APPRENDIMENTO.
Il termine sta a indicare il processo di acquisizione e di modificazione di capacità e abilità comportamentali degli organismi viventi animali e umani, nel corso delle esperienze nell'ambiente. Psicologia, pedagogia e scienze umane generalmente concordano nell'attribuire il processo di a. alle risposte date dagli organismi agli stimoli esterni ambientali, per adattarsi alle condizioni di vita; e nel rintracciarvi un insieme di leggi psico-fisiche costruttive del comportamento individuale, nei suoi aspetti essenziali sensomotori, affettivi e cognitivi.
Il processo di apprendimento. − Il termine a. è d'uso scientifico recente; la sua diffusione si deve agli studi di psicologia sperimentale degli inizi del secolo e particolarmente agli studi sul condizionamento nell'ambito del behaviorismo statunitense, nei quali sostituì termini quali ''conoscenza'' o ''comprensione'', più legati a prospettive gnoseologiche di tradizione filosofica. Gli studi sull'a. si basano sull'osservazione esterna, secondo il metodo scientifico sperimentale. Si può affermare che un soggetto ha appreso solo quando si osservano in una situazione data manifestazioni del suo comportamento tali da attestare una modificazione di performance (nel senso di capacità di operare nell'ambiente) dall'inizio al termine dell'osservazione stessa. All'osservazione segue la sperimentazione, che a sua volta verifica o falsifica ipotesi di modificazione comportamentale dei soggetti di esperimento, misurandone ampiezza, intensità e resistenza all'oblio.
Secondo W.F. Hill (1963), le interpretazioni scientifiche del processo di a. fanno capo sostanzialmente a due indirizzi teorici, l'associazionismo e il cognitivismo, cui si riconducono tutti gli attuali modelli, da quelli ormai ''classici'' del condizionamento o della Gestalt a quelli più recenti della cibernetica e dell'informatica. Nell'associazionismo, l'a. è descritto come un insieme di associazioni S-R (Stimolo-Risposta), che partendo da riflessi automatici si stabilizzano in concatenazioni e in moduli o sequenze complesse e organizzate; è rigorosamente identificato con il comportamento dei soggetti, manifesto o ''latente'' (cioè appreso ma non ancora posto in atto); è determinato dall'adattamento all'ambiente e non sottintende cause o processi interiori soggettivi. Nel cognitivismo, tale descrizione vale solo per le prime fasi o per le forme più semplici di a.; l'adattamento o equilibrio del soggetto all'ambiente, oltre le manifestazioni comportamentali, porta a uno sviluppo di strutture, consentendo gli a. più complessi, cognitivi e significativi. Tuttavia, per entrambi gli indirizzi, apprendere non è puramente conoscere gli oggetti dell'ambiente o le loro rappresentazioni interne al soggetto: è operare, a livello di comportamento o di strutture.
Modelli associazionisti. − Il primo modello di a. di associazioni S-R fu quello fisiologico; ne è alla base l'attività nervosa cerebrale dell'arco riflesso che dagli organi di senso, per via afferente, conduce al cervello gli impulsi bio-elettro-chimici scatenati dagli stimoli esterni e li riconduce, per via efferente, a organi di senso, sistema ghiandolare e complesso osseo-muscolare sotto forma di risposte dell'organismo all'ambiente.
Tipo e grado di a. sono determinati dalla frequenza degli stimoli e dalla loro intensità rispetto a soglie di sensibilità organica minime, massime e differenziali (E.H. Weber-G.T. Fechner 1873). L'arco riflesso fu definito da I. Sechenov "unità minima di funzionalità nervosa nel rapporto organismoambiente" (1935). Su questo modello I.P. Pavlov (1849-1936) condusse i suoi celebri studi sulla irradiazione nervosa; e K.S. Lashley (1929) quelli sulle aree cerebrali. Studi più recenti (P.K. Anokhin 1961; E. A. Asratian 1969) hanno indagato i processi di attivazione e d'inibizione cerebrale, sottolineando l'importanza dell'arousal o stato di vigilanza nell'attività nervosa che presiede a funzioni di apprendimento. Nel 1960, gli psicologi G.A. Miller, E. Galanter e K.H. Pribram tracciarono una mappa dell'a. come attività associativa S-R, organizzata in diverse zone cerebrali negli aspettti della pianificazione, elaborazione e memorizzazione di un vero e proprio ''programma'' di rapporto all'ambiente.
