aql
Termine arabo che significa «intelletto» o «intelligenza». Il termine è riconducibile per lo più al greco νοῦς e indica sia la facoltà preposta alla comprensione (razionale o intuitiva) del mondo – nell’uomo e nelle sostanze che le metafisiche neoplatonizzanti gli sovraordinano – sia la sua ipostatizzazione che con tali sostanze separate o angeliche, e in ultimo con lo stesso Dio, coincide. La riflessione sull’intelletto è uno dei temi più importanti nel pensiero espressosi in lingua araba in quanto fonda a un tempo la gnoseologia, l’etica, l’escatologia, la profetologia, l’angelologia e la dottrina della creazione o emanazione degli enti; in partic. il concetto di ‛a. è un concetto della metafisica prima ancora che della gnoseologia. In quest’ultima, si distingue in genere un intelletto materiale o potenziale (il primo grado della facoltà umana che è tutto in potenza rispetto all’intellezione) e, a seconda delle varie dottrine, un intelletto in atto, in habitu, un intelletto acquisito. L’intelletto agente, o attivo, o sempre attivo (al-’aql al-fa’’āl), indica o ciascuna delle intelligenze completamente separate dalla materia o, soprattutto, l’ultima di esse, che è preposta ad attualizzare l’intellezione umana – in Averroè (➔), anche l’intelletto possibile, controparte potenziale dell’intelletto agente, è sostanza separata. A seconda delle modulazioni delle varie dottrine, il termine va accostato o invece opposto a nuṭq («ragione, logos, discorso»), dhihn («mente»), nafs («anima»), rūḥ («spirito»). (➔ anche colcodea, intelletto, intelletto agente).