APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI ALIMENTARI.
Sommario. - Tenore alimentare ed equilibrio negli approvvigionamenti (p. 216); L'intervento dello Stato (p. 216); Disponibilità dei generi alimentari (p. 216); Consumi e razioni alimentari (p. 217); Processo distributivo dei generi alimentari (p. 217); Cause e conseguenze dello squilibrio tra disponibilità e consumi (p. 217); Caratteristiche degli interventi statali (p. 218); Discipline alimentari (p. 218); Organizzazione delle discipline alimentari in tempo di guerra (p. 218). - Razionamenti nei varî paesi durante la seconda Guerra mondiale: In generale (p. 219); in Italia (p. 219); Germania e paesi occupati (p. 220); Inghilterra (p. 221); URSS (p. 221); Stati Uniti (p. 221); Paesi neutri (p. 222); Razioni alimentari in alcuni campi di concentramento (p. 222). - Il problema della alimentazione in conseguenza della seconda Guerra mondiale (p. 222).
Tenore alimentare ed equilibrio negli approvvigionamenti. - Sia nelle forme più primitive sia in quelle più progredite di organizzazione, la provvista degli alimenti ha in ogni tempo decisamente influito sullo sviluppo delle attività singole e collettive, accompagnando manifestazioni talora imponenti di conquiste belliche e di profonde trasfommazioni economiche e sociali. Pochi popoli, forse nessuno, sono andati esenti da carestie, che quasi dappertutto si sono alternate a periodi di abbondante approvvigionamento, per cui il problema dei rifornimenti e consumi alimentari si è sempre presentato ai reggitori delle comunità.
Con lo sviluppo del progresso tecnico e delle comunicazioni, e nel contempo col poderoso aumento della popolazione mondiale, il problema ha assunto proporzioni assai vaste, anche in relazione alle accresciute esigenze del moderno vivere civile. Le frequenti e paurose crisi di carenza alimentare sono andate però sempre più attenuandosi. Purtuttavia anche nei tempi più recenti si sono verificati fenomeni di carestia di impressionanti dimensioni, mentre permangono presso alcuni popoli condizioni di miseria alimentare molto tristi, ove si confrontino specialmente con le felici posizioni raggiunte da quelli più progrediti.
Esiste, per ciascuna convivenza umana, una posizione caratteristica di approvvigionamento e di consumi alimentari, in relazione alle condizioni fisico-economiche dell'ambiente, alle abitudini di vita e anche alle vicende del progresso sociale. Tale posizione caratteristica, o tenore alimentare (parte essenziale del tenor di vita), assume una relativa stabilità, che è solo lentamente mutabile nel tempo in seguito al modificarsi delle condizioni ambientali, ed è particolarmente definita da un equilibrio tra le disponibilità dei generi alimentari prodotti od affluenti nel territorio e i consumi della popolazione. Questo equilibrio si mantiene, pur oscillando tra minimi e massimi di ristrettezza e di abbondanza, per mezzo di una relativa stabilità della produzione locale e del movimento degli scambî commerciali.
Naturalmente ogni qualvolta si verifica, per cause diverse, la rottura di tale equilibrio, nel senso o di improvvisa deficienza delle disponibilità dei generi alimentari o anche di improvviso aumento del bisogno, per es. per afflusso esterno di nuove popolazioni, si ha un'immediata ripercussione di disagio, con conseguenze assai complesse di ordine economico, fisiologico, sociale e politico. Le guerre dànno in proposito palesi dimostrazioni, in tutto il mondo, di questo fenomeno.
L'intervento dello Stato. - In tempi di assoluta normalità della produzione e degli scambî commerciali, la situazione delle singole nazioni, appare del tutto regolata dal complesso delle attività produttive e commerciali sufficienti a coprire i bisogni, sempre s'intende in rapporto al normale tenor di vita.
Fatta eccezione della Russia sovietica, ove tutto il sistema economico è controllato dallo stato, l'intervento dei poteri pubblici è in genere assai limitato e ristretto a particolari posizioni di emergenza, provvedendo le iniziative private ad ogni necessità. L'intervento diretto dello stato sarebbe anzi superfluo e forse dannoso.
Ma quando una causa interviene per turbare più o meno drasticamente gli equilibrî esistenti, arrestando o deviando le attività dei partecipanti alla vita economica, la situazione viene a mutare radicalmente. Ogni rarefazione che si produce nelle disponibilità dei generi alimentari, ha la sua profonda e immediata ripercussione su ogni individuo della collettività, nessuno escluso.
Si consideri ridotta a 100 la somma di tutti i generi alimentari sufficienti ai bisogni di un paese, il quale avrà pertanto in tempi di normalità un consumo anche pari a 100. Ove cause diverse riducano ad 80 le disponibilità, se ogni individuo si assoggettasse spontaneamente ad una riduzione del 20% dei suoi consumi normali, l'equilibrio sarebbe prontamente raggiunto. In realtà, chi detiene i generi (produttore o commerciante che sia) non si priva certo del suo normale fabbisogno. Continuerà a consumare 100, mentre in previsione del peggio tratterrà una parte di quel che normalmente inviava al mercato, al quale pertanto non affluiscono più generi per l'80%, ma percentuali notevolmente più basse, per cui le disponibilità a favore della popolazione diminuiscono ancora. A questo punto, sulle disponibilità si concentrano in dura concorrenza i consumatori, o meglio le loro capacità di acquisto. I più forti rimarranno vincitori, mentre le più paurose condizioni di disagio si verranno a determinare per i più deboli. L'equilibrio si ristabilirebbe in condizioni di così esasperata sperequazione a danno dei più deboli, al disotto cioè delle minime esigenze fisiologiche, da rendere intollerabile la vita e soprattutto il rapporto di convivenza sociale.
In queste condizioni l'approvvigionamento diventa problema essenziale dello stato, al quale spetta anche il duro compito di provvedere alla delicatissima funzione distributiva, con una regolazione dei consumi, atta a ristabilire un relativo equilibrio tra le disponibilità dei generi alimentari e i bisogni dei consumatori. Esso deve assicurare a tutti un minimo di approvvigionamento idoneo per un tollerabile tenor di vita, in attesa che condizioni più favorevoli consentano di eliminare la causa fondamentale del disagio, ristabilendo cioè, con l'afflusso delle merci, l'equilibrio completo tra le disponibilità dei generi alimentari e le esigenze del normale consumo.
Disponibilità dei generi alimentari. - La produzione agricola e delle industrie alimentari, salvo il caso di pochi paesi autosufficienti o esportatori (Stati Uniti d'America, Canada, Argentina, Australia, URSS) è in generale insufficiente ai bisogni alimentari della stragrande maggioranza dei paesi, che perciò sono costretti a importare generi alimentari per cifre cospicue. All'inizio di questo secolo, ciò non era affatto motivo di preoccupazione, in quanto, dopo un quarantennio di pace mondiale, la naturale selezione dell'economia produttiva consentiva di mantenere gli equilibrî attraverso gli scambî commerciali e il gioco della attivissima libera concorrenza.
