apprendimento
Attività che permette alle persone e alle organizzazioni di definire i propri valori, acquisire informazioni, sviluppare conoscenze, utilizzare competenze, modificare comportamenti. L’a. – individuale e collettivo – avviene attraverso riflessione, istruzione formale, educazione informale, esperienza; all’interno di quest’ultima si distingue tra a. nel fare (learning by doing), a. nell’uso (learning by using), a. dall’interazione (learning by interacting). Quando le modalità dell’a. sono mediate dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione si parla di e-learning o a. in rete.
La natura dell’a. nelle persone è stata analizzata da studi di psicologia, pedagogia e scienze cognitive, con approcci comportamentali, cognitivi e costruttivisti. I meccanismi dell’a. – sulla base dei livelli proposti da G. Bateson – comprendono la risposta a esperienze dirette, generalizzazioni su di esse, loro contestualizzazione, riflessione su valori e motivazioni sottostanti.
Nella teoria economica, l’a. compare già nel primo capitolo de La ricchezza delle nazioni (1776) di A. Smith, come fenomeno legato alla divisione del lavoro; essa aumenta le abilità (dexterities) dei lavoratori e ne stimola le capacità di realizzare innovazioni nei processi produttivi. Con la ripetizione di particolari operazioni e l’aumentare dei volumi prodotti è stato osservato un miglioramento della produttività del lavoro e una riduzione dei costi, descritti dalle curve di a. con una forma a S. Processi di a. ed economie di scala (➔ scala, economie di) sono alla base dei rendimenti crescenti analizzati dagli approcci di N. Kaldor e P.J. Verdoorn.
L’a. nel fare è stato utilizzato in diversi contesti. Nelle teorie dell’equilibrio neoclassico, K.J. Arrow spiega con l’a. nel fare il miglioramento di generazioni successive di beni capitali come risultato collaterale dell’attività di produzione. R.M. Solow sviluppa tale approccio associando l’a. nel fare a miglioramenti continui della produttività del lavoro, contrapposti a innovazioni discontinue; diversi sentieri di crescita sono possibili in questo contesto. Nei modelli di crescita endogena, R. Lucas ha utilizzato l’a. nel fare per giustificare i rendimenti crescenti del capitale umano. Una critica ai modelli di equilibrio viene da J. Stiglitz, che considera gli effetti dell’a. nel fare e dell’a. ad apprendere e sostiene che a. e cambiamento tecnologico sono ‘localizzati’ nelle attività interessate dall’innovazione e possono avere esternalità positive (spillover) sul resto dell’economia. Il modello proposto lega l’a. alle tecnologie utilizzate e mostra che – sia a livello micro sia macroeconomico – sono preferibili scelte che non privilegiano i vantaggi di breve periodo. Emerge, inoltre, che i mercati caratterizzati da alto a. non sono concorrenziali e che sono possibili equilibri multipli, influenzati dalla storia passata: l’intervento pubblico per favorire investimenti in tecnologie avanzate è quindi importante. Il modello può spiegare il caso di Paesi che hanno scelto attività con scarse capacità di a. e si trovano in una ‘trappola’ di bassa produttività e crescita, anziché convergere ai livelli di produttività delle economie più avanzate.
A partire dalle analisi di Schumpeter, nel modello (cosiddetto modello Mark II) di ‘accumulazione creatrice’ delle grandi imprese americane, i processi di a. vengono istituzionalizzati nelle attività di ricerca e sviluppo. Esse non sono soltanto la fonte delle innovazioni introdotte dalle imprese, ma alimentano – secondo W.M. Cohen e D.A. Levinthal – un più generale a., perché consentono di acquisire e sfruttare le informazioni disponibili all’esterno. Nel loro modello, lo stock di conoscenza dell’impresa è determinato dalla spesa per ricerca e sviluppo e dalla capacità di assorbimento delle conoscenze prodotte dalle imprese concorrenti e dal resto dell’economia (attraverso gli spillover). Quest’ultima cresce insieme alla ricerca e allo sviluppo interni ed è influenzata dalle opportunità tecnologiche e dalle condizioni di appropriabilità che caratterizzano l’industria. Gli approcci evolutivi, le analisi dell’innovazione, la teoria dell’impresa basata sulle risorse e gli studi che sottolineano il ruolo della storia e dipendenza da scelte passate (path dependency) hanno utilizzato ampiamente il concetto di a., considerandolo un’attività essenziale per ottenere cambiamenti nei comportamenti delle imprese, miglioramenti nelle tecnologie e maggiori prestazioni economiche. L’importanza dei processi di a. nella formazione dei lavoratori ha portato a un filone di studi sull’a. nel corso della vita lavorativa (lifelong learning).
L’a. da parte delle organizzazioni – sia imprese sia istituzioni pubbliche – è stato oggetto di studi che ne hanno preso in esame natura e meccanismi. L’organizzazione che apprende è definita come un sistema che stimola le interazioni fra i soggetti che ne fanno parte, favorendo i processi di a. e migliorando le capacità dell’organizzazione di adattarsi a un ambiente in continua evoluzione. Le diverse modalità di a. nelle organizzazioni portano allo sviluppo sia di conoscenza tacita (personale, basata sull’esperienza, difficile da trasmettere) sia di conoscenza codificata (generale, esplicita, accessibile) – categorie definite da M. Polanyi e riprese da I. Nonaka e H. Takeuchi – che descrivono l’a. nelle organizzazioni come la successione di passaggi dall’uno all’altro tipo di conoscenza. Secondo J.G. March, l’a. nelle organizzazioni deve trovare un equilibrio tra sfruttamento di conoscenze e competenze date (efficace nel breve periodo) ed esplorazione di nuove possibilità (rischioso, ma essenziale nel lungo periodo).
I sistemi economici avanzati sono stati definiti ‘economie dell’ a.’ per il ruolo chiave svolto dalla conoscenza e dai processi di a., presenti in misura rilevante nel settore pubblico e in attività sociali, oltre che nelle imprese e nel mercato (B.-Å. Lundvall e B. Johnson, 1994). Molte attività economiche in espansione richiedono elevate conoscenze e alte spese di ricerca e sviluppo, sia nell’industria – in settori come le macchine per ufficio, l’elettronica, la farmaceutica – sia nei servizi alle imprese – in settori come ricerca, software, comunicazioni, servizi professionali. In tali attività l’occupazione è composta in percentuale crescente da laureati e da qualifiche elevate (manager, tecnici ecc.).