APOLLONIO Pergeo ('Α. ὁ Περγαῖος, A. Pergaeus)
È, dopo Archimede, il più originale e profondo di tutti i matematici greci. Nacque verso il 262 a. C. a Perge, in Panfilia, a una quarantina di chilometri dall'attuale Adalia. Visse in Egitto, sotto Tolomeo III Evergete (247-222 a. C.), e raggiunse la sua maggior fama sotto il regno di Tolomeo IV Filopatore (222-205 a. C.). Dedicò il IV libro delle Coniche al re di Pergamo, Attalo I (241-197 a. C.).
Per fissar meglio l'epoca della sua vita, si ricordi che Apollonio ed Archimede furono quasi contemporanei. Apollonio viaggiò e risiedette qualche tempo ad Efeso e a Pergamo. Visse a lungo, e studiò in Alessandria, nella scuola dei successori di Euclide. Pappo, quattro secoli dopo, gli rimproverava un carattere dilficile. Sembra che Eraclio, nella sua vita di Archimede, lo accusasse di aver fatto passare sotto il suo nome alcuni teoremi di Archimede sulle coniche, ma Eutocio (verso il 540 d. C.) lo difese osservando che le coniche erano già state studiate prima di Archimede.
Ci sono pervenuti nel testo greco soltanto i primi quattro libri delle Coniche, grazie alla breve resurrezione degli studî matematici in Costantinopoli sotto Giustiniano. In quel tempo furono commentati da Eutocio, e forse spiegati nelle scuole, da Antemio da Tralle e Isidoro da Mileto. Nel IX secolo, allorché Leone ricostituì l'università di Costantinopoli, fu ricopiato il manoscritto delle Coniche. Nel sec. X fu tradotto in arabo e in persiano. Nel sec. XIII, Vitellione, nella sua Ottica, ne ha una qualche conoscenza attraverso gli Arabi, e dall'arabo fu tradotto in latino, forse da Gerardo Cremonese. Fu studiato e ricopiato da studiosi bizantini nel sec. XIII, e specialmente da Teodoro Metochita. Francesco Filelfo portò dalla Grecia in Italia nel 1427 il primo codice greco delle Coniche.
Da una copia del sec. XIII del manoscritto di Leone, provengono tutti i manoscritti italiani (Roma, Venezia, Firenze) e da questi, nel Rinascimento, si diffusero altre copie in Europa.
La prima edizione a stampa del testo greco è di Halley, nel 1710; la migliore edizione critica del testo, con versione latina a fronte, è dovuta ad Heiberg, 1891-1893.
Le Coniche sono un'opera classica, che va posta accanto a quelle di Archimede. Lo studio approfondito di essa permise a Cavalieri, a Keplero, a Newton, di aggiungere nuove scoperte a quelle degli antichi. Una parte notevole dei corsi di geometria proiettiva e di geometria analitica delle nostre università, è rivolta pur sempre ad esporre, sia pure sotto nuova forma, le scoperte e gli studî di Apollonio sulle coniche.
Nel primo libro egli spiega la generazione delle tre sezioni coniche, introduce i nuovi nomi di ellissi, iperbole, parabola e dimostra che qualsivoglia sezione conica può essere ottenuta come sezione di qualunque cono circolare dato. Il secondo libro parla delle proprietà dei diametri, degli assi e degli asintoti, i quali enti sono qui definiti per la prima volta. Il terzo contiene molti teoremi particolari relativi alle tangenti e alle trasversali delle coniche. Desargues nel suo Traité des Coniques (Øuvres, Parigi 1864, I, pp. 99-242) dopo aver profondamente studiato questo III libro, dichiara con soddisfazione di aver potuto unire in poche proposizioni generali molti teoremi del geometra greco. Ad es. le proposizioni 16-23 sono da lui raccolte in questo enunciato: "se da un punto del piano di una conica si conducono, in due direzioni date, due trasversali, il rapporto dei rettangoli dei segmenti determinati dalla curva a partire dal punto comune alle trasversali, è costante".
Altri eleganti teoremi sono i seguenti: (prop. 43) "l'area del triangolo formato da una tangente dell'iperbole e dai suoi due asintoti è costante"; (prop. 41) "due tangenti di una parabola sono divise da tutte le altre tangenti in parti proporzionali".
Questo III libro contiene ancora un'analisi delle proprietà dei fuochi dell'ellisse e dell'iperbole, qui denominati con una perifrasi (il nome foci è di Keplero). Non parla del fuoco della parabola; sembra però che Apollonio lo abbia conosciuto e studiato in una opera, perduta, sugli specchi ustorî (Περὶ τοῦ πυρίου).