Dopo la prima Guerra mondiale, il permanere di difficilissime condizioni di disagio politico e la continua minaccia di complicazioni belliche, hanno indotto molti stati, specialmente europei, ad incrementare la produzione agricola, spingendo alcuni settori anche oltre le naturali possibilità e ciò, al fine di assicurarsi sufficienti disponibilità dei generi alimentari di maggiore necessità per il tempo di guerra. In Italia, come in Germania, nell'URSS e anche in Francia, particolari cure furono dedicate alla produzione cerealicola.
Comunque in precedenza alla seconda Guerra mondiale, per effetto del progresso tecnico e delle particolari provvidenze adottate dai governi dei varî paesi, la produzione mondiale aveva consentito larghe disponibilità alimentari, tanto efficienti, da provocare negli anni 1930-35 una gravissima crisi di super-produzione, che doveva trovare poi il superamento, sia mediante il contrarsi della produzione, sia in seguito alle manovre di accaparramento che si sono andate verificando dopo il 1936, in previsione dell'avvicinarsi della seconda Guerra mondiale, rimanendo però sempre la produzione sufficiente alla saturazione dei consumi.
Da segnalare, per la sua assurdità economica e soprattutto sociale, la distrazione d'abbondanti scorte di generi alimentari dall'uso normale, con la loro relativa utilizzazione per bassi servigi termici, allo scopo di alleggerirne la pressione sui mercati e risollevare le sorti delle imprese economiche.
Consumi e razioni alimentari. - Per ogni individuo esiste un fabbisogno minimo di consumo d'alimenti (razione alimentare). Pur richiamandoci a quanto già esposto nelle voci alimentazione (II, p. 499) e razione alimentare (XXVIII, p. 899) si riferiscono qui alcuni concetti generali.
Per stabilire una razione alimentare che soddisfi sia dal punto di vista plastico che energetico il fabbisogno di un dato soggetto, occorre conoscere il calore di combustione di ogni alimento, cioè l'energia potenziale in esso contenuta, e la sua composizione centesimale in acqua, protidi, lipidi, glucidi, sali minerali e vitamine.
Questa nozione dell'equilibrio alimentare è di fondamentale importanza: essa riguarda non solo i gruppi di alimenti suddetti, ma anche i componenti elementari di ognuno di essi, quali per es. gli amminoacidi indispensabili che devono essere attinti dai varî alimenti proteici. Nella tabella seguente è riportato un esempio di calcolo della traduzione di una razione alimentare in principî nutritivi e in calorie.
La quantità giornaliera di alimenti deve apportare in totale da 2500 a 3500 calorie secondo l'attività fisica dell'individuo. Questa cifra può essere diminuita in caso di completa inattività, ma non deve scendere mai al di sotto di 1800-2000 calorie. (Si ricorda che il metabolismo basale corrisponde per un uomo adulto di peso medio a circa 1500 calorie per 24 ore). In questo apporto energetico ogni gruppo di alimenti deve essere rappresentato in proporzione definita. Una buona razione deve fornire il 10-14% delle calorie totali sotto forma di protidi (durante lo sviluppo fino al 20-25%); il 20-35% sotto forma di lipidi e il rimanente - quindi più della metà delle calorie totali - sotto forma di glucidi. Bisogna inoltre tener conto dei sali minerali e delle vitamine.
Pur mantenendo fermo, in linea teorica, quanto detto, si deve notare che, in pratica, svariatissima è la gamma dei regimi alimentari riscontrabile nei varî paesi, e anche nell'interno di questi, in relazione alle disponibilità alimentari prodotte nei singoli ambienti e al grado di progresso economico raggiunto dalle popolazioni. Quantità e qualità diversissime caratterizzano le singole zone e sono un riflesso del grado di tenor di vita in esse raggiunto. In grandi linee, si possono definire le differenze per mezzo dei consumi di qualità, che si spostano dalle posizioni a base prevalentemente cerealicola dei paesi a più basso tenore, ove cioè prevalgono gli alimenti a base calorifica, di minor costo e di più diffusa produzione, alle più equilibrate e ricche posizioni dei consumi a base di alimenti animali, come dimostrano le cifre esposte nella tabella seguente.
Come vedesi, le differenze sono straordinariamente rilevanti e, chiaramente dimostrano il grande cammino che i popoli dovranno ancora compiere per un'effettivo miglioramento dei rispettivi regimi alimentari. Infatti per quanto, come fu già osservato, diversissime siano le cause influenti su tali regimi, per cui non potrà mai verificarsi un lineare livellamento, pur tuttavia balzano evidenti le deficienze di alcuni paesi, soprattutto nei consumi di alimenti protidici e lipidici.
Processo distributivo dei generi alimentari. - È assai complesso e si svolge attraverso l'imponente rete delle attività commerciali, esercitata dai produttori agricoli e dalle industrie alimentari, dai commercianti all'ingrosso e da quelli al minuto. La legge della domanda e dell'offerta impera in questo settore, con una sensibilità estrema, ove si consideri che il processo distributivo è legato ai bisogni essenziali dell'esisteriza. Nei periodi di abbondanza il consumatore rifiuta ogni superaflusso di disponibilità, pur orientandosi, in relativo favorevole andamento del mercato, verso i prodotti di maggior soddisfazione. Nei periodi di carenza, all'opposto, il consumatore preme sul mercato, talora con fenomeni di orgasmo isterico, per procurarsi, anzi spesso per accaparrarsi quanto gli necessita o ritiene che gli possa necessitare nell'avvenire.
Cause e conseguenze dello squilibrio tra disponibilità e consumi. - Le cause maggiori sono: le guerre, specialmente quelle di vastissime proporzioni; gli arresti o contrazioni della produzione, che possono avvenire per effetto della guerra o anche per crisi economiche o fenomeni fisici; gli arresti o diminuzione degli scambî commerciali; l'aumento dei consumi o spostamenti a favore di determinate categorie di popolazione (industrie che sorgono, bisogni militari, ecc.). La conseguenza diretta che ne deriva è l'immediata spinta al rialzo dei prezzi, che, ove la rarefazione delle merci non sia momentanea, ma si prolunghi e si accentui nel tempo, assume proporzioni sempre più gravi. I detentori delle merci si vengono quindi a trovare in una posizione di monopolio rispetto ai consumatori. La limitazione del consumo, e quindi la reazione al monopolio, si verifica soltanto per effetto della deficiente capacità di acquisto, che a seguito del rialzo dei prezzi viene a colpire i consumatori più deboli. In un primo tempo il fenomeno è meno grave, in quanto si verifica una contrazione negli sprechi, mentre agiscono le scorte di cui in genere sono provvisti anche i consumatori meno abbienti. Successivamente però il fenomeno si aggrava creando uno stato di sperequazione sempre più preoccupante a danno delle categorie più deboli.
Correlativa conseguenza, in relazione al rialzo dei prezzi, è la effervescente pressione in tutti i settori economici e finanziarî, con l'inizio e lo sviluppo della inflazione monetaria. E la maggior quantità di moneta, che diventa anche fonte di improvvisi guadagni per alcuni privilegiati ceti di produttori e commercianti, costituisce causa di maggiori consumi, o per lo meno, di più forte pressione nella domanda dei generi alimentari anche a scopo di accaparramento speculativo, per cui nel progredire della crisi la situazione assume aspetti parossistici, travolgendo ogni resistenza delle sane forze dell'economia produttiva, della finanza, del risparmio verso il caos inflazionistico economico, morale, e politico.