I modelli behavioristi o comportamentisti, distinti nei due tipi di modelli dell'esercizio e modelli del rinforzo, provengono dagli studi sul condizionamento come legge generale del rapporto organismoambiente. Lo scienziato russo Pavlov dimostrò sperimentalmente la possibilità di associare i riflessi dell'organismo a stimoli non specifici, o neutri, che di per sé non sarebbero in grado di provocare una data risposta, se tali stimoli vengono ripetutamente presentati ai soggetti in sincronia con gli stimoli specifici. Sono ben noti i suoi esperimenti sulla salivazione dei cani, nel corso dei quali gli animali apprendevano a rispondere, emettendo saliva, anche in assenza del cibo (S specifico), alla comparsa di un ''segnale'' acustico, luminoso, tattile (S neutro), che aveva più volte preceduto di pochi secondi la nutrizione. Pavlov definì condizionamento tale a. di risposte, possibile solo in determinate condizioni associative frequentemente ripetute: nell'organismo umano, la maggiore complessità del sistema nervoso permette di rispondere a due distinti segnali, uno costituito dagli stimoli fisici, l'altro dalle associazioni verbali, o linguaggio, e dalle associazioni linguaggio-pensiero (1927).
Gli studi sul comportamento furono proseguiti negli Stati Uniti, ad opera di J.B. Watson (1878-1958) che ne stabilì le leggi, dette in seguito dell'esercizio: i soggetti apprendono infatti i comportamenti più esercitati nell'ambiente, ovvero le concatenazioni di risposte più frequenti e più ripetute in stretta contiguità temporale nelle situazioni di vita. Watson, fondatore del behaviorismo, introdusse nella psicologia il metodo osservativo-sperimentale applicato al comportamento esterno di soggetti animali e umani (1914, 1924), rifiutando l'uso dell'introspezione o di analisi logico-deduttive: né coscienza né attività nervosa sono presupposti necessari dei processi di apprendimento. La rigorosa posizione di Watson, spesso definita meccanicistica o deterministica, ebbe vasta risonanza nel mondo scientifico; fu ripresa da E.R. Guthrie (1886-1959) nei suoi studi sull'a. secondo leggi di contiguità delle risposte e lasciò un'impronta decisiva nella psicologia del nostro secolo.
Sempre negli Stati Uniti, con E. L. Thorndike (1874-1949) compare un altro modello di a. associativo, attribuito non all'esercizio, ma all'effetto soddisfacente delle risposte: i soggetti tendono ad apprendere dalle conseguenze del proprio comportamento nell'ambiente più che dalle stimolazioni dell'ambiente. L'a. è descritto come un processo selettivo nel corso del quale i soggetti, compiendo ''tentativi ed errori'', estinguono via via le risposte insoddisfacenti e stabilizzano quelle soddisfacenti (gratificanti o risolutive di un problema). Si affacciava l'ipotesi di un secondo tipo di condizionamento, operativo anziché rispondente, che consiste in un adattamento reciproco soggetto-ambiente: questo ''determina'' con i suoi stimoli le risposte soggettive, che a loro volta ''incidono'' sull'ambiente operandovi modificazioni.
Il più noto studioso del condizionamento operante è B. F. Skinner (n. 1904), sostenitore della legge del rinforzo ambientale, per cui i soggetti tendono ad apprendere solo risposte operative, ovvero risolutive di una situazione, in quanto solo le operative sono attese e sostenute nell'ambiente di vita, fisico e sociale. Il rinforzo è de terminato dalla comparsa nell'ambiente di stimoli discriminativi, successivi alla risposta, ai quali la risposta si associa: e consiste nell'aumento di probabilità che la risposta sia ripetuta e appresa. Ciascun soggetto apprende a comportarsi non tanto a seguito di una stimolazione discriminativa per lui positiva (una ricompensa, la soddisfazione di un bisogno, l'accettazione sociale, ecc. ) ma per usufruire del rinforzo. In questo senso, l'a. di risposte è per Skinner strumentale; e l'importanza dell'operatività nell'ambiente è particolarmente accentuata.
