Apollo (Appollo)
Divinità della mitologia classica, figlio di Giove e di Latona, nato a un parto con Diana nell'isola di Delo, dove Latona si era rifugiata per sfuggire alle persecuzioni della gelosa Giunone. E una delle massime divinità della mitologia greco-romana, ed ha attribuzioni assai complesse: A. è il Sole, e pertanto è raffigurato su un carro tirato da quattro cavalli; ma è anche il dio della medicina, e soprattutto della profezia e della poesia, signore delle Muse, e a lui erano dedicati alcuni dei più famosi oracoli dell'antichità. Dei suoi vari appellativi D. ricorda: Febo, " il luminoso " (Mn II VIII 13), Peana, dio della salvezza (donde ‛ peana ', canto corale in suo onore: Pd XIII 25), Delio (perché nato a Delo, e lì particolarmente venerato: Ep VI 8), Timbreo (dal tempio dedicatogli a Timbra, nella Troade: Pg XII 31), Delfico (per il famoso oracolo di Delfi: Pd I 32). Nei poemi latini ricorrono sovente allusioni ai numerosi miti di cui A. è protagonista; tra i più ricordati sono il servizio di pastore reso al re tessalo Admeto, la trasformazione dell'amata Dafne in alloro (pianta perciò sacra al dio), lo scorticamento del satiro Marsia che aveva osato ritenersi superiore al dio come musico.
D. lo nomina varie volte per indicare l'astro solare (Pg XX 132, Pd XXIX 1, Mn I XI 5, II VIII 13), come la sorella Diana è la Luna; in Ep VI 8 Delio-Sole è addotto per alludere metaforicamente al potere papale. Quanto ai miti, nel Convivio D. ricorda rapidamente i nomi dei cavalli del carro solare (IV XXIII 14; cfr. Ovid. Met. II 153-154) e il responso profetico che il dio diede al re Adrasto (Cv IV XXV 6; cfr. Stazio Theb. 1395-497); nel Purgatorio menziona la nascita di A. e Diana in Delo (XX 132; cfr. Met. VI 189-192) e la lotta che egli sostenne a fianco di Giove contro i Giganti (Pg XII 31-33; cfr. Theb. II 595-601); nel Paradiso accenna alla punizione di Marsia (I 20-21; cfr. Met. VI 382-400) e all'alloro dafneo, la fronda peneia, sacro al dio (Pd 125-33; cfr. Met. I 452-567). Di estremo interesse è l'invocazione ad A. nella protasi del Paradiso. Per la prima cantica D. aveva invocato le Muse (facendo altresì appello all'alto ingegno e alla mente: If II 7, 8) per la seconda nuovamente le Muse, e in particolare Calliope (che D. accenta: Caliopè, Pg 19) ricordando la punizione toccata alle temerarie Piche; per la terza e più alta cantica (Pd 113-33; e v. anche II 8-9) invoca A., ricordando la misera sorte di Marsia. La reminiscenza dotta acquista però qui una veste singolare perché il dio mitologico è illuminato di luce cristiana: il buono Appollo deve rendere D. vaso (termine che richiama immediatamente il " vas electionis " degli Actus Apostolorum) del suo valor (cfr. Luc. 1,35; Rom. 15, 13; Act. Ap. 1, 8; ecc.) e ispirarlo (spira tue: cfr. Ioann. 3, 8). A. qui è infatti la divina virtù, onde nell'epistola Cani Grandi si dichiara così il verso: petit divinum auxilium (Ep XIII 87). Come altrove Cristo è appellato sommo Giove (Pg VI 118), così qui, sotto il nome del buono Appollo, D. intende in realtà invocare lo Spirito Santo, usando il modus tractandi... poeticus e fictivus (Ep XIII 27).
Tale identificazione non è di solo comodo o semplice reminiscenza erudita, in quanto si rifà a un metro interpretativo di cui si trovano non pochi esempi nella cultura medievale (ad esempio, non è raro trovare il nome ‛ Minerva ' chiosato come " Sapientia Altissimi " e commentato con versetti biblici), e coinvolge tutto un modo di intendere i fatti narrati dalla mitologia antica: che contiene - secondo questa linea - un nocciolo di verità, sia pure travisata dall'errore pagano. Le Sibille - che l'uomo medievale riteneva realmente esistite e vere profetesse - erano ispirate, dicevano gli antichi, da A.: cioè, correggeva il cristiano, dallo Spirito Santo. Questo rilievo apre quindi il grosso problema del rapporto, per il D. della Commedia, tra ispirazione divina e poesia umana: poiché A. è ispiratore, oltre che dei profeti, dei poeti. Ma è problema ancora del tutto intatto.