Caratteristiche degli interventi statali. - La reazione dello stato si manifesta, in linea preventiva, facendo affluire in tempo merci o provvedendo abbondanti scorte, atte cioè a fronteggiare le rarefazioni che si possono prevedere in relazione alla durata dei fenomeni di turbamento dei mercati, e adottando provvedimenti drastici nei settori finanziarî, atti a riassorbire la carta moneta che dovesse venire emessa. Provvedimenti accompagnati da un severo rigido controllo di tutti i prezzi e di tutti i costi (stipendî, salarî, materie prime, ecc.).
In linea repressiva il più semplice metodo usato in ogni tempo, è quello del calmieramento dei prezzi, che ha possibilità di buoni risultati, solo ove sia accompagnato da una rigida e ben coordinata disciplina delle autorità preposte alla fissazione dei prezzi e ove si dispongano adeguati controlli sul movimento delle merci. Inoltre esso ha notevole efficacia come mezzo informativo del pubblico e quale freno alla massa degli operatori commerciali. L'applicazione però dei calmieri si profila sempre difficilissima specialmente quando essi pretendono imporre misure di ribasso dei prezzi già acquisiti dal mercato: si determinano allora fenomeni naturali di sparizione delle merci, che, sottratte al mercato libero, vengono smaltite clandestinamente a prezzi aumentati in relazione ai rischi finanziarî e penali degli operatori.
Di ben maggiore efficacia è invece la misura delle discipline alimentari attraverso il rigido controllo delle merci in tutti i loro passaggi dalla produzione al consumo, con forme monopolizzate di acquisto e di distribuzione, assunte dallo stato o dai suoi enti, oppure affidate a determinati gruppi di produttori, o di commercianti, o ad associazioni di produttori e commercianti.
Discipline alimentari. - Tipiche di ogni momento di carenza alimentare, possono avere un carattere totale attraverso cioè il completo assoggettamento dei prodotti commerciabili alla manovra di distribuzione; oppure un carattere parziale, attraverso il sistema dell'acquisizione di una percentuale del prodotto commerciabile, del cosidetto contingente, atto ad assicurare solo un minimo quantitativo di prodotto al consumatore, rimanendo pure una certa elasticità nel rifornimento libero delle eccedenze non acquisite.
Il sistema sconvolge ogni normale prassi commerciale e richiede apposite e complesse organizzazioni atte a frenare le aspirazioni edonistiche dei detentori delle merci, costretti a limitare i loro utili secondo le disposizioni di particolari commissioni ed uffici.
Organizzazione delle discipline alimentari in tempo di guerra. - Essa comprende: l'approvvigionamento attraverso gli ammassi collettivi o per contingente della produzione e l'afflusso dall'estero e la distribuzione attraverso il contingentamento dei consumi col razionamento e il relativo tesseramento.
Gli ammassi collettivi (v. anche ammasso in questa App.) ebbero origine, nel passato, prevalentemente per i cereali, allo scopo di difesa del prezzo a favore dei produttori, i quali erano esposti in momenti di relativa abbondanza, alle manovre di caduta dei prezzi favorite anche dalle necessità degli agricoltori di realizzare denaro liquido per fronteggiare col primo prodotto il regolare andamento delle loro imprese. Il prodotto ammassato in magazzini e silos, permetteva agli agricoltori di ottenere anticipi da istituti finanziarî, rinviando così le vendite al momento opportuno per realizzare un prezzo medio sufficientemente equo. In alcuni paesi, come l'Italia, gli ammassi granarî diventarono un mezzo essenziale per garantire agli agricoltori un prezzo, determinato dallo stato, atto ad assicurare la predominante convenienza economica delle colture cerealicole sulle altre. Con la guerra gli ammassi divennero prevalentemente obbligatorî. L'ammasso obbligatorio, può essere totale o parziale o per contingente. Lo svolgimento pratico dell'ammasso totale avviene in genere attraverso un ente monopolistico che ha l'incarico di immagazzinare il prodotto consegnato dai produttori, ai quali incombe di denunciare l'intera produzione, trattenendo soltanto la parte concessa per i loro consumi personali e aziendali. L'ente provvede poi alla distribuzione dell'ammassato, secondo piani di distribuzione emanati da particolari uffici di distribuzione, convogliandolo al consumo, ove si tratti di prodotto finito (per es. olio di oliva), attraverso la complessa rete dei commercianti grossisti e dettaglianti, o, alle industrie di trasformazione (per es. grano ai molini, e farine ai panifici e pastifici) che, a loro volta, sempre su piani di distribuzione e attraverso la stessa rete commerciale, immettono i prodotti finiti al consumo. Tutti i passaggi e quindi tutti i compensi sono controllati, per cui quantità e prezzi diventano almeno teoricamente vincolati alla volontà dell'ente regolatore dell'approvvigionamento e dei consumi.
Nell'ammasso parziale la manovra si svolge in modo più elastico nei rapporti con i produttori, ai quali, o viene imposto un contingente fisso o percentuale di consegna del prodotto previa denuncia, oppure, esonerandoli da ogni impegno diretto, viene soltanto proibita la libera vendita, mentre resta autorizzata la raccolta del prodotto, che diventa perciò parziale, ai normali operatori del mercato, i quali però sono tenuti a pagare prezzi fissati e a distribuire il prodotto secondo i piani di distribuzione.
Finalmente, per quanto riguarda l'approvvigionamento attraverso afflussi di generi dall'estero è da mettere in rilievo come con lo svilupparsi di grandi conflitti mondiali, con lo sconvolgimento di tutte le economie, tutti i paesi assumono posizioni di difesa, per cui le possibilità di approvvigionamento dall'estero diventano per tutti impossibili, se non attraverso forme di contrattazione da stato a stato, o addirittura attraverso organi internazionali creati per controllare e praticamente dirigere, sia pure sotto la forma del recomendation, le operazioni di scambio tra i varî paesi.
Assai complessa diventa quindi la struttura organizzativa della distribuzione. Lo stato si sostituisce alla volontà dei privati commercianti e consumatori, per la necessità di controllare i prezzi, ridurre e perequare i consumi. Sistemi molto discussi quelli usati dai varî paesi, tutti in genere straordinariamente imperfetti ma praticamente necessarî come unico mezzo per contrarre i consumi nei limiti delle disponibilità e per distribuire equamente i sacrifici tra le classi sociali.
Il sistema della distribuzione a contingente viene adottato quando la merce è distribuita attraverso i normali dettaglianti, in quantità percentuale ridotta del necessario rispetto al normale, imponendo la ripartizione tra i consumatori con uguale riduzione percentuale rispetto ai loro normali ritiri. Sistema dimostratosi in pratica imperfetto e che dà luogo talora a grandi inconvenienti (accaparramenti, speculazioni, agglomeramenti di consumatori preoccupati di non giungere in tempo per ritirare la merce, ecc.).
