CONTI, Appio
Nacque a Poli (Roma) nel 1558 da Torquato duca di Poli e da Violante Farnese, figlia naturale di Ottavio duca di Parma. L'educazione letteraria del giovane venne affidata dal padre al maestro Angelo da Caiano. Da un'affermazione di Annibal Caro, amico del padre, si evince che il C., pur intelligente e vivace', non era tuttavia particolarmente attratto dallo studio delle lettere "che studia fin da ora così distrattamente" (Caro, Lettere..., III, pp. 164 s.). Anche il C. infatti, come il padre, intraprese la carriera militare e trascorse tutta la sua breve vita combattendo nei Paesi Bassi e in Francia.
Nell'autunno 1577 il C. militava già nell'esercito cattolico nei Paesi Bassi guidato da don Giovanni d'Austria. Passato il comando ad Alessandro Farnese, zio del C., questi, tornato precedentemente in Italia, fu tra i primi nobili romani ad arruolarsi fra le file dell'esercito che il principe di Parma andava costituendo per ottenere un rafforzamento militare delle province vallone e per isolare i ribelli del Nord, togliendo loro la possibilità di ricevere aiuti dagli Stati tedeschi.
Il 30 ott. 1583 il Farnese fu informato della venuta dei C., verso il quale dimostrò subito una profonda fiducia, affidandogli importanti incarichi in seno all'esercito e rimettendo spesso alla sua volontà l'esecuzione di azioni militari. Nel febbraio 1584 il C. fu ferito, senza conseguenze, in un combattimento; nel maggio dello stesso anno, al comando di un contingente di cavalleria, ricevette l'ordine di raggiungere il Farnese, che voleva "... servirsi di lui appresso la sua persona..." (Roma, Bibl. naz., Fondo gesuitico, ms. 371, f. 122r), in un momento in cui l'azione militare delle forze cattoliche conobbe il massimo successo, dopo la riconquista delle Fiandre e di una parte del Brabante. Nel contempo il C. dovette fronteggiare con fermezza il comportamento delle sue truppe le quali, insieme con quelle dell'elettore di Colonia, Emesto di Baviera, nell'inverno 1585 avevano compiuto scorrerie e depredazioni nei territori dei ribelli del Nord. Il C. partecipò alle vittoriose campagne militari di quegli anni: nell'aprile 1586 fu inviato dal Farnese all'assefflo di Grave con una parte dell'esercito; nel giugno del medesimo anno in Gheldria respinse un attacco improvviso di truppe fiamminghe e inglesi guidate da Martin Schenck; nel 1587 condusse le trattative con il governatore di Wachtendock, che aveva promesso di consegnare la città alle truppe cattoliche se il Farnese gli avesse restituito i suoi beni: in questa occasione al C. fu teso un agguato dallo stesso governatore, da cui riuscì a salvarsi fortunosamente; nel 1587, infine, partecipò alla battaglia di Engelen ed all'assedio di Blymbech, al comando di un contingente di cavalleria.
Durante il primo passaggio delle forze farnesiane in Francia per sostenere la lega cattolica contro Enrico di Navarra il C. era, con Nicolò Cesi e Alessandro Sforza, aiutante in campo del Farnese, quando con l'esercito si diressero alla conquista di Lagny. Manifestatasi la necessità di potenziare le truppe, assai diminuite di numero dopo l'assedio di Knosenburg, fra la fine del 1590 e l'inizio del 1591, fu inviato in Italia per arruolare nuovi contingenti, insieme a Pietro Caetam e Tarquinio Capizucchi.
Nel maggio 1591 Gregorio XIV aveva mandato in Francia il nipote Ercole Sfondrati, duca di Montemarciano, e aveva nominato il C. maestro di campo.
