 300/299 diede vita a una città coloniale completamente nuova che si estese, a E della cittadella, sui 230 ettari di un largo pianoro al quale, sino a oggi, è rimasto il nome di Afāmiya. A partire dalla fine del III sec. a.C. la città fu racchiusa entro una potente cinta muraria, dal perimetro di c.a 7-8 km, che venne più volte restaurata (in particolare sotto Antioco IX Ciziceno, verso il 113-108 a.C.) e rinforzata con numerose torri in età romana, senza subire modifiche sostanziali nel tracciato. Interamente scavato sul lato esterno, sui fianchi NO, N, E e S della città (lavori della Direzione Generale delle Antichità e dei Musei della Siria, 1984-86), il muro in alcuni punti raggiunge ancora più di 8 m di altezza; numerosi sondaggi sono stati effettuati alla base e altri sono in programma, allo scopo di definire la data della sua costruzione e delle diverse fasi; di recente ne è stato iniziato il restauro (1987).
Una grande strada con andamento N-S, lunga c.a 1850 m, spina dorsale di tutto l'impianto urbanistico, e due assi secondari con andamento E-O, esattamente orientati secondo i punti cardinali, dividono regolarmente la città con un sistema di isolati che sembrerebbero rispondere a una griglia teorica originaria di 300 X 150 piedi (ciascuno di cm 35,20 = m 105,60 x 52,80), analoga a quella degli impianti, esattamente contemporanei, di Antiochia e di Laodicea, concepiti con ogni probabilità da un medesimo architetto. Larga c.a 31 m in età ellenistica, la strada raggiungerà quasi 40 m in epoca imperiale al momento delle ricostruzioni successive al disastroso terremoto del 13 dicembre del 115 d.C. La larghezza degli assi principali E-O sarà allora portata da 16 a 22 m (le strade secondarie misurano c.a 6,20 m). Questo schema a croce di Lorena conferisce un particolare risalto al tempio oracolare di Zeus Bélos, eretto su un alto podio in asse con un vasto peribolo che domina l'agorà. Consultato da Adriano, Settimio Severo e Macrino, il dio è menzionato in una dedica di Vaison (CIL, XII, 1277) e in due passi di Libanio (Or., xlviii, 14; Ep., 1351); del monumento, distrutto alla fine del IV sec. dal vescovo Marcello, non resta però altro che un gigantesco nucleo di opera cementizia informe, mentre tutti i materiali riutilizzabili furono recuperati già in età antica. Va pertanto corretto l'errore della pianta di J. Sauvaget e J. Lauffray, spesso riprodotta (cfr. vol. I, fig. 624), che presenta un solo asse principale e attribuisce al teatro una disposizione obliqua rispetto ai punti cardinali: lo scavo della facciata (1967) ha invece dimostrato che il monumento era perfettamente allineato sul decumano. Deve essere inoltre modificata l'erronea ricostruzione del Grande Colonnato, effettuata, mediante calchi eseguiti in occasione degli scavi del 19301932, nei Musées Royaux d'Art et d'Histoire di Bruxelles, dopo l'incendio del 1946; le scanalature tortili delle colonne vicine all'ingresso orientale dell'agorà girano alternativamente in senso inverso, mentre il fregio, che è convesso, è decorato da un tralcio continuo di acanto, e non da metope e triglifi, i quali ricorrono solamente in corrispondenza delle colonne a fusto liscio o a scanalatura rettilinea. Lunghi tratti di questo colonnato sono stati rialzati in varî punti, a partire dal 1967, dalla Direzione Generale delle Antichità e Musei di Siria, e consentono di cogliere meglio la varietà delle soluzioni in tutta la lunghezza del grande asse viario urbano. Il pavimento a mosaico dei porticati è databile, in base a un'iscrizione, al 469.
Le terme settentrionali, costruite nel 116/117 dopo il terremoto, non sono state ancora completamente scavate: esse furono erette grazie alla munificenza di L. Iulius Agrippa, il quale si era parimenti fatto carico della costruzione di parecchie miglia dell'acquedotto che le alimentava, a partire dalle fonti situate a 120 km di distanza, nei dintorni di Salamlya (a SE di Hama); ubicate dietro al porticato del Grande Colonnato, esse erano decorate con copie in bronzo di gruppi statuari ellenistici raffiguranti Teseo e il Minotauro, Apollo, Marsia, Olympos e lo schiavo scita (una delle epigrafi scoperte nel monumento vi fa esplicito riferimento).