Il razionamento è l'unico sistema pratico per rendere tranquilla la distribuzione, specialmente ove sia accompagnato dal tesseramento. Al razionamento, col quale praticamente si dividono in quantità ben precisate le merci tra le varie categorie dei cittadini, si può anche provvedere senza la tessera, attraverso forme diverse di controllo (per es. registro prenotazioni). Però la tessera individuale è il documento che fornisce il mezzo al consumatore di dimostrare il suo diritto al ritiro della merce, dopo aver messo il dettagliante, con la prenotazione della tessera stessa, in condizioni di prelevare la merce dagli organi distributori, nella misura da questi medesimi stabilita.
Il razionamento viene generalmente attuato in modo uniforme per grandi masse di consumatori, cercando di rimediare al grave inconveniente che esso comporta nel livellare i consumi individuali, mentre invece è ben noto che diversissimi sono i singoli consumi, attraverso l'identificazione dei bisogni fisiologici di alcune categorie (ragazzi, lavoratori normali, pesanti, pesantissimi, malati, ecc.), provvedendo a integrare la razione base uniforme con adeguati supplementi.
Gli ammassi totali e la distribuzione razionata rappresentano l'unico mezzo efficace per ottenere la regolazione dei consumi in forme sufficientemente e socialmente perequate, in perfetto controllo dei prezzi.
Naturalmente, la poderosa organizzazione che esso richiede e che in generale deve essere improvvisata, non può mai riuscire perfetta. Una parte della merce riesce a sfuggire alla pur fitta rete dei controlli ed è quella che alimenta il cosiddetto mercato nero esercitato a prezzi in genere elevatissimi, o sotto forma di scambio merce (baratto). Complemento deplorevole, sotto riflessi morali, della distribuzione regolata, che però, ove i paesi riescono a distribuire razioni relativamente vicine al minimo indispensabile, ha l'effetto di tenere in circolazione merci che diversamente resterebbero perennemente imboscate e di provvedere anche ad alcune di quelle necessità individuali verso le quali si rivela completamente impotente il rigidismo imposto da una distribuzione controllata.
Razionamento nei vari paesi durante la seconda Guerra mondiale. - In generale. - Il razionamento alimentare adottato durante la guerra 1939-45 nei varî paesi di Europa, per assicurare a tutti gli abitanti una ripartizione equa delle risorse disponibili di alimenti principali, si sviluppò secondo due diversi sistemi: quello tedesco e quello inglese.
Il sistema tedesco fu applicato a tutto il continente europeo e differiva da quello inglese soprattutto per una maggiore e più rigorosa restrizione. Esso era caratterizzato inoltre da una minore quantità di alimenti di origine animale, e considerava la distribuzione ad ogni individuo di razioni proporzionali ai suoi presunti bisogni.
In genere il razionamento si mantenne efficace durante tutta la guerra in Germania, Cecoslovacchia, Danimarca, Svezia, Svizzera e, per la maggior parte del tempo, in Olanda. In Belgio, Francia, Norvegia esso diede risultati meno soddisfacenti, mentre finì col naufragare completamente nell'Europa meridionale e orientale. In questi paesi infatti, per la carenza di una adeguata organizzazione amministrativa e, soprattutto per la mancata consegna dei viveri da parte degli agricoltori, una parte sempre crescente dell'approvvigionamento si orientò verso il mercato nero. In Europa l'efficacia del razionamento fu quasi direttamente proporzionale al livello calorico assicurato dalle razioni, per cui, più il razionamento era insufficiente, meno le razioni ufficiali ci informano sul vero consumo. In Francia, Italia e ancor più in Polonia, Grecia, in certe regioni della Iugoslavia e in Albania, le distribuzioni erano assai irregolari; per periodi più o meno lunghi, il consumo cadeva a livelli bassissimi; in alcuni paesi, come in Grecia nel 1942, quando la carestia divenne estrema, e anche l'approvvigionamento del mercato nero si era esaurito, fu veramente la fame.
La situazione alimentare inoltre cambiava non solo da un paese all'altro, ma anche in uno stesso paese da una categoria di consumatori a un'altra. In generale gli agricoltori erano dappertutto poco toccati dal razionamento; le penurie alimentari più gravi si sono verificate soprattutto nei centri urbani la cui popolazione ha dovuto sopportare le maggiori conseguenze della diminuzione degli approvvigionamenti.
Tuttavia il fatto che in certi paesi la razione si mantenne per tutta la durata della guerra energeticamente sufficiente, non implica che l'alimentazione fosse sufficiente sotto gli altri aspetti. Anche in tempo di pace, in genere, le razioni fisiologicamente soddisfacenti sono l'eccezione invece che la regola. In tempo di guerra poi gli sforzi per assicurare il minimo di calorie necessarie, fanno passare in secondo piano il problema meno urgente, anche se di fondamentale importanza, di assicurare un regime alimentare atto alla conservazione dello stato di salute e delle capacità lavorative degli individui. In generale, però, grazie ai moderni insegnamenti della scienza della nutrizione, in molti paesi è stato possibile evitare numerosi errori commessi durante la prima Guerra mondiale.
In tutta l'Europa durante la guerra la produzione di alimenti di origine animale, particolarmente di carne e di uova, diminuì, benché il consumo del latte si fosse mantenuto abbastanza elevato. Il consumo di grassi diminuì; aumentò quello dei legumi. Il contenuto in vitamine e sali minerali della dieta non fu molto minore di quello di prima della guerra; in certi paesi anzi esso aumentò. L'insufficienza assoluta di certi elementi nutritivi cominciò a manifestarsi man mano che il valore energetico della razione scendeva al di sotto dei livelli di sicurezza. Così l'insufficienza di calorie divenne sinonimo di malnutrizione.
In Italia. - Almeno verso la fine della guerra in Italia, le razioni finirono col coprire probabilmente non più del 60% dei bisogni normali. Si tenga presente che in Italia anche in tempo di pace la razione alimentare non è mai stata fisiologicamente soddisfacente. Inoltre, il sistema italiano di razionamento durante la guerra non raggiunse mai la perfezione e la stabilità dei paesi amministrativamente più progrediti. Per alcuni generi - come le patate - il razionamento fu determinato localmente, secondo le quantità disponibili. Le razioni variavano perciò da un luogo all'altro e da un periodo all'altro, il che impedisce di fare valutazioni precise. Dopo l'armistizio, fino alla caduta della resistenza tedesca, l'Italia venne divisa in due o più zone ed è difficile dare un'idea del consumo medio.
Comunque la guerra trovò sufficientemente preparata l'organizzazione produttiva, che poté mantenere un grandissimo sforzo, per quanto subito messa in difficoltà dalla deficienza dei concimi e dalle attrezzature tecniche ridotte dalle requisizioni. Nessuna concreta organizzazione esisteva per la distribuzione (salvo l'ammasso dei cereali), mentre non erano state costituite scorte manovrabili di rilevanti entità.
Malgrado l'improvvisazione, giovandosi degli enti creati per gli sviluppi della politica corporativa del tempo, furono gradatamente instaurate le discipline, che divennero totalitarie nel 1943 sotto la stretta delle durissime conseguenze dell'isolamento europeo. La organizzazione venne concentrata nel Ministero dell'agricoltura e delle foreste fino alla liberazione, e poi dal Ministero, successivamente alto Commissariato, dell'alimentazione, che esercitarono la azione legislativa, normativa e di controllo, attraverso uffici regionali e provinciali, attribuendo ad enti statali e parastatali le funzioni di ammasso e di distribuzione.
