APPENDICITE
. È l'infiammazione dell'appendice (v. sopra). L'appendicite fu individuata la prima volta dal chirurgo americano Reginald Fitz, in due monografie del 1886 e del 1888, nelle quali si accenna anche alla possibilità di un trattamento operatorio della malattia. Ché se la prima descrizione di perforazione dell'appendice appartiene al Mestivier (1759) e dobbiamo giungere al 1812 per trovarne un'altra descritta dal Parkinson ed infine al 1827 per trovare le sei osservazioni del Melier (che ha per primo richiamata l'attenzione dei chirurghi sulla malattia, tanto che taluni credono si possa affermare avere egli fondato il capitolo dell'appendicite), solo dopo la monografia del Fitz si è iniziato quel movimento per il quale l'appendicite doveva assumere rapidamente la maggiore importanza medica e chirurgica.
Come dal punto di vista anatomopatologico, anche clinicamente l'appendicite presenta una grande variabilità di forme. La classificazione più semplice è quella che distingue l'appendicite acuta e quella primitivamente cronica; l'appendicite acuta a sua volta può essere semplice, oppure con peritiflite, oppure ancora associata a peritonite diffusa.
L'appendicite con peritiflite (con la quale si può considerare l'appendicite semplice, non essendovi fra esse diffenza che di grado) insorge improvvisamente o dopo un periodo prodromico di vaghi disturbi addominali. Essa s'inizia come colica appendicolare, cioè con un dolore vivo, acuto nella fossa iliaca destra, più raramente localizzabile altrove. Il dolore può essere accompagnato da vomito, da nausee, da elevazioni di temperatura; l'addome diviene spesso meteorico e sensibile alla pressione, specialmente nel quadrante inferiore destro.
Se l'appendicite acuta non si complica, i sintomi generali e locali migliorano rapidamente, residuando una particolare sensibilità alla pressione nella regione ileo-cecale, per lo più nel punto del Mac Burney, all'unione del terzo esterno coi due terzi interni della linea che va dall'ombelico alla spina iliaca anteriore-superiore, o nel punto di Lanz situato all'unione del terzo destro col terzo medio della linea che va dall'una all'altra spina iliaca anteriore-superiore. Quivi si palpa una resistenza profonda, oppure un cordone duro, che a poco a poco diminuiscono e scompaiono. Le recidive sono frequenti e spesso più gravi; oppure si può osservare il persistere di lievi disturbi (dolorabilità, dispepsia, ecc.) dovuti a un'appendicite residuale cronica.
In altri casi i fenomeni iniziali persistono e divengono anche più intensi. Il dolore violentissimo si localizza nella fossa iliaca destra, dove appare una tumefazione che cresce di volume a guisa di piastra o di massa fissa, più o meno profonda, ottusa alla percussione dovuta a processi peri-appendicolari fibrino-purulenti, e talora a formazione di raccolte purulente circondate da essudati solidi che le delimitano.
Che se la formazione di pus è notevole e si costituisce una vera e propria periappendicite suppurativa, la febbre diviene intermittente, la tumefazione diviene meno consistente ed infine può osservarsi anche una fluttuazione, variabile per sede secondo la sede dell'ascesso.
Allora, se l'ascesso si rompe nella cavità peritoneale, oppure quando si diffonda progressivamente una peritonite fibrinopurulenta ed infine in certi casi, nelle prime ore, per mancata formazione di aderenze attorno all'appendice infiammata, si ha la peritonite acuta, diffusa, che decorre col quadro gravissimo della peritonite (v.) generalizzata: singhiozzo, vomito, meteorismo, abbassamento della temperatura, con acceleramento del polso, alvo chiuso alle materie ed ai gas, ecc.
La diagnosi dell'appendicite acuta è di regola facile, perché i sintomi principali e caratteristici di solito non mancano. Ma a volte per la sede abnorme dell'appendice, che determina una localizzazione del dolore diversa da quella classica, per caratteri particolari derivanti dall'età del soggetto, da irradiazioni abnormi del dolore dalla predominanza di taluni sintomi, la diagnosi può essere difficile o anche impossibile. Certe affezioni acute addominali possono d'altra parte simulare l'appendicite: tali l'occlusione intestinale, la perforazione di un'ulcera gastrica o duodenale, la colecistite acuta ed altre ancora. E a sua volta l'appendicite può simulare una ernia strozzata, una febbre tifoide, persino una polmonite.