Il quarto libro discute i varî casi d'intersezione di due sezioni coniche, ovvero di una sezione conica ed un circolo. È notevole la proposizione 25 in cui si dimostra che due coniche in uno stesso piano non possono avere più di quattro punti comuni. Qualora si tolga la forma negativa, questa proposizione dice che per cinque punti di un piano passa una sola conica. Sebbene Pappo sia giunto a costruire un'ellisse di cui son dati cinque punti, soltanto i matematici moderni (Desargues, Pascal) videro tutta l'importanza di questa proposizione.
Gli altri tre libri furono scoperti, in una versione araba, dall'orientalista Golio, professore a Leida, e poco dopo da Borelli nel 1658, nella Biblioteca Laurenziana. Golio morî prima di poterli tradurre, Borelli invece con l'aiuto di Abramo Ecchellense, professore a Roma, li pubblica in Firenze nel 1661. L'ottavo libro, perduto anche tra gli Arabi, fu ricostruito da Halley nella sua edizione del 1710, seguendo alcune citazioni di Pappo.
Nel quinto libro, studiando i massimi e i minimi segmenti che da un punto del piano di una sezione conica si possono condurre ad essa, giunse assai vicino al concetto di centro di curvatura della conica, e a quello di evoluta di una conica (prop. 52, 53). Mancarono ad A. forse soltanto i nomi di questi enti geometrici, più profondamente studiati da Huygens, nel suo Horologium Oscillatorium, 1673, proposizione X.
Il sesto libro tratta dell'uguaglianza e della similitudine delle sezioni coniche, il settimo contiene teoremi relativi ai diametri coniugati e al modo di variare di varie funzioni da essi dipendenti.
Le Coniche di Apollonio contengono complessivamente 387 proposizioni, le quali meritano ancor oggi di essere studiate per la loro eleganza. Non destarono molto l'attenzione di Descartes, il quale nella sua Géometrie (1637) cita soltanto varie proposizioni del I libro, ma furono profondamente studiate da Desargues, Pascal, Huygens, Newton. Cardano poneva Apollonio come il sesto fra i dodici più grandi uomini del mondo (De Subtilitate, lib. XVI).
La prima versione latina dei primi quattro libri delle Coniche è dovuta al veneziano Memo e fu pubblicata in Venezia nel 1537. Maurolico pubblicò nel 1547 un'analisi dei primi quattro libri, e un tentativo di ricostituzione dei libri V e VI. Quest'opera fu stampata in Venezia nel 1654. Poi nel 2° libro del suo scritto De lineis horariis, composto nel 1553 (Maurolyci Opuscula, Venezia 1575), pubblicò un compendio delle Coniche, esponendo le proprietà delle tangenti e degli asintoti. Comandino, nel 1566, ne pubblicò una più accurata versione latina. Nel 1675 Barrow in Cambridge, e nel 1679 Borelli in Roma pubblicarono due nuove versioni, o meglio nuove esposizioni, coi simboli dell'algebra e della matematica del loro tempo.
A. scrisse molte altre opere matematiche. Due libri di un suo scritto sulla sezione dei rapporti (λόγου ἀποτομή) che ci sono stati conservati in versione araba, furono pubblicati in latino da Halley nel 1706. Vi sono studiati i varî casi del problema di condurre, per un punto di un piano, una retta la quale tagli su due altre rette assegnate nel piano due segmenti misurati a partire da due punti dati su queste rette, in modo che questi segmenti abbiano un rapporto dato.
Un'altra opera, sui contatti ('Επαϕαί), in due libri, studiava il problema seguente: dati tre elementi, ciascuno dei quali può essere un punto, una retta, o un circolo, trovare il circolo che passa per i punti dati, ovvero tocca le rette o i circoli dati. Il caso più difficile di questo problema, consistente nel costruire un circolo che tocca tre circoli dati, è suscettibile di una soluzione con la riga e col compasso, la quale fu ritrovata da Vieta nel suo Apollonius Gallus (1600). Questo problema ha avuto una grande importanza nell'ultima grande guerra, perché ha permesso, ascoltando un colpo di cannone da tre punti diversi collegati da un telefono, d'identificare la posizione del cannone, rendendo meno dannose ed in parte inefficienti le batterie dell'esercito nemico.
