APPENDICITE
. Anatomia patologica (III, p. 736). - Gli aspetti fondamentali sotto i quali l'infiammazione dell'appendice suole presentarsi, secondo i testi classici dell'anatomia patologica e della chirurgia, sono tre: a) appendicite catarrale acuta: l'appendice è arrossata, tumefatta e il suo involucro peritoneale è torbido per lieve deposizione di essudati fibrinosi. Istologicamente è caratterizzata da un ispessimento di tutte le tuniche e specialmente della mucosa per un'infiltrazione flogistica diffusa dei vari strati; b) appendicite suppurata-ulcerosa: macroscopicamente analoga alla precedente, essa se ne differenzierebbe istologicamente per il formarsi di piccoli ascessolini nello spessore della parete appendicolare, specie in corrispondenza dei follicoli. Le minuscole raccolte purulente possono confluire e aprirsi o verso il lume appendicolare oppure (evenienza ben più temibile per le complicanze alle quali dà origine) verso la cavità peritoneale; c) appendicite gangrenosa: caratterizzata, oltreché da processi flogistici analoghi a quelli descritti sopra, dall'insorgere di processi necrotici, a focolaio, a modo di placche, oppure estesi a larga parte dell'appendice; questa gangrena appendicolare, alla quale corrisponde un decorso clinico eminentemente maligno e tumultuoso, è causa di una gran parte dei casi di perforazione o rottura dell'appendice in peritoneo.
Queste tre forme possono rappresentare naturalmente fasi di gravità crescente dello stesso processo. L'importanza delle due ultime è legata alle complicanze, sopratutto peritoneali, che possono originarsene ed esse rappresentano due aspetti ben differenziati e a significato anatomico chiaro. L'appendicite acuta cosiddetta "catarrale" (molti autori tendono a cancellare tale qualifica) ha invece un valore più controverso, specialmente dal punto di vista patogenetico: essa rappresenta infatti nel più dei casi il corrispettivo anatomico del quadro sintomatologico noto sotto il nome di "attacco appendicolare" e dalla sua valutazione deve scaturire la ragione del frequente recidivare di questi episodî morbosi acuti.
In passato il succedersi di varî attacchi veniva interpretato come espressione del riacutizzarsi accessionale di un processo appendicitico primitivamente cronico o, secondo i più, cronicizzatosi a seguito di una prima fase acuta. In altre parole gli accessi successivi alla prima comparsa dei fenomeni morbosi s'impianterebbero su un'appendice già alterata in senso infiammatorio.
Nella concezione di L. Aschoff invece (concezione che del resto non è universalmente accettata) l'aspetto istologico col quale il processo appendicitico si presenta in corrispondenza del primo episodio morboso come dei successivi, è identico: l'infiammazione inizierebbe in una o più cripte della mucosa con un accumulo di leucociti e di fibrina in un punto della mucosa, in cui l'epitelio è caduto. A questa "infezione primaria" segue il formarsi d'infiltrazioni leucocitarie foggiate a modo di cuneo, con apice verso il lume e base al rivestimento sieroso, che è sede in genere di un'infiammazione fibrinosa asettica. Non esiste perciò, secondo l'Aschoff, un'appendicite catarrale superficiale, come veniva concepita un tempo, ma solo un'appendicite flemmonosa acuta, la quale può evolvere o verso le complicazioni (ascessi periappendicolari, ecc.) ovvero verso la guarigione. Questa è una guarigione effettiva, in senso istologico, del processo flogistico, e l'unico elemento coadiuvante, che può facilitare l'istituirsi ex novo di un secondo attacco di appendicite, è rappresentato dall'eventuale residuare di restringimenti del lume appendicolare, conseguenti al primo episodio infiammatorio. Il Longhitano invece sostiene che anche l'"infezione primaria" si istituisce in appendici, in cui, in seguito all'eliminazione o all'assorbimento di germi o di sostanze tossiche o per altri processi, sia intervenuto un ispessimento della sottomucosa, con formazione di solcature e facile insorgenza di ristagno.
