apposizione
L’apposizione (lat. appositio «aggiunta») è un sintagma nominale che si affianca a un altro sintagma nominale per meglio descriverlo o definirlo. Più tecnicamente si può dire che l’apposizione è coreferenziale con il nome testa ed è grammaticalmente sussidiaria (Marotta 1994: 78). Un esempio è in (1) il sintagma amici fraterni:
(1) Due sergenti dell’esercito napoleonico in forza presso l’Armata italiana, amici fraterni, vengono assegnati al cordone sanitario in un villaggio infestato dal vaiolo (Dizionario del cinema italiano. I film, vol. 1°, Dal 1930 al 1944, a cura di R. Chiti e E. Lancia, Roma, Gremese, 1993, p. 121)
L’apposizione può essere introdotta da preposizioni o avverbi di vario tipo, oppure da locuzioni tipiche come in qualità di, in funzione di, in veste di. A differenza del complemento predicativo, che si presenta a volte in forme simili ma dipende dal sintagma verbale (2), l’apposizione dipende sempre dal sintagma nominale (3) (Andorno 2003: 114):
(2) Gianni ha agito in qualità di sindaco
(3) Gianni, in qualità di sindaco, ha il dovere di intervenire.
L’apposizione può essere semplice o complessa. La semplice tende a precedere il nome, soprattutto quando indica un grado di parentela (lo zio Giovanni; la cugina Maria), quando corrisponde a un titolo professionale, accademico o nobiliare (l’avvocato Ambrosoli, il professor Pistelli, il principe Carlo), a una formula di cortesia (il signor Bianchi), a un termine grammaticale (l’aggettivo ‘buono’; il verbo ‘essere’) oppure a un nome geografico (il mare Mediterraneo, il monte Everest).
Quando è complessa, l’apposizione tende ad essere posposta al nome, presentandosi in genere in posizione parentetica (Cignetti 2001) e con l’intonazione tipica delle incidentali (➔ incidentali, frasi). Un esempio è in (4) il sintagma avvocato presso il Centro di crisi per le donne di Mosca:
(4) E’iena Potapova, avvocato presso il Centro di crisi per le donne di Mosca, aveva denunciato all’Osservatorio sui Diritti Umani che il suo Centro riceveva circa 70-80 telefonate mensili per casi di violenza intrafamiliare, ma la stragrande maggioranza delle donne che chiamava non si rivolgeva alla polizia (C. Carpinelli, Donne e povertà nella Russia di El’cin. L’era della transizione liberale, Milano, Franco Angeli, 2004, p. 67)
Uno stesso nome può essere modificato da apposizioni sia preposte che posposte:
(5) È interessante osservare che su artisti e poeti di Corrente ha una singolare influenza il filosofo Antonio Banfi, professore all’Università Statale di Milano, anticrociano, che postula una più stretta adesione tra arte e vita (V. Fagone, L’arte all’ordine del giorno: figure e idee in Italia da Carrà a Birolli, Milano, Feltrinelli, 2001, p. 193)
L’apposizione può riferirsi a elementi nominali della frase con diverse funzioni sintattiche: in (6) risparmiatori non professionali è apposizione del soggetto; in (7) unico stampatore di testi ebraici è apposizione dell’oggetto; in (8) secondo tenore e un ottimo musicista sono apposizioni del complemento di termine:
(6) I comuni mortali, risparmiatori non professionali, in una situazione di incertezza rischiano però di cadere più di altri nelle trappole del rischio, come è accaduto con la diffusione dei titoli tossici («La Repubblica delle donne» 14 novembre 2009)
(7) Le indagini hanno inizio, e Giulio Claro, incaricato di portarle a termine, afferma nel suo rendiconto che in primo luogo ha interrogato Vincenzo Conti, unico stampatore di testi ebraici, il quale ha negato di avere mai stampato il Talmud (Gli ebrei a Cremona. Storia di una comunità fra Medioevo e Rinascimento, a cura di G.B. Magnoli, Firenze, La Giuntina, 2002, p. 70)
(8) Tagliai corto a queste follie dichiarando a Pillet che Duprez non avrebbe potuto cantare questa parte senza sfigurarla completamente, come egli stesso ammetteva. Allora il ruolo venne confidato a Marié, secondo tenore, un ottimo musicista, la cui voce non è priva di carattere al grave, ma che in scena è un cantante pesante e impacciato (Hector Berlioz. Memorie, a cura di O. Visentini, Pordenone, Studio Tesi, 1989, p. 676).