Durante la permanenza in Italia il C. dovette affrontare molteplici difficoltà, soprattutto di ordine finanziario, per risolvere le quali il Farnesefu costretto a prendere denaro dalle rendite dei suoi Stati. Inoltre, il duca di Terranova, governatore di Milano, ordinò al Caetani e al C. di fermarsi in Piemonte per fornire aiuto militare al duca di Savoia, Carlo Emanuele I, mentre il Farnese, con una lettera del 2 luglio 1591 al C., sollecitava l'arrivo dei nuovi contingenti. Al ritorno in Francia, mentre con l'esercito attraversava la Piccardia. il C. fu ferito a Vervins, ma, anche questa volta, le conseguenze dell'Incidente non furono gravi. Nel settembre 1591 i nuovi contingenti pontifici arrivarono nei Paesi Bassi.
Nella seconda metà del novembre 1591 il Farnese aveva concentrato ogni sforzo per salvare Rouen, assediata da Enrico di Navarra. Intanto cresceva il disagio nell'esercito farnesiano e in particolare fra i contingenti recentemente arruolati, per la mancanza di denaro e per i contrasti fra le alte cariche ecclesiastiche e militari sul modo di condurre la guerra. Nel febbraio 1592 Ercole Sfondrati chiese a Clemente VIII di lasciare la carica di comandante generale delle truppe pontificie inviate in Francia: il comando fu rimesso al C. il 28 febbraio. Nella primavera del 1592 l'esercito del duca di Parma passò la Senna, mentre i ribelli nelle Fiandre avevano riacquistato e consolidato le loro posizionL Sempre più profonde, inoltre, erano ormai le divergenze fra Filippo II e il Farnese: questi, logorato dalla malattia, per ritirarsi da un'impresa che avrebbe compromesso definitivamente la sua politica precedentemente attuata nei Paesi Bassi, affidò il comando generale dell'esercito in Francia al C., che lo mantenne fino al marzo 1593.
Sin dall'inizio espresse il disagio che tale posizione gli procurava per i contrasti con il legato Matteucci; tuttavia, in una postilla autografa a una lettera, inviata il 5 dic. 1592 a Pietro Aldobrandini, affermava: "Non mi è parso conveniente lasciar questa carica sino a tanto che non sappi chi comanda doppo S. A." (Nunziatura di Fiandra, f. 21).
Intanto il C. aveva radunato tutte le forze per il nuovo ingresso in Francia, particolarmente sollecitato dal papa. La morte del Farnese e "... l'ammutinamenti che pubblicamente minacciavano le genti cattoliche, recalcitrando di passar oltre senza assegnamento delle debite paghe..." (Silvestri, f. 161v) avevano dato nuova forza agli ugonotti. Come si evince dalle lettere inviate dal C. a Pietro Aldobrandini (Nunziatura di Fiandra, ff. 11r-57v), cui venne affidata, nel settembre del 1592, la cura degli affari. di Francia, Spagna e Savoia, le disposizioni del commissario generale delle armate pontificie, Matteucci, divergevano sempre più dalla volontà del papa e dello stesso Conti.
Questi aveva inviato a Bruxelles il fratello Lotario, giunto nei Paesi Bassi in occasione del matrimonio del C. per avere dirette istruzioni dal Matteucci, che - affermava il C. - "...cerca quanto può con artifitio dare ad intendere alli ministri di S. Maestà et a tutto il mondo voler riempire questo reggimento, ma in effetto usa ogn'opra si disfaccia a fatto quello che vi è" (ibid., f 37r). Costretto allora a chiedere dirette istruzioni da Roma, il C. con una lettera del 23 gennaio del 1593 fu invitato dal papa a stare unito alla lega, per non causare dispersione di forze.
Nell'esercito era sempre più grave il pericolo di fughe e il disordine degli alloggiamenti rendeva difficile avere esatta cognizione del numero degli uomini. Furono deputati dal Matteucci due commissari, Domenico Moriconi e Vittorio Griffoli, per fare la rassegna dell'esercito e procedere alla retribuzione degli uomini. Ma, nonostante le pressioni del C. perché si agisse celermente, giunse improvviso un ordine del Matteucci "di non dar fuora il denaro per le paghe" e i due commissari "...tornati indietro con determinazione di condurre la provvisione per la prossima paga..., non si fecero più vedere". Dato che "... s'era talmente inasprito l'animo et al colonnello et agli altri offiziali e soldati... che di già cominciavano molti d'essi a ripassar la Mosa per ritornarsene addietro" (Registro di lettere..., f. 331v), il C. ritenne opportuno sborsare la cifra di ottocento scudi rifiutatagli dal Matteucci per pagare i soldati, nella speranza che i superiori avrebbero giustificato la sua azione tesa ad evitare mali più gravi all'esercito cattolico.