Sempre nell'ambito dell'associazionismo, ma con maggiore disponibilità a tener conto di altre prospettive di psicologia scientifica, sono gli studi di E. C. Tolman (1886-1959) sulla intenzionalità dell'a. (1932), descritto come tendenza e anticipazione alla meta e considerato ''molarmente'', ovvero nel complesso delle sue variabili indipendenti, dipendenti e intermedie, anziché nelle singole associazioni S-R. Modelli ''predittivi'' dell'a. sono invece quello logico-matematici di C. L. Hull, che si propone di anticipare col calcolo logaritmico risultati di a. futuro, quando sia possibile misurarne le variabili fondamentali dell'abitudine e impulso soggettivo e della ricompensa ambientale (Hull 1943); e quelli statistici di K. W. Spence (1956) e W. K. Estes (1959) che consentono una predittività di media dei risultati. La scienza cibernetica ha fornito un modello di a. come feedback o circuito retroattivo soggetto-ambiente (N. Wiener 1948) che diviene circuito di retro-informazione quando si svolge fra due soggetti, nella comunicazione sociale o nella scuola.
Modelli cognitivisti. − Benché il primo laboratorio sperimentale per la ricerca psicologica sia sorto a Lipsia nel 1879, ad opera di W. Wundt, il metodo introspettivo restò alla base degli studi sull'analisi del flusso di coscienza, con cui si identificava l'a. umano. La ''cognitività'' del modello permane nella Scuola di Würzburg (fondata all'inizio del 20° secolo da O. Külpe e K. Bühler), la quale sosteneva il valore dell'esperienza di sorpresa, ovvero dell'intuizione immediata, attraverso cui i soggetti organizzano creativamente i propri apprendimenti. Su tale via proseguirono gli studi della Scuola di Berlino, fondata nel 1910: M. Wertheimer (1880-1943) e W. Köhler (1887-1967) tuttavia abbandonarono gli approcci introspettivi per l'osservazione esterna e per la sperimentazione umana e animale. Sostennero la teoria della forma (Gestalttheorie) per la quale l'a. appare a livello percettivo di insight (intuizione o illuminazione): i livelli precedenti, sensomotori, cui si riferisce l'osservazione comportamentale, non rientrano nel campo psichico, ma appartengono a quello fisiologico. Per apprendere è necessario percepire una Gestalt, un campo totale di esperienza, e ristrutturare il campo stesso, riorganizzandolo secondo proprie intuizioni e non su regole di esperienza passata. Gli esperimenti di Köhler sugli scimpanzé dimostrarono che anche gli animali ''ristrutturano il campo'' − per es., la disposizione e l'uso di oggetti nella gabbia, al fine di sfamarsi − non per tentativi ed errori, ma per illuminazione improvvisa.
K. Lewin (1890-1947) rappresentò le situazioni di a. come ristrutturazioni del campo cognitivo, servendosi di modelli topologici (matematici non predittivi perché esenti da calcolo e misura). Lo strutturalismo, di cui Lewin viene considerato il fondatore, contrappone in a. le cognizioni, o fenomeni d'interiorità psichica, alle manifestazioni esterne comportamentali; e il gioco delle strutture soggettive alle associazioni ''meccaniche'' S-R.
All'indirizzo cognitivista si possono accostare, per la centralità conferita al soggetto di a., alcuni grandi modelli funzionalisti, come quello dello statunitense J. Dewey (1859-1952) o quello dello svizzero E. Claparède (1873-1940). Per Dewey, l'a. scaturisce da situazioni problematiche e consiste in una serie di operazioni intellettuali, rivolte a sistematizzare gli eventi naturali in dati, significati e idee. Per Claparède, l'a. consiste nello strutturarsi della funzionalità psichica in un complesso ordinato di capacità crescenti del soggetto, motivato, nel suo adattamento all'ambiente, da bisogni e interessi.
