Apocrifi
. Dei moltissimi scritti apparentemente biblici, in gran parte noti solo dai titoli, che la Chiesa considera non ispirati e che sono designati come ‛ apocrifi ', D. non parla mai.
Egli ignora anche la distinzione fra libri protocanonici e libri deuterocanonici (detti ‛ apocrifi ' dai Protestanti). Egli ammette il canone completo, ossia quello che oggi è proprio della Chiesa Cattolica, il quale include nella Bibbia anche i deuterocanonici, ossia Ecclesiastico, Sapienza, Baruch, Tobia, Giuditta, I e II Maccabei e talune parti di Daniele e di Ester.
Nelle opere dantesche compaiono talune notizie apparentemente bibliche, le quali in realtà non si leggono nei libri della Sacra Scrittura. Si pensi ai nomi di alcuni demoni (If XXI 118-123), a quelli dei genitori di Maria Vergine (Pd XXXII 133, Cv II V 2), alla Veronica (Pd XXXI 104; Vn XI, 1), al sepolcro di s. Giacomo in Compostella (Vn XL 7, Pd XXV 18, Cv II XIV 1), all'età di Maria al momento dell'annunciazione (13 anni; cfr. Cv II V 4). Stando alla documentazione accessibile, tali notizie non derivano dai libri apocrifi. I nomi dei genitori di Maria farebbero pensare al Protevangelo di Giacomo, ma non risulta che tale vangelo apocrifo fosse diffuso in Occidente al tempo di D.; del resto i nomi di Gioacchino e di Anna erano entrati in numerosi scritti patristici e di autori posteriori. I nomi dei demoni parimenti non provengono da a. ; d'altronde il sistematico ricorso alla mitologia pagana (Caronte, Gerione, Cerbero, ecc.) invita a supporre che D. non conoscesse a. dell'Antico Testamento, piuttosto prodighi nel riferire nomi di spiriti maligni. Il nome della Veronica compare in libri a.; ma è attribuito a personaggi diversi. Negli Atti di Pilato è il nome dell'emorroissa; comunque in essi non c'è ancora la sua connessione con la benedetta immagine. D'altra parte non si dimentichi l'assoluta mancanza di riferimenti a taluni temi cari agli autori degli a.: per esempio, nelle opere di D. non ci sono tracce delle avventure di s. Pietro in lotta con Simon Mago oppure degli incontri fra s. Paolo e Tecla, fra s. Pietro e Clemente, ecc., né degli episodi fantasticati da ingenui compositori di a. circa l'infanzia di Gesù.
L'unico a. di cui sia possibile affermare, con notevole sicurezza, una conoscenza diretta o indiretta, è l'Apocalisse o Visione di san Paolo. Di tale scritto si conoscono recensioni in lingue diverse; nel Medioevo circolava una versione latina in varie redazioni. Che D. ne abbia conosciuta qualcuna si deduce dal noto verso Andovvi poi lo Vas d'elezione (If II 28), erroneamente riconnesso con la notizia di II Corinth. 12, 2-3 " Scio hominem in Christo ante annos quattuordecim, sive in corpore nescio sive extra corpus nescio, Deus scit, raptum huiusmodi usque ad tertium caelum. Et scio huiusmodi hominem... quoniam raptus est in Paradisum et audivit arcana verba, quae non licet homini loqui " mentre - come testimoniano anche i chiosatori o commentatori più antichi - allude a un viaggio dell'apostolo nel mondo dei dannati e dei beati. Anche la concezione cosmologica appare identica nell'ignoto autore dell'a. paolino e in Dante. La dipendenza va estesa anche a tale particolare e alla descrizione dei tormenti dei dannati e delle gioie dei beati? Vari elementi invitano a escludere almeno una dipendenza diretta per questi temi. Non sarebbe serio parlare di contatti per il semplice fatto che si descrive un viaggio attraverso l'oltretomba, tema comune all'Eneide e a diverse leggende antiche e non limitato alla Visio Sancti Pauli (v.).
Assai più incerta è la conoscenza che D. poté avere del cosiddetto Testamento di Abramo (v. infatti ABRAMO).
Bibl. - F. D'Ovidio, D. e San Paolo, in Studi sulla D. C., Milano 1901, 326-355; G. Ricciotti, L'Apocalisse di Paolo Siriaca, I, Brescia 1932, 27-31; II, ibid. 1932, 130-132; T. Silverstein, D. and the Visio Pauli, in " Modern Language Notes " XLVII (1932) 397-399; ID., Visio Sancti Pauli, Londra 1935, 3-14. Vedi anche la bibl. della voce BIBBIA.