Considerevole importanza avevano i due libri sui luoghi piani (Τόπων ἐπιπέδων βιβλία δύο). Essi contenevano l'importante proposizione riferita da Pappo (VII, 26) secondo la quale il luogo dei punti di un piano per cui è costante la somma dei quadrati delle distanze da quanti si vogliono punti dati del piano, moltiplicati per coefficienti dati, è un circolo. Questa proposizione, illustrata da Fermat (Øuvres, Parigi 1891, I, p. 3-51; 1896, III, pp. 3-48), ha avuto notevole applicazione nella meccanica moderna.
In uno scritto perduto, intitolato il parto sollecito, ovvero la pronta risoluzione ('Ωκυτόκιον), Apollonio perfezionò probabilmente i metodi di calcolo dell'aritmetica decimale e forse a lui si devono parecchi procedimenti che ora s'insegnano nei trattati scolastici di aritmetica, per la pronta esecuzione delle operazioni. Eutocio dice che Apollonio calcolò con maggior precisione di quanto avesse fatto Archimede, il rapporto della circonferenza al diametro. Proclo, nel suo commento ad Euclide, ricorda che Apollonio tentò di dimostrare varî assiomi di Euclide, come ad es. quello che dice che due cose eguali ad una terza sono eguali fra loro.
Questa dimostrazione coincideva probabilmente con quella ritrovata più tardi dagli scolastici, la quale parte (S. Tommaso) dalla definizione di eguaglianza. Due cose si dicono uguali quando si può porre sempre l'una al posto dell'altra. Per dimostrare allora che se A = B, e B = C, anche A = C, applicando la definizione precedente, si pone nella seconda eguaglianza A al posto di B, e si ottiene così la terza eguaglianza. Secondo un'altra ricostruzione (F. Enriques, Per la storia della logica, Bologna 1922, p. 23), Apollonio voleva ricondurre il concetto euclideo dell'eguaglianza geometrica al caso della sovrapponibilità delle figure, facendo appello ad esperienze ideali di movimento. Comunque, si può con sicurezza presumere che la critica dei principî della geometria sia stata approfondita da Apollonio.
Vitruvio, IX, 8, gli attribuisce una particolare forma di orologio solare (pharetra). Tolomeo, nel libro XII dell'Almagesto, ci ha conservato due teoremi di Apollonio, relativi alla teoria del moto dei pianeti. Questo passo di Tolomeo è stato acutamente commentato da G. Schiaparelli (Scritti sulla storia dell'astronomia antica, Bologna 1926, II, p. 133). Da esso risulta che Apollonio conosceva, e forse difendeva, il sistema nuovamente scoperto nel sec. XVI da Tycho Brahe.
Infine, nel manoscritto arabo di un commento al X libro di Euclide, F. Woepke (Essai sur la restitution des travaux perdus d'Apollonius sur les grandeurs irrationnelles, in Mémoires de l'Academie des Sciences, XIV, 1853, pp. 658-728) ha scoperto che Apollonio si sarebbe altresì occupato d'irrazionali, di grado più elevato di quelli studiati da Euclide nel libro X degli Elementi.
Ediz.: Opera Apollonii Pergaei, trad. per J. B. Memum patricium venetum, Venezia 1537, Apollonii Pergaei Conicorum libri priores IV, ecc., ed. Federicus Commandinus Urbinas, ecc., Bologna 1566, Parigi 1626, Pistoia 1696; Francisci Maurolyci Messanensis, Fmendatio et Restitutio Conicorum Apollonii Pergaei, ecc., Messina 1654 (questa edizione è rimasta sconosciuta al Heiberg e al Ver Eecke, malgrado sia stata citata dal Libri e dal Riccardi, Bibl. Math.); Apollonii Pergaei Con. lib. V, VI, VII, paraphraste Abalphato Asphahaneensi, ecc., Abr. Echellensis lat. reddidit, J.A. Borellus curam in geom. vers. contulit, ecc., Firenze 1661; Elementa conica Apollonii Pergaei, nova et breviori methodo dem. a J.A. Borellio, Roma 1679; Apollonii Conica, ecc., per Isaacum Barrow, Londra 1675; Apollonii Pergaei Con. lib. VIII, ecc., edidit E. Halley, Oxford 1710; Apollonii Pergaei quae graece extant, edidit et latine interpretatus est J.L. Heiberg, Lipsia 1891, 1893, voll. 2, Apollonius of Perga, Treatise on conic sections, edited in modern notation, ecc. by T. L. Heath, Cambridge 1896; Les Coniques d'Apollonius de Perge, trad. francese di P. Ver Eecke, Bruges 1923, in-8°.