Patogenesi. - A parte la genesi linfatica, per trasmissione all'appendice del processo flogistico da organi vicini (in genere i genitali femminili), alla quale spetta un'importanza ristretta, le due ipotesi patogenetiche che riscuotono un consenso più esteso sono l'ematogena e l'enterogena. La prima ha al suo attivo dati sperimentali (produzione di processi infiammatorî appendicolari, quando si iniettino germi in circolo), oltre ad alcuni dati clinici, come la coincidenza di un'appendicite con altre affezioni (scarlattina, polmonite, sepsi e specialmente angina) e con dimostrazione d'identità fra i germi riscontrati in circolo e quelli dimostrati nella parete appendicolare. Suggestive sono anche alcune statistiche, che segnalano il non raro insorgere di vere epidemie d'appendicite.
Più largamente accettata è la genesi enterogena. Un'importanza determinante fu attribuita volta a volta alla diretta trasmissione di processi infiammatori dal cieco (tiflite) all'appendice, alla presenza di corpi estranei esogeni (noccioli, peli, ecc.) o endogeni (calcoli fecali) o di parassiti animali (specialmente ossiuri), il cui compito consisterebbe nell'aprire la via alla penetrazione dei germi, determinando abrasioni superficiali della mucosa (vedi a questo proposito anche le esperienze del Guccione). Un valore senza dubbio maggiore spetta al ristagno del contenuto appendicolare (R. Reclus), per cui l'appendice può essere paragonata in certe condizioni a un vero tubo di coltura per germi. La facilità dell'impianto di processi flogistici è giustificata del resto (anche astraendo dal fattore "ristagno"), dal carattere anfrattuoso e irregolare della superficie interna appendicolare (Aschoff), che non a torto può ritenersi presenti un comportamento analogo a quello delle tonsille di fronte ai fattori patogeni infettivi. Non va infine dimenticato che l'appendice è dotata di movimenti peristaltici, per quanto di lieve entità, e che alterazioni di questa funzione motoria, espulsiva nei confronti del contenuto, può facilitare l'impianto di processi infettivi locali.
Decorso e complicanze. - L'appendicite, anche in fase flemmonosa, può guarire con completa restitutio in integrum della struttura appendicolare oppure residuandone restringimenti e perfino obliterazione del lume, e talora tardiva comparsa di formazioni neuromatose. A tali processi stenotici può seguire una distensione del lume per ristagno del contenuto liquido (idrope) o mucoso (mucocele). Il diffondersi delle masse mucose nella cavità peritoneale dà origine al cosiddetto pseudomixoma del peritoneo (Hansemann, Morelli).
Costante è una compartecipazione della sierosa peritoneale al processo appendicolare. Nella forma più lieve essa è rappresentata da una periappendicite plastica, cui segue la formazione di aderenze. Altre volte, per migrazione di germi attraverso la parete appendicolare alterata o per rottura di essa, si può avere peritonite purulenta diffusa con esito rapidamente mortale; più spesso l'ordirsi di aderenze difensive all'intorno dell'appendice circoscrive il processo, con formazione conseguente di accessi periappendicolari; questi per ectopia preesistente dell'appendice, possono avere sede abnorme (retrocecale, lombare, pelvica, ecc.). Complicanza più rara è il propagarsi del processo infettivo lungo le radici della vena porta fino al fegato, con insorgenza di ascessi epatici, oppure per il circolo generale, con l'istituirsi di uno stato settico.
Bibl.: L. Aschoff, Pathol. Anat., Jena 1923; B. de Vecchi, Anatomia patologica dell'apparato digerente, in Trattato ital. anat. patol., Torino 1934; A. Longhitano, La morfol. e la patol. dell'appendice vermiforme, Milano 1928; Morelli, Pseudomixoma peritonei ex appendice, in Giorn. med. milit., 1932.