appellativi e epiteti [prontuario]
Molti titoli che hanno avuto corso nella storia dell’italiano sono oggi dismessi nell’uso corrente: tra questi, amplissimo (riferito a un senatore; oggi talvolta riferito a un preside di facoltà universitaria), donno (ecclesiastico o personaggio illustre), maestro (nel senso di dottore in una facoltà universitaria), madonna (donna di elevata condizione sociale), messere (giudice, giureconsulto e altri notabili), monsignore (re, imperatore e principe), serenissimo e Sua / Vostra Serenità (per sovrani e principi di sangue reale e titolo spettante ai dogi della repubblica di Venezia e di Genova), Sua / Vostra Eccelsitudine (in alternativa a eccellenza, altezza, eminenza), Sua / Vostra Signoria (genericamente, per persona autorevole).
Altri appellativi sono sopravvissuti ancora oggi, circolando in ambiti più circoscritti: don (riduzione di donno), ad es., d’uso corrente tra XVI e XVII secolo in riferimento a principi e nobili di origine spagnola o portoghese, è ancora usato nell’Italia meridionale per persone di riguardo (accanto a don «signore» si ha anche donna «signora» – cfr., per la Campania, De Blasi & Fanciullo 2002: 648 –, che oggi è o è stato talvolta usato per le mogli di alte figure istituzionali: donna Assunta, vedova del politico Giorgio Almirante, e donna Franca, moglie dell’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi); maestro è usato oggi per indicare un grado massonico, o nel gioco degli scacchi chi ha raggiunto una determinata quota di punti in tornei qualificanti, oltre naturalmente chi è qualificato e autorevole nelle arti (musica, teatro, poesia, pittura, scultura) e, in alcune regioni, per chiamare ogni tipo di artigiano (falegname, muratore, ecc.); Vostra Signoria, infine, ha ancora qualche circolazione in contesti burocratici, benché spesso venga preferito il lei (Viale 2008: 205-208).
Gli appellativi sono stabilmente associati a determinate cariche o figure professionali. Questi i principali (tra parentesi le forme abbreviate che si usano nella scrittura):
(Sua) Altezza: re, regina, principe, principessa;
(Sua) Eccellenza (S. Ecc. o Sua Ecc.): vescovo o alto prelato; nella tradizione, prefetti e questori, e così via;
(Sua) Eminenza (S.E. o S. Em.), Eminentissimo (Em.mo, E.mo): cardinale, capo religioso;
(Sua) Maestà: re e regina;
(Sua) Santità (S.S.): il papa, il dalai lama, l’Aga Khan e le altre massime autorità religiose;
Chiarissimo (Chiar.mo, Chiar.ma): professore e professoressa universitari;
Don: qualsiasi ecclesiastico;
Dottor(e) (Dott., Dott.ssa): magistrato, magistrata, e qualsiasi laureato;
Magnifico: rettore e rettrice;
Monsignore: vescovi, prelati, patriarchi, abati secolari, prelati facenti parte del corteggio del papa (oltre che titolo attualmente in uso per la Repubblica di San Marino);
Onorevole (On.): qualunque deputato e deputata, senatore e senatrice;
Reverendo (Rev.): esponente cattolico o più spesso protestante;
Cavaliere di Gran Croce, Grande Ufficiale, Commendatore, Ufficiale, Cavaliere sono titoli onorifici conferiti dal Presidente della Repubblica.
Nel rivolgersi a una persona (perlopiù in forma scritta, di tono mediamente più formale rispetto alla comunicazione orale) l’appellativo può essere accompagnato da un aggettivo di cortesia (➔ cortesia, linguaggio della), come, ad es., caro (confidenziale, ma anche semi-formale), gentile (poco formale), egregio, distinto (formale), pregiato, illustre (molto formale, per persone di alto riguardo); si riserva invece a un’azienda o a un ufficio l’aggettivo spettabile (formale).
Alcuni di questi possono essere usati anche al superlativo: carissimo, gentilissimo, pregiatissimo, illustrissimo, eventualmente in forma abbreviata (car.mo, gent.mo, preg.mo, ill.mo; non esiste invece il superlativo di egregio), assumendo un tono più formale e burocratico.
All’aggettivo di cortesia segue abitualmente il titolo generico – sig(nor), oppure, preferibilmente, quando possibile, la carica min(istro), sen(atore) o il titolo professionale arch(itetto), avv(ocato), ing(egnere), prof(essore), o eventualmente l’onnicomprensivo dott(or) per chiunque sia laureato, inflazionato in italiano sin dal dopoguerra, e ormai usato popolarmente anche per persone di cui non si conosce il titolo di studio – e il cognome: Gentile architetto Emiliani o, più confidenzialmente, Gentile Emiliani o Gentile architetto; Preg.mo on. dott. Emiliani, ma anche Onorevole ministro o Signor ministro. Signor premesso ad appellativi come ministro o sindaco è però oggi sempre più contestato e meno usato.
Se gli interlocutori sono due o più e condividono titolo o aggettivo di cortesia, questo può essere espresso una sola volta oppure, con maggiore formalità, tante volte quante sono gli interlocutori, ordinati in relazione al sesso (prima le donne, poi gli uomini) e all’età (dai meno ai più giovani): «Cara studentessa e caro studente, vi porgo il benvenuto [...]» (da una guida universitaria). Se gli interlocutori hanno titoli e cariche differenti, si seguirà l’ordine di importanza decrescente: «Signor Presidente, caro Ministro, onorevoli colleghi, vorrei articolare la mia riflessione sulle seguenti questioni» (dall’intervento di un senatore).
Se accompagnato dall’aggettivo possessivo, caro può assumere sfumature ironiche, tra l’amaro e il paternalistico («Sì, questa è politica, cari miei», «Il Foglio» 7 dicembre 2009).
In italiano attuale sono correnti alcuni appellativi colloquiali e familiari che esprimono affettuosa partecipazione, sia essa rivolta ad adulti (povero cristo / diavolo / vecchio, povera anima) o a bambini (stella, stellina, topolino/a, ecc.). Possono avere valore antonomastico (➔ antonomasia) alcuni aggettivi (l’Altissimo, l’Eccelso «Dio») e titoli (l’avvocato per Gianni Agnelli, il cavaliere per Silvio Berlusconi, il venerabile per Licio Gelli, il professore per Romano Prodi; accanto a questi si ricorderà anche la (vecchia) Signora per la squadra di calcio della Juventus).
È invece caduto pressoché completamente in disuso l’appellativo signorina come titolo per una donna non sposata, perché percepito dalla sensibilità comune come discriminatorio per vari motivi.
Negli ultimi anni è stato più volte fatto oggetto di attenzione, da parte delle istituzioni, il titolo di onorevole (in uso dal 1848), ora omesso da alcuni presidenti della Camera a vantaggio del solo deputato/a (I. Pivetti, 1994-1996, e F. Bertinotti, 2006-2008), ora oggetto di proposte di legge che ne hanno chiesto l’abolizione a favore del semplice signore/a (la prima presentata il 1 febbraio 2002, da A. Serena, e la seconda nel gennaio 2010 da M. Donadi).
Nei messaggi di posta elettronica informali inviati a più destinatari di entrambi i sessi, è talvolta usato l’asterisco in luogo della desinenza dell’aggettivo di cortesia: quest’uso, suggerito dal linguaggio di programmazione, consente di riferirsi contemporaneamente a donne e a uomini: «Car* tutt*, volevo dirvi che ...» (➔ posta elettronica, lingua della).