La prognosi della malattia dipende molto dalla cura. Si può dire che tutti oggi siano d'accordo che, fatta diagnosi di appendicite acuta, ed anche soltanto essendovi il forte sospetto di essa, si debba intervenire. L'operazione precoce può di fatto guarire rapidamente anche le più gravi manifestazioni. Trascorse le prime quarantotto ore dall'inizio del male, una volta iniziato cioè il cosiddetto periodo intermedio, taluni vorrebbero ugualmente operare in ogni caso; altri più saggiamente sono eclettici e ritengono che si debba vagliare accuratamente caso per caso l'opportunità dell'intervento, ritenendo che sia preferibile attendere di operare a freddo, salvo che si presentino indicazioni d'urgenza. Infine i più opinano che l'appendicectomia a freddo sia di regola consigliabile in coloro che hanno superato un attacco acuto di appendicite e sono pertanto esposti a recidive, e così pure nelle appendiciti primitivamente croniche.
Talvolta bisogna riservare l'ectomia dell'appendice ad un secondo tempo, contentandosi dapprima di aprire un ascesso per dare sfogo al pus ed evitarne la diffusione alla grande cavità peritoneale ancor sana. D'altra parte l'apertura dell'ascesso periappendicolare non è sempre facile, specialmente quando l'appendice è posteriore al cieco o è nel bacino; l'ascesso viene inciso in corrispondenza della zona più molle, sede del dolore più vivo alla pressione.
Si fa l'incisione della fossa iliaca destra, sia parallelamente al margine esterno del retto, attraverso la guaina di questo, sia parallelamente all'arcata inguinale, sezionando l'aponeurosi del grande obliquo ed i muscoli secondo la direzione delle loro fibre. Occorre cautela nell'incidere il peritoneo, perchè possono esistere aderenze fra questo e l'intestino; si cerca l'appendice sulla guida del cieco, si separano con delicatezza le aderenze che eventualmente esistessero, si isola e si lega quindi il mesenteriolo e si asporta l'appendice strozzandola alla base con uno schiacciatore, legando fortemente con filo di seta in corrispondenza del solco lasciato dallo strumento e sezionando quindi l'appendice col termocauterio al di sopra del laccio, fra questo e una pinza posta a chiudere il lume. Il moncone appendicolare viene poi affondato con punti siero-muscolari in seta posti a borsa di tabacco sulla parete del cieco, e la parete addominale si chiude con sutura a strati, o si lascia parzialmente aperta per drenare il focolaio allorché vi si trovasse del pus (v. figura e tavola a colori).
La mortalità operatoria negli interventi precoci e in quelli a freddo può essere considerata pressoché nulla.
Bibl.: O. Sprengel, Appendicitis, Stoccarda 1906; E. Sonnenburg, Pthologie und Therapie der Perityphlitis, Lipsia 1908; M. Francini, L'appendicite, Milano 1911; I. B. Deaver, Appendicitis, Filadelfia 1914.
Anatomia patologica. - L'infiammazione dell'appendice è stata recentemente oggetto di profondi studî di anatomia patologica (Kretz, Oberndofer, Ribbert, Sprengel, Aschoff, ecc.). Secondo Aschoff, le ricerche batteriologiche dimostrano, come causa dell'infiammazione, diplococchi e sottili bacilli, gli uni e gli altri resistenti al Gram. I colibacilli e i germi anaerobî interverrebbero solo in secondo tempo nelle forme complicate. È discusso se i germi infettanti provengano dalla bocca, specialmente da processi anginosi e poi per via sanguigna giungano all'appendice, o piuttosto si trovino già normalmente nella bocca e nell'intestino e subiscano soltanto un'esaltazione della virulenza. Ma non è dubbio che i corpi estranei, i calcoli fecali, i parassiti, ai quali si dava in passato molta importanza, non siano, il più spesso, che un reperto del tutto occasionale. Il primo attacco compare in un'appendice prima perfettamente sana e non sul fondo di un'infiammazione cronica, insidiosa, come si credeva in passato.
