Vedi APOLLO del Belvedere dell'anno: 1958 - 1994
APOLLO del Belvedere
Statua trovata, secondo quanto dice Pirro Ligorio, ad Anzio, alla fine del XV secolo; custodita dapprima nel giardino del palazzo del cardinale Giuliano della Rovere, presso S. Pietro in Vincoli fu poi, quando questi divenne papa col nome di Giulio II, trasportata al Belvedere del Vaticano, ove si trova tuttora. Fu restaurata dal Montorsoli, che ne integrò le parti mancanti (mano sinistra, avambraccio destro, parte superiore del puntello e varie parti del panneggio e delle gambe). Per circa quattro secoli rappresentò una delle statue più famose ed ammirate dell'antichità: Winckelmann vi vide incarnato "il più alto ideale dell'arte fra tutte le opere antiche", e rilevava, nella mancanza di vene e di tendini, il segno di uno spirito divino. Oggi, alla luce di un esame critico e filologico, si palesa come copia romana, piuttosto fredda e classicista (I-II sec. d. C.), di un'opera greca. Un certo purismo accademico ha fatto ritenere ai più che l'originale fosse nato nel clima dell'atticismo, onde l'attribuzione vagamente documentata e del tutto ipotetica a Leochares (v.). Il Bianchi Bandinelli, basandosi soprattutto sull'analisi stilistica di una replica della testa, conservata a Basilea, già nella Collezione Steinhauser e ora nella Kunstsammlung, di netto gusto ellenistico, ha proposto per l'A. una datazione in età ellenistica. Una piccola copia non rifinita è nel museo di Arezzo.
Si è supposto che l'A. fosse stato concepito in contrapposizione all'Artemide di Versailles (Louvre).
Bibl: Helbig, I2, 157; R. Bianchi Bandinelli, A. del B., in La Critica d'Arte, I2, 1935, 3-9; M. Bieber, The Sculpture of Hellenistic Age, New York 1955, p. 63 (ivi bibl. precedente).