Ecco in sintesi come si esercitarono le discipline nei singoli settori merceologici.
Cereali e derivati. - È il settore più importante, rappresentando nel consumo normale circa il 64% della razione media calorica del popolo italiano. L'approvvigionamento andò declinando col progredire della guerra, col diminuire della produzione granaria discesa gradualmente dalla media anteguerra di 75 milioni di quintali di grano ai 42 milioni del 1945 e ai 46 milioni del 1947, risalita solo nel 1946 a 63 milioni e nel 1948 a 61 milioni. Rispetto ai consumi del tempo normale, valutati con l'attuale popolazione, semine comprese, a circa 90 milioni di quintali, le deficienze si sono manifestate gravissime, solo in parte integrate con le importazioni: minime prima del 1943 (dall'Ungheria e Romania - dalla Germania a prestito) ingenti dopo la liberazione, superando nel 1947-48 i 28 milioni di quintali. Le deficienze s'aggravarono ancor più per i consumi militari, che assorbirono fino al 1943 circa il 20% delle disponibilità ammassate. Tutti i cereali furono sottoposti all'ammasso obbligatorio, cosicché fu possibile provvedere ai bisogni del razionamento, utilizzando per le miscele il granoturco, l'orzo e la segale, oltreché il riso per i generi da minestra. Il razionamento iniziato nell'ottobre 1941, dopo un periodo di consumo contingentato, provvide a distribuire le seguenti razioni: pane, nei periodi invernali razioni giornaliere 200 gr., nei primaverili-autunnali 150 gr.; generi da minestra (pasta o riso), razioni mensili di 2 kg. fino al 1943 (anche 2 kg. e mezzo nel Sud) poi di 1 kg. e a volte di 1 kg. e mezzo, quindi dal novembre 1947 di nuovo 2 kg.
Notevoli i supplementi che hanno, nel complesso, integrato le distribuzioni di circa il 14% sul totale dei cereali per pane e pasta.
Olî e grassi. - L'olio fu pure oggetto di ammasso totale fino al 1946, adottandosi l'ammasso per contingente solo nel 1947. Prima della guerra le deficienze erano di circa 1.000.000 di q. tra olio e grassi di importazione). La produzione dell'olio di oliva oscillò in limiti assai ampî, mentre la produzione dell'olio di semi dipendente prevalentemente dall'importazione di semi oleosi, ebbe a subire grave falcidia. Ad integrare l'olio, si instaurarono gli ammassi per contingente del burro e dei grassi animali, con risultati relativamente buoni fino al 1943 Il razionamento base cumulativamente per gli olî e i grassi fu mantenuto fino al 1943 tra i 350-400 gr. mensili. Discese poi a 150-200 gr. e fu praticamente abbandonato dopo l'alta produzione dell'olio di oliva del 1947.
Carni. - L'approvvigionamento delle carni bovine e ovine fu assicurato col vincolo imposto agli allevatori di conferire fino a una determinata percentuale annua del peso vivo del bestiame allevato (20-25%) Le deficienze prima della guerra erano di circa 300.000-500.000 q. di carni. Attraverso un'imponente organizzazione, fu così possibile assicurare il completo approvvigionamento dell'esercito e una distribuzione contingentata nel paese, sulla base di un razionamento settimanale nei grandi centri, di 100-200 gr. per abitante prenotato come usuale consumatore. Per le carni suine furono sottoposti a totale controllo tutti gli stabilimenti industriali e le macellazioni familiari, imponendo pure una distribuzione contingentata.
Latte alimentare e formaggi. - Si usò pure il sistema del controllo totale ai caseifici e la distribuzione contingentata.
Uova. - Fu organizzata la raccolta per contingente a mezzo dei normali raccoglitori, e provveduto alla distribuzione per contingente. Fino al 1943 si poté disporre anche di cospicue importazioni dalla Bulgaria.
Zucchero. - L'intera produzione, che coprì nel complesso fino al 1943 il totale bisogno del paese, pur dovendo venire in parte sacrificata la produzione bieticola per i bisogni dei carburanti, fu tutta ammassata e distribuita con razioni fino al 1943-44 di gr. 400-500 mensili. Successivamente al 1944, in seguito alla distruzione quasi totale degli zuccherifici, fu provveduto con zucchero importato dagli Alleati (AMG - UNRRA), distribuendone 100-150 gr. mensili. Ricostruita l'industria zuccheriera, intensificate le importazioni, si sono, nel 1947-48, nel complesso, saturati i consumi, con un consumo di circa 3.500.000 q. di zucchero.
Ortofrutticoli. - Vino. - Con macchinoso e complesso sistema si tentò una disciplina dei mercati, che fino al 1943 ebbe una relativa efficace applicazione, ottenendosi l'arresto dei prezzi e il discreto approvvigionamento dei mercati. Di fatto, la nostra sovrabbondante produzione ortofrutticola e vinicola, specialmente dopo che furono gradatamente sospese le esportazioni, e particolarmente dopo il 1943, permise di controbilanciare in parte le enormi deficienze dell'approvvigionamento cerealicolo, costituendo il mezzo piu efficace extra disciplina di sollevare la popolazione dalle maggiori difficoltà e di prolungarne la resistenza, in attesa del largo soccorso portato dai Nord-americani. La svariatissima e diffusa produzione di questo grande settore, e le abitudini prevalentemente sobrie e vegetariane del popolo italiano, hanno permesso all'Italia di superare la tremenda crisi bellica.
A conclusione di quanto detto sull'approvvigionamento italiano, si possono misurare le effettive sofferenze per mezzo della discesa nella distribuzione media delle calorie. In totale, il numero di calorie assicurate al consumatore "normale" mediante il tesseramento è stato di 978 in media al giorno nel dicembre 1941, di 836 nel dicembre 1942 e nel giugno 1943, di 678 nel giugno 1946, di 810 nel giugno 1947, di 916 nel marzo 1948; quindi in misura notevolmente inferiore al fabbisogno minimo (2000 calorie a persona).
A complemento delle notizie sopra riferite sul razionamento in Italia durante la seconda, Guerra mondiale si fa cenno alle principali leggi, decreti e disposizioni varie promulgate in Italia in relazione alle diverse fasi del processo economico di produzione, distribuzione e vendita, nonché alle contravvenzioni contro la disciplina degli approvvigionamenti e dei consumi. Ai fini della produzione, vanno particolarmente segnalate le disposizioni relative alle colture alimentari, di cui al r. decr. legge 24 marzo 1942, n. 301, convertito in legge 8 giugno 1942, n. 786, ed al r. decr. legge 25 agosto 1942, n. 1031, nonché tutte le altre disposizioni dirette ad incoraggiare la produzione dei cereali, come quelle, ad esempio, contenute nel r. decr. legge 10 ottobre 2941, n. 1249, convertito in legge 12 febbraio 1942, n. 191. (Ricordiamo, in proposito, i famosi orti di guerra). Alle norme sulla produzione seguono le norme sugli ammassi dei prodotti agricoli e quelle sui blocchi dei prodotti industriali, sui quali lo stato esercita il monopolio della vendita (v. ammasso in questa App.). I prodotti ammassati e vincolati passano, quindi, nella fase della distribuzione mediante un sistema di contingentamenti e razionamenti, attuato dagli organi centrali (ministero dell'Industria, Ministero dell'agricoltura ed altri enti), e periferici (Sezione provinciale dell'alimentazione, consorzî agrarî, ufficio annonario comunale, ecc.). La distribuzione e il prelievo delle merci avvengono mediante speciali documenti, che sono le carte annonarie, rilasciate preventivamente a ciascun consumatore, oppure mediante buoni speciali che vengono rilasciati di volta in volta al beneficiario dall'organo competente, centrale o periferico. (Per la disciplina relativa al razionamento dei generi alimentari, v. la legge 6 maggio 1940, n. 577, il decr. min. 12 settembre 1940 ed i successivi decreti emanati dal Ministero dell'agricoltura, nonché il r. decr. legge 27 dicembre 1940, n. 1716; per la disciplina della produzione e dei consumi industriali, v. il r. decr. legge 27 dicembre 1940, n. 1728, conv. con modifiche, nella legge 20 marzo 1941, n. 384, prorogato con decr. leg. luog. 15 marzo 1946, n. 307 e più recentemente ancora prorogato fino al 31 marzo 1948 con decr. leg. del capo provvisorio dello stato 29 novembre 1947, n. 1523).
