appannaggio
Dotazione o assegnazione beneficiaria di terre a favore dei cadetti; in seguito fu riferito in particolare alle assegnazioni in denaro fatte a favore dei cadetti delle famiglie regnanti. L’istituto dell’a., che ebbe origine in Francia con Ugo Capeto, stabiliva che, restando riservata al primogenito la successione al trono, ai cadetti toccava una dotazione di terre, che un editto del 1314 dichiarava però reversibile alla corona, all’estinzione della linea maschile del cadetto beneficiario, non ammettendosi la trasmissione ad altra famiglia per matrimonio di femmine. Un secolo prima si era cessato di concedere veri a. anche alle figlie, in quanto Filippo Augusto aveva sancito il riscatto forzoso con corrispettivo in denaro da parte della corona dei territori loro concessi. Nel 1374 Carlo V limitò gli a. alle rendite dei territori concessi, senza pregiudizio dei diritti della corona; ma la disposizione restò a lungo lettera morta. Con la crisi della monarchia francese (1790), l’Assemblea costituente sostituì gli a. territoriali con rendite-a. che da allora si mantennero sotto forma di godimento di determinati immobili, inalienabili, o di dotazioni annuali. Aboliti nel 1792, furono riconfermati nel 1810, nei modi stabiliti nel 1790. La stessa evoluzione si ebbe negli altri Stati monarchici; in Italia l’art. 21 dello Statuto regolava gli a. dei principi reali. Analogamente, nella società feudale, si ebbe l’a., generalmente rappresentato da una dotazione, personale, in denaro (ma poteva essere anche il mantenimento in casa) che il titolare del fedecommesso (➔) dava ai propri fratelli cadetti. Secondo Andrea d’Isernia (sec. 14°), l’a. doveva consistere nell’usufrutto della legittima come sarebbe stata computata secondo il diritto civile. Ma si ebbero anche diverse soluzioni: nello Stato sabaudo, sotto Vittorio Amedeo II, si stabilì che l’a. non doveva per es. superare il quarto o, nel caso che i beneficiari fossero più di quattro, il terzo della rendita complessiva del fedecommesso. L’a. nei regni di Napoli e Sicilia soleva designarsi col nome di «vita e milizia», dovendo bastare appunto ai cadetti per vivere e militare.