APPIANO, Iacopo d', signore di Pisa
Suo padre Vanni oriundo di Valdera, trasmigrato a Pisa, aveva esercitato qui il notariato e pubblici uffici per i "Bergolini", cioè per il partito o fazione della città che rappresentava gl'interessi e le tendenze politiche dei mercanti e armatori pisani, fautori di buone relazioni con Firenze. Aveva in ultimo seguito la famiglia Gambacorta, che di quel partito era a capo; e pare che fosse morto vittima della reazione contro i Gambacorta, scoppiata in Pisa alla venuta di Carlo IV (1355). Iacopo, nato nel 1325, notaio come il padre e già più volte investito dell'anzianato, seguì nell'esilio i Gambacorta superstiti e divenne familiare di Galeazzo e di Gian Galeazzo Visconti, coi quali mantenne cordiali rapporti, anche quando, ritornato a Pisa come signore Pietro Gambacorta, fu da lui eletto cancelliere del comune. Quando poi Gian Galeazzo, sbarazzatosi di Bernabò, mirò ad ampliare lo stato e a combattere Firenze, Iacopo divenne suo strumento per indurre il Gambacorta ad abbandonare l'alleanza con Firenze. Non riuscendovi, si mise in breve alla testa dei Pisani scontenti di Piero e della sua politica, e fomentò in Pisa torbidi e congiure, mentre suo figlio Vanni militava insieme con i Visconti contro Firenze. La pertinacia del Gambacorta e un suo tentativo di staccare Siena dall'amicizia di Gian Galeazzo, portarono ad un più stretto accordo tra Iacopo e Gian Galeazzo. Il 21 ottobre 1392, Iacopo assaliva le case dei Gambacorta, ne sbaragliava i fautori, s'impadroniva di due dei figli di Piero, e, chiamato a basso, come per trattare, Piero stesso, lo faceva finire dai suoi.
Inizi assai travagliati ebbe, dunque, la signoria di Iacopo d'Appiano: in lotta sempre con Firenze, alle cui merci impediva il transito, e con Lucca, che insieme con Firenze favoriva i Gambacorta scampati alla strage; insidiato dallo stesso Gian Galeazzo, che, impensierito per la grave età di Iacopo, specie dopo la morte del figlio di lui Vanni, suo massimo sostegno, cercò senz'altro di far occupare dai suoi capitani tutte le fortezze di Pisa. L'astuto vecchio seppe sventare il pericolo, disfacendosi di alcuni Pisani complici dei Viscontei. Ma non s'indusse ad avvicinarsi a Firenze. Sentendosi prossimo alla fine, si associò l'inetto suo figlio Gherardo. Morì il 5 settembre 1398 e con lui si può dire finisse l'effimera signoria, ché il nuovo successore, malvisto dai Fiorentini, diffidente degli stessi suoi sudditi, conchiuse con Gian Galeazzo trattative per la cessione dei suoi dominî; e al principio del 1399, accolte in città milizie viscontee, sciolti gli Anziani, proclamatosi signore assoluto, dopo un mese di siffatto regime consegnò la città e le fortezze a un luogotenente di Gian Galeazzo (19 febbraio) e se ne parti per Piombino, che si era riservata.
Bibl.: Roncioni, Storie Pisane, in Arch. St. It., s. 1ª, VI; P. Silva, Il governo di P. Gambacorta in Pisa, in An. R. Sc. Norm. di Pisa, XXIII (1919); G. Scaramella, La dominazione Viscontea in Pisa, in Studi storici, III (1894).