Le carte annonarie sono di quattro specie: individuale, provvisoria, per razioni supplementari e per convivenze. Per il loro contenuto, sia le carte annonarie, sia gli altri documenti consegnati agli interessati per la distribuzione il prelievo delle merci rientrano fra le autorizzazioni amministrative e sono personali e non cedibili.
Alla disciplina della produzione e dei consumi è connessa - come si è detto - la disciplina dei prezzi. I listini sono emanati dagli organi centrali e periferici (Comitato interministeriale dei prezzi, comitato provinciale). La disciplina dei prezzi, la quale non si limita alle merci, ma si estende ai servizî e agli affitti (v. r. decr. legge 19 giugno 1940, n. 953, convertito in legge 28 febbraio 1940, n. 1727, comunemente conosciuto come "blocco dei prezzi"), ha i suoi precedenti legislativi nel r. decr. legge 5 ottobre 1936, n. 1740 e nel r. decr. legge 28 aprile 1937, n. 523, abrogati dal r. decr. legge 16 giugno 1938, n. 1387, e conta, di per sé, una cospicua serie di provvedimenti legislativi e ministeriali, fino, al recente decr. legge del capo provvisorio dello stato 15 settembre 1947, n. 896.
Naturalmente, tutta la suddetta disciplina dell'economia di guerra sarebbe stata facilmente frustrata, se non fosse stata integrata da rigorose norme penali, dirette a reprimere i reati contro la disciplina degli approvvigionamenti e dei consumi. Severissime sono, difatti, le pene comminate per i trasgressori: dalla confisca delle merci alla pena di morte, e fondatamente, i delitti più gravi in materia vanno considerati a tutti gli effetti quali reati contro la personalità dello stato. Citiamo, fra le varie leggi emanate in proposito, il r. decr. legge 3 settembre 1939, n. 337, contenente le norme penali contro l'accaparramento e la sottrazione al normale consumo di merci e derrate, la legge 8 luglio 1941, n. 645, contenente le norme penali per la disciplina relativa alla produzione, all'approvvigionamento, al commercio e al consumo delle merci, ai servizî ed a altre prestazioni (l'uno e l'altra abrogati), nonché il r. decr. legge 22 aprile 1943, n. 245 che coordina le norme penali relative alla disciplina dei consumi (modificate dal decr. leg. luog. 28 dicembre 1944, n. 442), ed il decr. legge del Capo provvisorio dello Stato 5 ottobre 1946, n. 193, contenente nuove sanzioni relative alla disciplina dei consumi, del commercio e del conferimento dei prodotti agricoli soggetti a vincolo, l'uno e l'altro tuttora vigenti. È da rilevare il carattere eccezionale di tali norme penali, le quali, pertanto, hanno efficacia ultra attiva a norma dell'art. 2, terzo cpv. cod. pen. come ripetutamente ha affermato la Suprema Corte di Cassazione. E da rilevare altresì che trattasi, per la maggior parte di norme penali in bianco, di norme, cioè, il cui contenuto precettivo - il comando o il divieto - è riservato alla formulazione che ne verrà fatta coi provvedimenti amministrativi, i quali, pertanto, entrano a far parte integrante delle norme penali in bianco.
Germania e paesi occupati. - Furono adottati criterî di rigidissimo controllo esteso a quasi tutti i generi alimentari. Le deficienze assai gravi in seguito all'arresto delle importazioni extra-europee che provvedevano a circa il 10% del bisogno alimentare e, a causa della diminuizione della produzione ridotta all'80%, furono affrontate con grande energia e metodo.
La Germania iniziò la guerra con abbondantissime riserve, specialmente di cereali e grassi, che incrementò largamente, attingendo alle risorse di tutti i paesi occupati e mantenendo un ritmo intensissimo alla produzione, alla quale adibì l'imponente massa dei prigionieri di guerra. Le discipline alimentari furono estese a quasi tutti i generi alimentari e le distribuzioni relative, furono regolate in modo quasi perfetto, con un'organizzazione semplice, capillare, predisposta dopo lunga preparazione pre-bellica, aderente alle concrete necessità delle varie categorie, con razionamenti, specie per i cereali e i grassi, relativamente sufficienti. Le razioni base del pane erano di gr. 250, ma larghi supplementi le integravano per i ragazzi e per i lavoratori. Anche le razioni dei grassi erano nel complesso sufficienti, specialmente con l'aggiunta dei supplementi. L'abbondante produzione di patate costituì un eccellente mezzo per integrare le deficienze dei cereali. Un'avveduta riduzione del patrimonio zootecnico, consentì di meglio equilibrare i consumi a favore della popolazione, pur avendo conservato una razionale distribuzione di prodotti zootecnici e specialmente del latte, assicurato in particolare ai bisogni della prima infanzia.
Nel complesso la Germania poté mantenere i suoi consumi medî intorno alle 2900 calorie per abitante, pur avendo dovuto anche provvedere ai bisogni di molte zone occupate gravemente deficitarie. In Francia e negli altri paesi occupati dai Tedeschi, l'occupazione portò a gravi perturbamenti, anche per i notevoli prelievi fatti dalle autorità occupanti, le quali però imponendo i loro metodi di approvvigionamento e di regolazione dei consumi riuscirono ad assicurare condizioni tollerabili di esistenza. Nel complesso in Francia le condizioni ebbero uno svolgimento molto simile all'Italia, anche per il suo carattere similare di grande paese agricolo. Per quanto il razionamento non coprisse che una media di circa 1100 calorie, nel complesso, le disponibilità medie per abitante si aggirarono intorno a 2000 calorie, in seguito all'integrazione dei prodotti sul mercato libero.
Tutti gli altri paesi dell'Europa settentrionale e centrale godettero distribuzioni razionate tra le 1100 e le 2000 calorie, mentre le medie di consumo per abitante con l'integrazione dei generi non razionati oscillavano tra le 2000 e le 2900 calorie.
Più gravi invece risultarono le condizioni del Sud-est europeo e specialmente della Grecia, ove a causa delle scarse risorse locali e in seguito a gravi fenomeni inflazionistici, si verificò una vera e propria sparizione delle merci, con conseguenze funeste.