Una stessa apposizione può reggere più attributi o complementi, formando così un sintagma appositivo complesso, che può raggiungere un’estensione anche notevole. Di tipico uso narrativo è il ricorso a simili sintagmi per la descrizione fisica dei personaggi (Serianni 1988: 83). A svolgere tale funzione in (9) è il sintagma un giovanotto alto e massiccio che quasi non passava dall’uscio:
(9) Ma in quella entrava Ninì Rubiera, un giovanotto alto e massiccio che quasi non passava dall’uscio, bianco e rosso in viso, con i capelli ricciuti, e degli occhi un po’ addormentati che facevano girare il capo alle ragazze (Giovanni Verga, Mastro don Gesualdo, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 70)
A un’apposizione può aggiungersene una seconda con una funzione di specificazione (Serianni 1988: 83), il cui antecedente coincide con la prima apposizione oppure con un suo elemento nel caso di costrutti complessi:
(10) Una busta contenente un proiettile e una lettera intimidatoria è stata fatta recapitare al giornalista Carlo Tarallo, portavoce del sindaco di Portici Enzo Cuomo, promotore di interventi contro la criminalità («La Repubblica» 21 ottobre 2009)
Possono assumere valore appositivo anche espressioni come quel furbo di, quel bel tipo di, quel buono a nulla di, quel farabutto di, quel ceffo di (Marotta 1994: 78). Benché si tratti di formule più frequenti nel parlato colloquiale, non ne mancano esempi anche nella prosa colta:
(11) Gli antichi facevano ancora artificiosamente delle figure orribili, colle quali prendeansi spasso della semplicità dei fanciulli. Tale era quel ceffo di Batavo, di cui parla Marziale 65: Sum figuli lusus russi persona Batavi. / Quae tu derides, haec timet ora puer (Giacomo Leopardi, Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, Firenze, Le Monnier, 1859, p. 113)
Forma classe a sé l’apposizione grammaticalizzata (Herzeg 1967; Ferrari 1998; Ferrari 2003: 247-254), costrutto della lingua scritta che si presenta caratteristicamente separata dall’antecedente da un segno di punteggiatura forte. L’apposizione grammaticalizzata è spesso seguita da una relativa, come nel caso di una condizione in (12):
(12) La dimensione dell’autonomia comporta quindi inevitabilmente anche una crescita dell’incertezza. Una condizione che non riguarda solo la sfera lavorativa, ma si estende a tutti gli aspetti della biografia dei soggetti (La città infinita, a cura di A. Bonomi e A. Abruzzese, Milano, Mondadori, 2004, p. 311)
L’apposizione grammaticalizzata, costituita dalla testa di un sintagma nominale predicativo, consente di recuperare il tema dal co-testo immediato a sinistra. Tipicamente, tra l’apposizione grammaticalizzata e l’antecedente intercorre un rapporto di affinità semantica, che può essere di equivalenza (ad es. frase / frase), di sinonimia (motivo / giustificazione) o di iperonimia / iponimia (opera / saggio) (Ferrari 2003: 247).
All’apposizione grammaticalizzata si attribuisce un debole contributo di significato; dal punto di vista sintattico, è riconducibile alle congiunzioni (Herczeg 1967: 121). Il suo effetto è tuttavia di rilievo per la strategia di costruzione del testo, in quanto contribuisce a garantire coesione testuale (➔ coesione, procedure di) e permette di allineare informazioni senza instaurare gerarchie logico-argomentative (Ferrari 2003: 248-249). Nell’es. (13) l’apposizione grammaticalizzata una frase non instaura alcuna relazione argomentativa diretta, apportando semplicemente informazioni ulteriori circa l’antecedente:
(13) L’analisi del romanziere attribuisce una netta preminenza all’influsso dell’ambiente (di qui le copiose descrizioni), e riduce l’importanza della volontà individuale dei protagonisti. Zola si propone di applicare allo studio delle passioni umane la massima celebre di Taine secondo cui i vizi e le virtù «sono dei prodotti come il vetriolo e lo zucchero». Una frase che fa scandalo, e che il giovane scrittore pone in epigrafe a Thérèse Raquin: l’originale si fregia di un’autorità esibita per provocare il pubblico oltre che per esprimere una convinzione filosofica (un’ambiguità che non verrà mai meno); la citazione sarà sostituita nella seconda edizione dal primo manifesto militante del nascente naturalismo (P. Pellini, Naturalismo e verismo, Firenze, La Nuova Italia, 1998, p. 23 [cit. in Ferrari 2003: 249])
Per il fatto di privilegiare l’aspetto tematico e di operare per iterazione lessicale, l’apposizione grammaticalizzata è spesso impiegata nella prosa giornalistica, forma testuale in cui vengono preferiti nessi interfrasali cognitivamente poco onerosi (Dardano 19862: 150):
(14) Non si ragiona più per cattedre, ma per ore. O meglio, per spezzoni di ore. «Dire ‒ sostiene Claudio Cattini della Cgil scuola ‒ che si garantisce l’insegnamento della seconda lingua anche nelle prime classi della scuola elementare è solo un’operazione di facciata politica». Un’affermazione che ancora una volta trova eccezionalmente concordi i sindacati. Perché un’ora sola a settimana in prima e due in seconda elementare sono ritenute didatticamente più dannose che proficue per bambini così piccoli («La Repubblica» 4 settembre 2003).
Andorno, Cecilia (2003), La grammatica italiana, Milano, Bruno Mondadori.
Cignetti, Luca (2001), La [pro]posizione parentetica: criteri di riconoscimento e proprietà retorico-testuali, «Studi di grammatica italiana» 20, pp. 69-126.
Dardano, Maurizio (19862), Il linguaggio dei giornali italiani, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1973).
Dardano, Maurizio (1994), Profilo dell’italiano contemporaneo, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni & P. Trifone, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 2° (Scritto e parlato), pp. 343-430.
Dardano, Maurizio & Trifone, Pietro (1983), Grammatica italiana. Con nozioni di linguistica, Bologna, Zanichelli.
Ferrari, Angela (1998), Note sull’“apposizione grammaticalizzata”, «Cahiers de l’Institut d’Italien de l’Université de Neuchâtel» 6-7, pp. 2-29.
Ferrari, Angela (2003), Le ragioni del testo. Aspetti morfosintattici e interpuntivi dell’italiano contemporaneo, Firenze, Accademia della Crusca.
Herczeg, Giulio (1967), Lo stile nominale in italiano, Firenze, Le Monnier.
Marotta, Linda (1994), Apposizione, in Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, diretto da G.L. Beccaria, Torino, Einaudi, ad vocem.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.