Il modello strutturalista più complesso si deve agli studi di psicologia evolutiva di J. Piaget (1896-1980), successore di Claparède alla direzione dell'Istituto J.J. Rousseau di Ginevra. Nella sua concezione dell'a. si fondono spunti biogenetici, maturazionisti e cognitivisti: l'intera età evolutiva è un processo di a., che culmina nella formazione dell'intelligenza (senso-motoria, operativo-concreta, operativo-formale) come strumento di equilibrazione all'ambiente.
Il processo ha inizio dai primi giorni di vita, in cicli alterni di assimilazione e accomodamento; ed è determinato dallo sviluppo delle strutture soggettive, in una gerarchia di stadi corrispondenti all'età. Di fase in fase, gli individui passano dall'egocentrismo infantile a rapporti sempre più decentrati e obiettivi con l'ambiente di vita, aprendosi alla comunicazione e alla socializzazione. In ciascuna fase, la formazione di adeguate strutture precede la capacità di operare in modo nuovo; in altri termini, le operazioni logiche determinano la possibilità di azioni empiriche, senza nulla togliere alla necessità che i soggetti agiscano perché l'intelligenza si formi e si sviluppi, a diretto contatto con l'ambiente. Le ricerche piagetiane sull'a. infantile e giovanile hanno molto contribuito a chiarire l'ordine e la connessione delle strutture equilibrative essenziali al rapporto ambientale: dalla costruzione dell'oggetto, del numero, dello spazio-tempo, ai principi di conservazione della materia, della quantità, del volume, agli aggruppamenti e alle operazioni logiche reversibili.
L'apprendimento nella pedagogia scientifica. − L'a. è un processo psicologico, strettamente connesso a problemi di educazione e socializzazione; resta quindi oggetto comune di studio delle scienze umane in genere e della pedagogia in particolare, per ciò che riguarda la possibilità di un suo insegnamento. La pedagogia del passato ha conosciuto in ogni epoca polemiche circa l'autonomia dell'a. soggettivo o, al contrario, la sua dipendenza dall'insegnamento ricevuto. Nel primo caso, l'insegnamento si riduce a mera occasione esterna o semplice aiuto verbale all'autoapprendimento soggettivo; nel secondo caso l'a. è determinato e modellato da interventi, regole e norme dell'insegnamento ricevuto. La scelta del primo modello porta a forme d'insegnamento scolastico centrato sull'alunno, contro forme di autoritarismo e di semplice trasmissione verbale del sapere, possibili con il secondo modello. Alla luce di nuove prospettive scientifiche, la pedagogia attuale tende a chiudere la polemica. Educatori legati a prospettive associazioniste come N.L. Gage (1964) e R. Glaser (1965, 1987) concordano con educatori cognitivisti come D.P. Ausubel (1968) nel ritenere che bisogna distinguere, sul piano della ricerca, tra a. ''in sé'' o generale e a. ''da insegnamento''. Quest'ultimo è oggetto dell'indagine pedagogica, limitata alle situazioni didattiche, ovvero a situazioni in cui sia possibile accertare con buona plausibilità che le modificazioni di a. dipendono dall'intervento d'insegnamento e non da altri fattori compresenti; mentre l'a. generale, oggetto di ricerca psicologica, è attribuito al rapporto soggetto-ambiente, con una più forte accentuazione dell'operatività soggettiva o dei vincoli ambientali, a seconda dei diversi modelli.
Mentre la ricerca psicologica tende a precisare le leggi di un diretto rapporto degli individui con il loro ambiente di vita, la ricerca pedagogica tende a precisare le leggi di un rapporto intersoggettivo nell'ambiente. Pur trattandosi sempre di leggi di a., è un errore voler sostenere la loro totale identità. Apprendere ''da sé'' nell'ambiente non è esattamente ''apprendere da altri in uno stesso ambiente''; l'operatività del soggetto di a., pur restando indiscutibile, assume procedure o strategie diverse nei due casi. Per es., l'a. ''per prove ed errori'' è fondamentale nel rapporto soggetto-ambiente, ma è discutibile in caso d'insegnamento-a.; il comportamento diretto a evitare ostacoli ambientali necessita, in ambiente scolastico, di interventi correttivi; ecc.