Inghilterra. - Il sistema inglese di razionamento, per tutta la durata della seconda Guerra mondiale, rimase più flessibile di quello tedesco e meglio adatto ai bisogni individuali. I bisogni particolari dei varî individui furono soddisfatti, invece che con un razionamento differenziale, con sistemi speciali di ripartizione, sovrapposti al sistema di razionamento di base. Mentre nel continente i lavoratori pesanti e i fanciulli ricevevano razioni supplementari (che finivano per essere divise dall'intera famiglia), in Inghilterra vennero istituiti per essi refettori industriali nelle officine, nelle miniere, nelle scuole. Solo ai fanciulli che non avevano ancora raggiunta l'età scolastica, e alle donne incinte o allattanti, venivano date carte speciali di razionamento con supplementi di alimenti protettivi. In Inghilterra il razionamento venne applicato solo agli alimenti proteici, al latte e ai grassi. Per tutta la durata della guerra rimase libero il consumo dei vegetali. Certi legumi e la frutta erano rari, ma i consumatori potevano acquistare patate a volontà. Infatti la politica economica mirò ad aumentare nell'interno la produzione dei cereali, legumi, patate, latte, riservando il tonnellaggio marittimo all'importazione della carne e dei grassi. Il consumo del latte in Inghilterra nel 1943 aumentò del 28% rispetto a quello ante guerra. La superficie di terra coltivata a grano aumentò dell'82%; il raccolto dei cereali dell'86% e quello delle patate del 116%. Gli alimenti razionati, insieme a quelli la cui vendita era rimasta libera, assicurarono razioni sufficienti per soddisfare il fabbisogno medio. L'uso del pane di farina integrale e l'arricchimento della margarina in vitamine A e D contribuirono a dare alla razione alimentare suffiiciente valore nutritivo. In generale il livello nutritivo della dieta, fu superiore a quello ante guerra.
URSS - Per l'Unione Sovietica non si hanno dati sul razionamento, confrontabili con quelli degli altri paesi. Nel 1941-42 la Russia, in seguito all'invasione tedesca, perdette alcune delle più ricche regioni coltivate a grano, a barbabietola da zucchero e a piante oleaginose. La diminuzione del raccolto e degli alimenti di origine animale, nel paese rimasto libero, venne solo in parte compensata dalla maggiore produzione di patate e di altri prodotti di origine vegetale. Per il 1944, secondo Grulov e E. Lederer, in Russia il regime alimentare medio, fra derrate libere e razionate, corrispondeva per settimana e pro capite alle seguenti quantità:
Come si vede, l'apporto energetico era di circa 1800 calorie al giorno, quasi come in Germania durante lo stesso anno, ma dal punto di vista qualitativo, la razione era tutt'altro che soddisfacente perché quasi non comprendeva latte, latticinî, grassi, uova e conteneva solo quantità trascurabili di carne. Nella cifra di 1800 calorie sono contenuti come si è detto, gli alimenti del mercato libero. Secondo gli autori suddetti, durante la guerra, il razionamento in Russia assicurava circa 1600 calorie al giorno e il 90% di esse proveniva dal pane, dai cereali e dalle patate.
Il sistema di ripartizione degli alimenti in Russia era però più differenziato che negli altri paesi, come risulta nella tab. 8 relativa alle razioni settimanali delle quattro categorie di consumatori.
Stati Uniti. - In America, N. Zelanda e Australia il razionamento fu applicato solo ad alcune derrate. Negli Stati Uniti negli anni di guerra si è avuto un aumento del consumo di frutta, legumi, uova e carne. Il valore energetico della dieta ha sorpassato le 3000 calorie al giorno. Il consumo di proteine animali, già alto in tempo di pace, aumentò del 14% e quello dei grassi dell'8%. Anche in aumento fu l'apporto in sali minerali e vitamine.
Paesi neutri. - L'Irlanda, la Svezia, il Portogallo mantennero nel complesso il livello dei consumi anteguerra. In più gravi difficoltà si trovò la Svizzera, che poté però superarle mediante una validissima organizzazione, razionando buona parte dei generi alimentari, ma adottando degli accorgimenti assai ingegnosi di fungibilità, che lasciavano cioè notevole facoltà di scelta ai consumatori, con una elasticità che ha molto giovato a ridurre gli inconvenienti dei razionamenti eccessivamente rigidi.
Razioni alimentari in alcuni campi di concentramento. - Nei campi di concentramento tedeschi di Buchenwald, dal gennaio 1934 all'aprile 1945, l'alimentazione era a base di pane e di zuppa di cereali. Quest'ultima era sostituita da patate una o due volte la settimana. Tre volte alla settimana si aggiungevano 25 gr. di margarina. Secondo il Richet la razione alimentare media (in gr. di alimenti e calorie) somministrata nel campo di Buchenwald in due periodi successivi è stata la seguente:
Nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, secondo Z. Makomaski, i prigionieri ricevevano la seguente razione settimanale:
Secondo il Rosencher nel 1944 a Dachau si aveva la seguente razione alimentare:
Queste razioni alimentari insufficienti dal punto di vista energetico, non erano per nulla equilibrate. I protidi di origine animale erano quasi del tutto assenti. Mancavano le vitamine A, D, PP e certamente il ferro. Se poi si considera il lavoro al quale erano sottoposti i prigionieri, si vede come le razioni suddette non bastassero a coprire che una minima parte del loro fabbisogno alimentare. Il minimo energetico per ognuno di essi era dell'ordine di 3000 calorie e l'optimum di 4000-4500 calorie. Infatti in molti campi essi dovevano compiere un lavoro pesante per 12 ore al giorno, alle quali bisogna aggiungere le ore estenuanti passate in piedi per le molteplici adunate. Inoltre, le cifre delle tabelle surriportate non tengono conto della cattiva qualità degli alimenti, dell'altissimo contenuto in acqua della margarina, dello scarso valore nutritivo della carne insaccata, della pessima preparazione del pane. Tutto questo spiega l'estremo dimagramento dei prigionieri (alcuni sopravvissuti pesavano 28 kg.), gli edemi da fame, i coma ipoglicemici da fame, la grande mortalità per malattie infettive: tubercolosi, dissenteria, setticemia, piaghe cutanee, ecc.
Il problema dell'alimentazione in conseguenza della seconda guerra mondiale.
Notevoli modificazioni nella produzione e nel consumo di derrate alimentari si sono verificate nei paesi dell'Europa a seguito della seconda Guerra mondiale. La produzione agricola di questi paesi è diminuita in forte misura, cosicché, nonostante le maggiori importazioni provenienti specialmente dalle Americhe, le popolazioni europee furono costrette a ridurre sensibilmente il loro standard di alimentazione. Il livello complessivo dei consumi alimentari ha subito contrazioni, che vanno dal 3% (media 1947 in confronto al 1934-38) nel Regno Unito, al 19% in Italia, sino al 34% in Germania e al 36% in Romania. Nella tabella 14 è indicato il numero della calorie consumate per persona al giorno, prima della guerra e nel 1947.