Non lontano dall'incrocio col decumano meridionale sorgeva un ninfeo monumentale, a sua volta collegato strutturalmente col colonnato, ornato di statue, di cui ci sono giunti alcuni elementi molto frammentari; dietro a esso una grande latrina pubblica, dotata di 80-90 posti, utilizzava in parte il medesimo canale di adduzione.
Le ampie abitazioni riportate alla luce nei diversi quartieri della città risalgono anch'esse, nelle componenti essenziali (facciata, corte-peristilio), alla ricostruzione sistematica del II sec. d.C., anche se gli scavi, condotti a partire dal 1973, ne hanno evidenziato soprattutto l'aspetto più tardo (IV-VI sec.) e le ultime trasformazioni. Dotate di un impianto assiale (Casa delle Mensole, Casa dei Capitelli a mensola) oppure di una pianta radiale (Casa dei Pilastri, e c.d. Edificio del trìklinos), hanno dimensioni che variano dai 1500/2000 ai 4500 m2 al piano terra, con numerosi ambienti anche al piano rialzato. Un ingresso obliquo, posto in corrispondenza dell'angolo dell'isolato, impediva a sguardi indiscreti di penetrare nell'intimità della casa; il peristilio rodio conferisce un particolare risalto all'imponente sala di ricevimento, che misura in media c.a 120 m2 e la cui pianta precorre quella dell'iwān delle odierne case islamiche, e dove talvolta è collocata una tavola di marmo a sigma. Questo particolare elemento di arredo, che si ritrova anche nella sala da pranzo di dimensioni più ridotte e aperta su un altro lato del cortile, si è sostituito nel corso del VI sec. al tradizionale triclinio, conservatosi (stando alle conoscenze attuali) solo nella Casa delle Colonne bilobate (la sua caratteristica pavimentazione a mosaico, a forma di U e di T, trova a questo proposito numerosi confronti ad Antiochia).
La necropoli, saccheggiata da scavatori clandestini, è molto meno conosciuta dal punto di vista archeologico; le stele pubblicate ai tempi dei primi viaggiatori, i cui testi sono nella maggior parte dei casi molto laconici, non sono sufficienti a darci un'idea precisa delle componenti sociali di una popolazione che l'onomastica ci rivela profondamente ellenizzata (con nomi greci, nomi semitici grecizzati, iscrizioni metriche piuttosto ricercate) nel corso dei primi tre secoli d.C.
In occasione delle spedizioni orientali di Caracalla (215218), di Severo Alessandro (231-233) e di Gordiano III (242-244), la Legio II Parthica, che seguiva gli imperatori nelle loro campagne, fissò i propri quartieri invernali ad Apamea. L'ubicazione dell'accampamento non è stata ancora identificata con certezza; un centinaio di iscrizioni funerarie, scoperte durante lo smantellamento di una delle torri della cinta muraria (1986-1987), sta però fornendo a questo proposito uno dei dossiers epigrafici più completi che si possano immaginare a proposito di una singola unità dell'esercito romano, in una stessa località e in un periodo cronologico definito; e va inoltre ricordata, per il suo eccezionale interesse, accanto a numerosi cippi e altari funerari figurati, una serie di stele che attesta la presenza nel sito di due ali di cavalleria (Ala Ulpia Contariorum e Ala I Flavia Augusta Britannica) nel momento delle prime incursioni sasanidi del 252. Conquistata in tale data (cfr. Res gestae divi Saporis) e forse parzialmente distrutta, la città non perse con ciò la sua importanza. Amelio vi aveva ripreso l'insegnamento filosofico di Numenio e la scuola filosofica neoplatonica doveva conoscervi ancora dei momenti di splendore nel corso del IV sec., con Giamblico e i Sopatri; è a questo particolare periodo della sua storia che si riferiscono in genere gli straordinari mosaici pavimentali scoperti nel 1937-1938 e nel 19711972 sotto la cattedrale, eseguiti, sembrerebbe, sotto il regno dell'imperatore Giuliano (mosaico delle Therapainìdes - per il quale è stata ormai completamente abbandonata la vecchia interpretazione risalente a F. Cumont - mosaico di Socrate e dei Sapienti, mosaico delle Nereidi).