In campo didattico, la conseguenza più significativa delle nuove prospettive scientifiche è l'estendersi dell'osservazione diretta dei comportamenti di a. e d'insegnamento in ambiente scolastico. Oltre all'adozione di tecniche e strumenti di osservazione e misura già propri dell'indagine psicologica (test d'intelligenza, profitto, attitudine, ecc. ), particolarmente utili per le fasi scolastiche di accertamento iniziale o dei prerequisiti degli alunni, sono state elaborate e applicate tecniche per l'osservazione dell'interazione di classe, verbale e non verbale, con l'obiettivo di precisare leggi e meccanismi di modificazione reciproca insegnanti-alunni (A. A. Bellack 1966, N. A. Flanders 1966, G. De Landsheere 1969). Per l'osservazione degli insegnanti sono entrate in uso tecniche di simulazione di situazioni didattiche, come il microteaching (D.W. Allen-K.A. Ryan 1969) che si avvale del circuito chiuso televisivo per la registrazione dei comportamenti. Sempre più numerosi sono i programmi di simulazione di insegnamento-a. al computer, che si affiancano all'osservazione diretta nelle classi scolastiche.
La scoperta di leggi di a. in generale ha determinato l'insorgere in campo pedagogico di tecnologie dell'istruzione che ne organizzano l'applicazione didattica: stimolazione, rinforzo e feed-back scandiscono le fasi della programmazione pedagogica. L'istruzione programmata con tecnica lineare di Skinner (1953), cui seguì la tecnica ramificata di programmazione di N. A. Crowder (1963), segue la traccia della procedura sperimentale, suddividendo il compito di a. in brevi unità (item) e presentando immediatamente ai soggetti la verifica della risposta a fine di rinforzo, se la risposta è esatta, o di feed-back se è da correggere. I programmi, presentati in lettura ai soggetti con teaching machines, stimolano il comportamento operativo e si adeguano al ritmo di a., o velocità di esecuzione del compito di ciascun alunno. Le tecniche d'istruzione programmata restano tuttora alla base dei programmi didattici al computer. Si riconducono a schemi associativi tutte le tecniche di behavior modification in classi scolastiche: tecniche di conduzione e contrattazione delle contingenze, token economy, a. da modello o da tutor, ecc., che si rivelano particolarmente utili nell'insegnamento a soggetti in difficoltà o portatori di handicap (A. Bandura 1969, J. Wolpe 1972).
In una prospettiva più generale di procedure e di strategie d'istruzione ed educazione è esemplare l'interpretazione gerarchica dei gradi, o insieme di condizioni interne-esterne, del processo di a. di R. M. Gagné (1970), nella quale ogni fase della formazione soggettiva viene ricondotta alle leggi sperimentalmente accertate nella ricerca psicologica, dal condizionamento di riflessi alla capacità di problem-solving, anziché a schemi di maturazione psicofisica, all'età o allo sviluppo di strutture specifiche soggettive. Vasta risonanza hanno avuto in ambito scolastico gli studi di J. S. Bruner (1960, 1966) sulle strategie individuali di a. che gli alunni mettono in atto anche in situazioni d'insegnamento, secondo prerequisiti cognitivi e disposizioni soggettive all'euristica o all'algoritmica, ovvero alla divergenza o alla convergenza intellettuale. Assai nota e applicata è la procedura tecnologica del mastery learning o a. della padronanza, che si deve a un gruppo di ricercatori statunitensi guidati da B.S. Bloom (1956, 1976): essa lascia agli insegnanti un largo margine di scelta di metodologie e di strumenti per l'individualizzazione dell'istruzione, però rigorosamente organizzandoli in un programma di accertamento iniziale, definizione di obiettivi, trattamento del compito e valutazione continua (diagnostica, formativa e finale). Il mastery presenta un modello di a. (B. S. Bloom-J.B. Carroll 1963) in funzione di tre variabili essenziali, il tempo (istituzionale, necessario e di perseveranza), la qualità dell'insegnamento e la capacità soggettiva di usufruirne da parte degli alunni. Tali variabili sono fattori di adattamento del programma scolastico ai bisogni del singolo: ogni soggetto ha il diritto di apprendere nel tempo e nelle condizioni che più gli si addicono e ha il diritto di conseguire non una certa misura o quantità di istruzione, ma la padronanza dell'istruzione offerta, ovvero di raggiungere gli obiettivi didattici, con ritmo diverso e itinerari diversi.