Diminuzioni anche più rilevanti di quelle sopraindicate si riscontrano da un esame, voce per voce, dei principali generi di consumo nei paesi europei. Si vedano, ad esempio, le cifre del consumo delle carni. Esso era assai elevato in Danimarca (61 kg. per ab. nel 1938) e nel Regno Unito (kg. 50), mentre era assai modesto in Italia (kg. 18), in Iugoslavia (kg. 19) e in Grecia (kg. 16). Durante la guerra e negli anni 1946 e 1947, il consumo carneo si è fortemente contratto in tutti i paesi dell'Europa in seguito alle gravi falcidie verificatesi nel loro patrimonio zootecnico (v. tabella 15).
Per quanto le cifre riportate nelle tabelle 14 e 15 non possano dare che un'immagine imperfetta della realtà, a causa della deficienza delle statistiche e dei metodi di calcolo, nonché della diversa composizione della popolazione per età, per sesso e per occupazione (tutti elementi, questi, che modificano il fabbisogno alimentare di una popolazione), le cifre stesse mettono in luce: 1) le divergenze notevoli fra un paese e l'altro; 2) le gravi riduzioni, pressoché generali, subite a seguito della seconda Guerra mondiale; 3) la insufficienza alimentare presso numerosi paesi d'Europa, posto che un quantitativo di 2600 calorie al giorno è da considerare come un livello minimo necessario per conservare in buona salute un individuo che lavori; 4) una certa abbondanza alimentare presso varî paesi extra-europei (Stati Uniti, Canada, Argentina e Brasile).
Secondo il piano di aiuti - European Recovery Program (ERP), più comunemente conosciuto col nome di Piano Marshall - in favore dei 16 paesi d'Europa (compresa l'Italia) che hanno aderito alla relativa proposta americana, detti paesi dovrebbero ricevere, specialmente dagli Stati Uniti, una quantità di derrate, la quale, tenuto conto degli aumenti di produzione prevedibili nei territorî europei, dovrebbe essere sufficiente a riportare, entro il 1951, l'alimentazione dei paesi stessi al livello esistente alla vigilia della seconda Guerra mondiale.
Situazione italiana. - La produzione agricola italiana nella campagna 1946-47 si era ridotta di circa il 20% in confronto a quella media del 1934-38. Il programma di ricostruzione, inserito nel piano di aiuti (ERP), tende, in media, a riportare verso il 1950-51 la produzione agricola al livello prebellico, spingendo al di sopra di detto livello le produzioni di carni, di olî e grassi e di zucchero, mentre per i cereali si prevede una lieve contrazione.
L'Italia aveva quasi raggiunto prima della guerra la sufficienza alimentare. Nel 1938 l'importazione di derrate alimentari era stata di kg. 19 per abitante, di cui kg. 6,64 di frumento. Tale anno era stato però eccezionalmente favorevole: la media delle importazioni di derrate nel quinquennio 1934-38 era risultata di kg. 31,1 per abitante, in confronto a un consumo globale di kg. 557 per abitante; pertanto la quota dovuta alle importazioni sul totale del consumo italiano di derrate alimentari era stata di circa il 6%. È da ricordare che le esportazioni italiane di prodotti alimentari (frutta, verdura, latticinî, olî) superavano la quantità delle importazioni. Nel dopoguerra la situazione si è notevolmente modificata. Nel 1938 le esportazioni italiane di derrate superarono le importazioni di 1159 migliaia di t.; nel 1946 sono state invece le importazioni a sorpassare le esportazioni di 1315 migliaia di t.; nel 1947 le importazioni hanno ecceduto le esportazioni per 1,618 migliaia di t. Nel 1938 si importavano in Italia generi alimentari pari al 13% del valore delle importazioni totali; questa percentuale è salita al 32% negli anni 1946 e 1947.
La spesa globale per l'alimentazione era stata valutata nel 1938 a circa 60 miliardi di lire, vale a dire a poco meno della metà del reddito nazionale (125 miliardi di lire); nel 1947 possiamo stimare la detta spesa a circa 3000 miliardi, che corrispondono al 60% del reddito complessivo italiano (5000 miliardi di lire). Ragguagliando tale spesa al numero degli abitanti, essa risulta nel 1947 di L. 65.000 annue, contro L. 1360 nel 1938, per abitante. L'aumento della spesa è stato quindi di 48 volte, mentre i prezzi medî delle derrate alimentari sono cresciuti nel frattempo di 56 volte; la differenza fra le due quote di aumento sta a misurare, grosso modo, la riduzione quantitativa e qualitativa dei generi consumati.
Se l'abbassamento del livello alimentare non è stato molto sensibile per i ceti agricoli, che hanno potuto rifornirsi direttamente, e se del pari esso non è stato molto grave per la maggioranza degli operai, che hanno conseguito aumenti di salarî non molto inferiori, in media, al rialzo dei prezzi, lo stesso non si può dire per la massa degli impiegati, dei piccoli professionisti, dei pensionati e delle persone godenti di redditi fissi. Sono stati i ceti medî quelli che hanno dovuto subire i sacrifici maggiori, attraverso una grave riduzione della quantità degli alimenti consumati, in peso e in valore calorico, non solo, ma soprattutto mediante la sostituzione di prodotti, quale la carne, con quantitativi maggiori di pane, patate e farinacei. Un altro settore che è stato gravemente sacrificato, è quello dello zucchero e dolciumi. Dei 580 kg. di derrate alimentari consumati per ogni abitante nel 1938, solo 9 kg. erano rappresentati dallo zucchero e dai dolciumi e, nel 1947, il quantitativo è sceso a 6 kg.
Bibl.: B. Barbieri, Indagine statistica sulle disponibilità alimentari della popolazione italiana dal 1932 al 1937, Roma 1939; Istituto centrale di statistica, Annuario statistico dell'agricoltura italiana 1936-38, Roma 1940; Società delle Nazioni, Wartime rationing and consumption, Ginevra 1942; id., Food rationing and supply 1943-44, Ginevra 1944; id., Alimentation, famine et secours 1940-46, Ginevra 1947; F. J. Bigwood, Enseignements de la guerre 1939-1945 dans le domaine de la nutrition, Liegi 1946; Istituto di biologia del CNR, Contributo allo studio degli edemi da fame, ecc. - Quad. d. nutrizione, 1947; Istituto della nutrizione del CNR, Tabelle di composizione in principî nutritivi e in calorie dei più comuni alimenti, Roma 1946; Z. Makomaski, Die Hungerkrankheit, in Intern. Zeitschr. f. Vitaminforschung, XIX, 1947; World food situation 1946, Washington 1946. UNRRA, Italian Mission, Survey of Italy's economy, Roma 1947; Ministère des affaires économiques, Inventaire économique de l'Europe, Parigi 1948. - In particolare per la disciplina giuridica della produzione e consumi in Italia, v.: U. Pioletti e G. Figus, Disciplina dei prezzi delle merci e del razionamento dei consumi, Roma 1941; A. Iannitti-Piromallo, La disciplina giuridica della produzione e della distribuzione delle merci nel periodo di guerra, Milano 1943; S. Lione, Approv. e consumi alimentari, Roma 1943; G. Bonini, I reati annonarî, 2ª ed. Milano 1943; G. Velotti, La legisl. vigente sulla disciplina dei consumi, Roma 1947.