Innalzata al rango di capoluogo della provincia di Syria Secunda, creata ex novo con le trasformazioni amministrative degli inizî del V sec. (intorno al 415), Α., contrariamente a quanto solitamente si scrive, fu risparmiata da Cosroe I nel 540 (Procop., Bell. Pers., 11, 11, 16-28; cfr. Evag., IV, 26), mentre venne incendiata e saccheggiata nel 573 dalla cavalleria di Adaarmane e riconquistata nuovamente nel 613 da Cosroe II, senza però restare nelle mani dei Persiani. Oppressa, come tutta la Siria settentrionale monofisita, dal giogo bizantino, essa aprì le porte nel 638 alle truppe di Mu'äwiya, che vi entrarono come liberatrici. Peraltro sono i terremoti, piuttosto che gli uomini e le guerre, a ritmarne la storia.
I violenti sismi del 526 e del 528 inaugurano, come già quello del 115, un'epoca di intensa attività edilizia che corrisponde esattamente agli anni del regno di Giustiniano. Ricostruito in questo periodo e ripavimentato in alcuni punti da un bel lastricato che lascia spazio anche ad alcune zone pedonali, il Grande Colonnato prende il posto dell'agorà nello svolgimento della vita cittadina. Esso terminava a Ν con una facciata monumentale addossata al lato interno di un arco del II sec., ed era abbellito, non lontano dalla piazza pubblica ormai in stato di abbandono, da una sorta di tetrakiònion, simile a quello della via Arcadiana di Efeso; un'altra edicola dello stesso genere segnava, sul decumano meridionale, l'ingresso della cattedrale. Restaurata e ingrandita intorno al 530 sotto l'episcopato di Paolo (cfr. le iscrizioni del portico, di uno dei capitelli, del mosaico e dell’opus sedile del tetraconco), la cattedrale rappresenta, insieme a quelle di Gerasa e di Resafa, uno dei complessi monumentali più considerevoli e importanti dell'Oriente cristiano: la cattedrale vera e propria, le cappelle annesse, i battisteri e le sacrestie sono collegate mediante ampi cortili al palazzo episcopale e ai varí ambienti adibiti alla vita amministrativa della provincia ecclesiastica. Delle numerose altre chiese scavate, o semplicemente individuate nel sito, ricorderemo la Rotonda la cui pianta è simile a quella della chiesa della Vergine a Bet Šě'an-Scythopolis, e in cui non si possono riconoscere le terme e la palestra, come invece ipotizzavano i primi scavatori e, soprattutto, la chiesa «ad atrio», anch'essa notevolmente ingrandita e modificata nel VI sec., in conseguenza dello sviluppo del culto dei martiri Cosma e Damiano, santi protettori di Giustiniano, dei quali si trovò in situ nel 1934, in una delle cappelle del coro, una vasca-reliquiario (un altro cofanetto conteneva i «resti di S. Teodoro e di altri santi»). Si può pertanto pensare a un intervento diretto dell'imperatore nel restauro e nell'abbellimento dell'edificio, la cui pianta, per alcune caratteristiche, trova confronti in edifici di Costantinopoli.
In quest'epoca si verificano anche importanti trasformazioni per quanto riguarda le abitazioni: la distruzione dell'acquedotto ha come conseguenza la creazione di serbatoi, ai quali si cerca ancora di attribuire una funzione decorativa (ninfei); l'adozione di servizi (latrine e bagni privati) comporta decisi casi di sconfinamento sulla strada, che in passato si tendeva a datare a non prima dell'Alto Medioevo. Come nella prima età imperiale, una ricca classe di proprietari fondiari vi continua a vivere nel lusso e sarà soltanto la radicale trasformazione dei circuiti economici di scambio, conseguente alla conquista araba e alla fuga dei più fortunati verso Costantinopoli, Alessandria o Roma, a determinare l'inizio di una fase di ruralizzazione che doveva trasformare in profondità la natura dell'insediamento nel sito a partire dalla metà del VII secolo. In questa veste però, anche se più simile a un grosso borgo che non a un capoluogo di provincia, A. conoscerà ancora due o tre secoli di vita, attestati dagli incessanti interventi sulle strutture abitative e dagli innumerevoli frammenti di ceramica dipinta islamica che provengono dalle diverse fabbriche dell'Eufrate, della Mesopotamia e dell'Egitto, ma anche da alcuni esempi di céladon cinese antico, destinati ai rari rappresentanti delle classi privilegiate.
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