L'approccio cognitivista ai problemi dell'a. da insegnamento si può riassumere nella posizione di D.P. Ausubel (1968). Come già il gestaltista Wert heimer, Ausubel rimprovera alla scuola la scarsa considerazione del pensiero produttivo, a vantaggio di procedure ripetitive e nozionistiche. Egli vede nell'elaborazione mentale da parte dell'alunno il solo fine dell'istruzione. Competenze acquisite per esercizio o per rinforzo, anziché per comprensione del significato, non sono ritenute sufficienti in questa prospettiva; chi insegna non deve fornire schemi o modelli da assumere, ma principi di organizzazione del materiale cognitivo, da compiersi personalmente.
L'apprendimento nelle scienze naturali e umane. − Un problema tuttora aperto riguarda la natura stessa dell'a. come processo innato e/o acquisito: esistono comportamenti non appresi? La riflessologia pavloviana limita a pochi riflessi (o reazioni automatiche) agli stimoli il patrimonio innato o costitutivo degli organismi viventi; Watson ammetteva l'eredità di movimenti e secrezioni ghiandolari, più alcune reazioni emotive di base (paura, collera, attrazione-repulsione). Ma si può dire che nella psicologia scientifica in genere l'a. interessi e venga studiato in quanto processo acquisito nell'ambiente, o nel corso dello sviluppo psico-fisico, lasciando ad altre scienze l'indagine su eventuali caratteristiche di base ereditariamente trasmesse.
Studi recenti di bio-genetica hanno sostenuto l'ereditarietà di disposizioni all'adattamento all'ambiente di vita, a seguito di ricombinazioni del patrimonio genetico degli organismi; gli individui più adattivi sono anche i più adatti a sopravvivere e assicurarsi maggiore probabilità di riprodursi, tramandando le proprie caratteristiche a generazioni future. C'è dunque un'eredità di disposizioni ad apprendere comportamenti adeguati, da non identificare con un'eredità dell'intelligenza o di caratteristiche innate immutabili: le capacità adattive restano modificabili a livello genotipico con le ricombinazioni e a livello fenotipico con i rapporti ambientali; negli individui vanno dunque sostenute socialmente (T. Dobzansky 1950, R. Dawkins 1976). L'esistenza di comportamenti non appresi è sostenuta anche in etologia, sulla base delle ricerche di K. Lorenz (1963, 1965) e N. Tinbergen (1951, 1953) sull'istinto animale. Comportamenti tipici di una specie sono evocati da un imprinting, o impressione ereditaria, in tempi prestabiliti da natura, spesso immediatamente dopo la nascita, senza necessità d'intervento ambientale.
Grande importanza per la definizione dell'a. conserva il problema della memorizzazione dell'appreso, già presente negli studi di H. Ebbinghaus (1885) e oggi coinvolgente la ricerca bio-chimica, fisiologica e medica. A ipotesi di tracce mnestiche (engrammi) a livello organico cerebrale e nervoso si sono aggiunte ipotesi di memorizzazione bio-chimica nelle molecole del DNA presente nel nucleo cellulare. Altri studi biologici e psicologici affrontano gli aspetti della memoria come stabilizzazione di abilità a livello comportamentale, susseguente all'azione di leggi di a. quali l'esercizio o il rinforzo: ne derivano due sistemi di memoria, a breve e a lungo termine (J.A. Adams 1967, D.E. Broadbent 1958). Il trasferimento di abilità dall'uno all'altro tipo di memoria obbedisce a criteri selettivi individuali, emotivi o utilitaristici (J. Nuttin-A.G. Greenwald 1968) ai quali l'intervento esterno didattico può fornire processi di mediazione (per es., per mezzo del linguaggio). Strettamente connesso al problema della memoria è quello della motivazione ad apprendere, che R.M.W. Travers (1973) definisce una ''energicizzazione'' del comportamento, fondata sulla curiosità e sull'impulso esplorativo. La motivazione scolastica ad apprendere può essere incentivata dall'erogazione di rinforzi e dall'organizzazione di frequenti occasioni di successo, da parte degli insegnanti (Bloom 1956).
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