appercezione
Termine introdotto da Leibniz per indicare l’atto riflessivo attraverso cui l’uomo (del quale tale atto è proprio) diviene consapevole delle sue percezioni, che di per sé possono anche rimanere inavvertite. La percezione della luce e del calore, per es., di cui abbiamo l’a., è composta di molte piccole percezioni di cui non abbiamo l’appercezione. Un rumore che noi percepiamo ma a cui non facciamo attenzione, diviene appercepibile se subisce un piccolo aumento (Nuovi saggi sull’intelletto umano, 1704; II, 9, 4). Mentre le percezioni appartengono anche agli animali e alle piante, l’a. è propria dell’uomo in quanto le sue percezioni sono accompagnate dalla «potenza di riflettere». L’a. è con ciò, già per Leibniz, il fondamento ultimo della coscienza e dell’io: s’intende quindi come più tardi Kant, nella Critica della ragion pura (➔) (1781), abbia chiamato a. l’autocoscienza e a. pura (o originaria) quell’io penso che «deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni», costituendo l’unità trascendentale dell’autocoscienza. Tale a. pura si distingue dall’a. empirica, che è la coscienza nella totalità del suo contenuto, in cui l’Io penso è fuso con il dato dell’intuizione sensibile. Riprendendo questi stessi concetti nei Prolegomeni ad ogni futura metafisica (1783) Kant distinguerà la semplice coscienza o a. empirica che si esprime in giudizi soggettivi (giudizi percettivi) dalla coscienza in generale o a. pura, che si esprime in giudizi aventi valore universale e necessario (giudizi d’esperienza). Nel primo caso io accompagno con la coscienza ciascuna delle rappresentazioni. Nel secondo caso le compongo tutte l’una con l’altra e sono consapevole della loro sintesi. La caratteristica fondamentale dell’a. pura, secondo Kant, è quella «dell’oggettività». Per es., in base all’a. empirica potrei soltanto dire «ogni volta che sollevo un corpo, avverto un’impressione di peso», stabilendo un rapporto puramente soggettivo tra il sollevamento di un corpo e l’impressione di pesantezza. Questo non mi autorizzerebbe a dire «il corpo è pesante». Una affermazione del genere è possibile soltanto se il legame tra il corpo e la pesantezza è stabilito oggettivamente dall’a. pura (Prolegomeni, § 19). In un senso assai più empiristico, di sintesi delle percezioni, il termine a. fu usato da Herbart e da Wundt.