L'appendice (v.) può presentare notevoli variazioni nella forma, nella lunghezza, nella posizione: si possono avere deformazioni fisiologiche a S, a U, a coda attorcigliata, che, in condizioni patologiche, possono essere la causa o di strozzamenti, o di adesioni con organi molto diversi: l'appendice infatti può essere rivolta verso la fossa iliaca, all'esterno e sopra il cieco. L'inserzione sull'appendice del mesenteriolo, cioè della lamina peritoneale che porta i vasi nutritizî e i nervi, dà alla sezione dell'appendice la forma di un'ellisse o di una Y. La mucosa non ha villi, ma numerose cripte: è particolarmente ricca di noduli di tessuto linfoide (tonsilla appendicolare di Aechoff) che nel neonato è poco sviluppato, poi aumenta gradualmente nell'adulto, e, quando l'appendice è contratta e vuota, determina una solcatura molto caratteristica che è di reale importanza per la localizzazione dei processi flogistici. Nei primi stadî dell'infiammazione, nelle parti profonde delle insenature nelle quali la mucosa presenta perdite del rivestimento epiteliale, si trovano accumuli di batterî, zaffi di fibrina e leucociti. Questa infiltrazione può raggiungere, attraverso tutto lo spessore dell'appendice, il rivestimento esterno sieroso: dalla confluenza di numerosi focolai può originarsi lo stadio flemmonoso. In altri casi da questi focolai possono derivare ascessi miliari che, anche a infiammazione spenta, possono rimanere isolati nella parete, rivestiti dalla mucosa apparentemente integra, oppure perforarsi verso il lume intestinale (appendicite ulcerosa), o verso il peritoneo, producendo la peritonite da perforazione; molto più raramente, nell'appendicite dissecante, l'infiammazione scolla la mucosa dalla sottomucosa. Quando, per arterite, flebite, trombo flebite, seguano alle precedenti alterazioni vasali disturbi notevoli della circolazione sanguigna, si può avere necrosi o cancrena della parete; in casi eccezionali può seguire l'amputazione spontanea dell'appendice.
Nei primi stadî dell'infiammazione la guarigione può avvenire con completa restitutio in integrum; nell'appendicite flemmonosa si forma tessunto di granulazione al quale residua una cicatrice. Dopo la flogosi acuta l'appendice può non presentare più alcuna traccia dell'infiammazione subita: altre volte residuano deformità, ingrossamenti, aderenze.
Si è dato il nome di appendicite cronica agli stadî di proliferazione del tessuto di granulazione nella mucosa distrutta; secondo Aschoff si tratta sempre di processi di guarigione ritardati e recidivanti. Questa forma non va confusa con processi cronici d'altra natura, p. es. tubercolari, che hanno caratteri ed evoluzione diversi.
L'infiammazione della superficie sierosa peritoneale che riveste l'appendice, nelle forme molto lievi può essere minima; molto spesso è causa delle aderenze con il rivestimento peritoneale degli organi vicini e quindi con gli organi stessi, ed è limitata alla regione ileocecale e chiusa da ogni lato per aderenze con la parete anteriore dell'addome, il tenue, l'omento; in casi assai più gravi, si ha peritonite purulenta, circoscritta o diffusa, che può essere rapidamente mortale. Gli ascessi possono diffondersi verso il piccolo bacino, il canale inguinale, crurale, il rene e anche aprirsi all'esterno per vie diverse. Per via diretta, o sanguigna, o linfatica, possono derivare dall'appendice processi suppurativi in altri organi, specialmente in quelli genito-urinarî, nella cistifellea, nel fegato, senza considerare le altre localizzazioni che possono aversi quando si svolgano fatti a tipo setticemico o setticopioemico.
Bibl.: L. Aschoff, Anatomia patologica, trad. it., Torino 1914; L. Jores, Le basi anatomiche delle più importanti malattie, Milano 1922; W. A. MacCallum, A text-book of pathology, Filadelfia 1924.