apocatastasi
Ristabilimento, restaurazione. Il termine greco ἀποκατάστασις fu usato dagli stoici antichi per indicare il riformarsi e ripetersi, in tutti i suoi particolari, del mondo, dopo la sua distruzione nell’ecpirosi. Ripreso da Origene, passò a indicare la dottrina teologica della restaurazione finale, cioè del perdono per tutti i peccatori. Dio, nella sua bontà infinita, permetterebbe la redenzione di tutti i peccatori, passati attraverso il fuoco infernale (pertanto, non eterno): ma prima di quest’ultimo stato, in cui gli esseri saranno tutti liberati dalla servitù del peccato e le creature razionali contempleranno Dio faccia a faccia, trascorreranno tempi indefiniti in cui si verrà ripetendo, da parte degli stessi esseri razionali e di tutto il creato solidale con essi, l’alternativa vicenda del peccato e della salvezza, attraverso mondi succedentisi, in ciascuno dei quali si attuerà di nuovo il mistero dell’incarnazione e della redenzione. Questo complesso di dottrine relative alla finale liberazione dal male – fondate sulla concezione platonica che, identificato essere e bene, non ammette un’esistenza eterna del male – trovò diffusione non solo negli origenisti (colpiti da condanna nel 543), ma anche in alcuni padri greci, e anzitutto in Gregorio di Nissa (e, tra i latini, in Girolamo da giovane e l’Ambrosiastro); sotto la sua influenza e quella di Origene si ritrovano Giovanni Scoto Eriugena, alcune sette protestanti entusiastiche dei secc. 16° e 17° e alcuni deisti; inoltre, teologi bizantini, greci e russi.