L'impossibilità di guidare le forze cattoliche in un clima di profondi disaccordi, acuiti dalla costante penuria di denaro, indusse il C. a dimettersi dalla carica di sovrintendente generale delle truppe cattoliche in Francia. Il fratello Lotario presentò per lui le dimissioni al Consiglio di Stato a Bruxelles e, sebbene i membri avessero ripetutamente insistito affinché desistesse dalla sua decisione, il comando dell'esercito in Francia passò agli inizi di marzo 1593 a Carlo di Mansfeld, mentre il C. restò alla guida delle truppe pontificie presenti in Francia.
Il 13 marzo 1593 le forze cattoliche posero l'assedio a Noyon: il C. perse la vita, il 26 marzo 1593, in uno sleale .duello con il capitano dei lanzichenecchi G. Bayer von Boppart che si era rifiutato di obbedire ad un suo ordine.
Fonti e Bibl.:Arch. Segr. Vaticano, Nunziat. di Fiandra, nn. 4, ff. 11r-57v; 5, ff. 156 ss.; Bibl. Apost. Vaticana, Barb. lat. 5297: Compendio dei successi della guerra di Francia... formato d'un diario d'Horatio Silvestri, già segr. dei Sign. A. C., ff. 148-165v; Arch. di, Stato di Roma, Tribunale del Governatore. Processi criminali sec. XVI, n. 285, fasc. 25 (contiene il verbale di un processo contro alcuni banditi di Poli); Roma, Bibl. nazionale, Fondo Gesuitico, ms. 371, ff. 121r-125r (contiene regesti di lettere inviate da A. Farnese al C.); Roma, Bibl. Angelica, ms. 1773: Homeri Tortora epistola in fine mutila ad fratrem suum ubi plura de bello Hispano-Belgico et de morte Appii Conti, ff. 171r-172v; Ibid., ms. 1104: Registro di lettere del Sig. Card. di Piacenza, Legato in Francia, scritte alla Piana all'Ill.mo et Rev. Cardle Pietro Aldobrandini sotto il pontificato di Papa Clemente VIII dalli 29 dec. 1591 al 19 ott. 1594, ff. 331-334, 373-376; P. Paruta, Legazione di Roma. Dispacci 1592-1595, a cura di G. De Leva-I, Venezia 1887, p. 184; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, III, Firenze 1961, pp. 163-65; A. C. Davila, Historia delle guerre civili di Francia nella quale si contengono le operaz. di quattro re, Venezia 1634, p. 855; F. Strada, Della guerra di Fiandra, Roma 1648, dec. 2, pp. 202, 459, 555, 557, 698; M. Dionigi, Geneal. di casa Conti, Parma 1664, pp. 89-90; G. Dondini, Historia de rebus in Gallia gestis ab Alexandro Farnensio..., Romae 1673, pp. 264, 271, 288, 444, 673; P. Fea, Alessandro Farnese duca di Parma, Roma 1894, pp. 150, 358, 395, 403, 433; G. Cascioli, Mem. stor. di Poli, Roma 1896, pp. 172-177; R. Maere, Les origines de la nonciature de Flandre, in Revue d'histoire ecclésiastique, VII (1906), pp. 809-812; P. van Isacker, Notes sur l'intervention militaire de Clément VIII en France à lafin du XVIe siècle, ibid., XII (1911), pp. 702-713; L. Van der Essen, Alexandre Farnèse, Prince de Parme, gouverneur général des Pays-Bas (1545-1592), V, Bruxelles 1937, pp. 46 s., 141-270, 337 n.